Processo

Durante la deposizione della cognata, Anna Maria Linsalata, Giampaolo Amato scuote nervosamente la testa e, a un certo punto, scandisce sottovoce al suo avvocato: «Non è vero». Al punto da chiedere di poter rendere una breve deposizione per chiarire quelli che, secondo lui, sono alcuni punti fondamentali nella ricostruzione dei fatti.

Imputato per il duplice omicidio della suocera, Giulia Tateo, e della moglie, Isabella Linsalata, Amato si è quindi seduto al banco e ha parlato per una ventina di minuti, esordendo così: «Mi sia consentito ripetere davanti alla Corte che io sono innocente: non ho ucciso o drogato nessuno, non ho rubato farmaci, non ho mai commesso alcun reato o violenza di alcun tipo sul prossimo. Ne daremo prova». Accusato di avere avvelenato gradualmente entrambe le donne con un mix di farmaci nell’acqua per poter vivere più liberamente la propria relazione extraconiugale, il medico oftalmologo ha poi proseguito affermando di non sapere come sia morta la moglie, ma di essere certo che non si tratti di un suicidio: «Come ha detto sua sorella, sicuramente Isabella non si è suicidata. Mai avrebbe potuto: era amante della vita, solare e credente. Detto questo, purtroppo le tragedie accadono – improvvise, devastanti, distruggenti».

Successivamente, Amato ha voluto chiarire alcuni punti rispetto alla ricostruzione dei fatti emersa dalle testimonianze finora. Secondo Anna Maria Linsalata, infatti, nel giorno della morte della sorella – 31 ottobre 2022 – già dalle prime ore della mattina era evidente che qualcosa non andasse, perché la donna non rispondeva al telefono. Alle sue ripetute richieste di tornare a casa a controllare lo stato di salute della moglie, Amato si sarebbe “offeso” e avrebbe minimizzato la preoccupazione della cognata, ribadendo di non potersi comunque muovere perché di turno al pronto soccorso. Nella dichiarazione resa spontaneamente, l’imputato ha sottolineato come il nervosismo derivasse dal fatto di non poter uscire dal lavoro senza qualcuno che lo sostituisse nel turno: «A quel punto, ho implorato un collega di venire a sostituirmi, e sono letteralmente volato via – senza peraltro aspettare che arrivasse. Quando sono arrivato a casa e ho trovato Isabella mi sono rimproverato, ho pensato che forse avrei potuto fare prima».

Infine, Amato ha specificato che «circa le illazioni sulla convinzione di Isabella che io potessi somministrarle qualcosa, faccio presente che innanzitutto mia moglie ha continuato a bere tisane da chiunque le preparasse, io compreso», e che la decisione di fare l’autopsia sul corpo della moglie è stata presa di comune accordo con i figli, vista la morte, avvenuta poco tempo prima, di Giulia Tateo. Secondo la testimonianza della sorella di Linsalata, infatti, la vittima sarebbe stata al corrente dell'avvelenamento in corso (avendo fatto diverse analisi in seguito a episodi di malessere e confusione), ma avrebbe chiesto a amiche e familiari di non intervenire, affermando che ci avrebbe pensato lei. Peraltro, ha aggiunto Amato, era al corrente di molti degli esami fatti dalla moglie, che li aveva programmati con lui: «Isabella era così preoccupata di me o io che qualcuno mi scoprisse, che abbiamo concordato insieme di fare questi esami. Facemmo anche una risonanza cerebrale». 

Ha concluso Amato, commosso: «Non sono perfetto, ma sono coerente e non ho fatto doppi giochi. Sono uscito di casa e ho rinunciato a tutto», ribadendo il suo disinteresse già allora a beneficiare delle proprietà immobiliari della moglie. 

Sul tema dell'avvelenamento è tornata anche Maria Grazia Poggi, amica di Isabella Linsalata: «Dopo le analisi, lei stessa sospettava che potesse essere stato solo lui a somministrarle i farmaci. Noi [le amiche e la sorella, ndr] le abbiamo detto che eravamo preoccupate e doveva prendere provvedimenti. Era una cosa troppo grave. Le dicemmo di denunciarlo, cacciarlo, cambiare la serratura, ma lei diceva che non voleva rovinarlo, né farlo sapere ai figli». La famiglia, ha aggiunto la testimone, era al centro delle discussioni tra la vittima e il marito negli ultimi mesi di vita di Linsalata: «Isabella ci teneva tantissimo e sperava di ricomporla, ma non aveva risposte concrete da Giampaolo e non si capiva se lui volesse rimanere con lei o andarsene. Isa mi disse che Amato con alcune persone parlava di tonare in famiglia, ma con lei no».

 

 

In apertura, Giampaolo Amato e l'aula di tribunale. Foto: Ansa