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«Noi non ci arruoliamo», gridano i manifestanti riuniti in piazza Scaravilli sotto le sigle di Usb e Cambiare rotta per dire no alla collaborazione tra università italiane e governo israeliano. Non è la prima volta che il sindacato e il collettivo protestano contro gli accordi con Israele e contro il massacro del popolo palestinese; ora, però, il no al bando Maeci (ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) diventa un imperativo. Domani, infatti, è l’ultimo giorno prima della chiusura del bando, con cui, secondo i manifestanti, si andrebbe a rinforzare l’economia di guerra in cui il governo Meloni si è lanciato negli ultimi mesi.

«Se le università si arruolano, noi studenti, docenti e lavoratori diciamo no», ribatte Luigi del collettivo Cambiare rotta. «Il governo italiano continua a inviare flotte militari nelle acque dello Yemen, armi all’Ucraina e a Israele: noi diciamo basta». Usb e collettivi denunciano anche il clima repressivo che si respira a Bologna nelle ultime settimane: dopo l’inaugurazione dell’anno accademico e gli scontri al parco Don Bosco, oggi in zona Saffi ci sono state nuove manganellate durante un picchetto antisfratto.

Il no al bando Maeci, in ogni caso, coinvolge diverse fasce di lavoratrici e lavoratori: è emblematico che alla facoltà di Agraria – riportano da piazza Scaravilli – il personale tecnico-amministrativo si è ribellato a un docente che aveva intenzione di aderire al bando con un suo progetto e che ora dovrà eventualmente concorrere senza ulteriori aiuti.

Lo sciopero di oggi coinvolge numerosi atenei italiani, tra cui Bari e Napoli, in un’ottica di sinergia comunitaria: «Boicottare gli interessi economici può funzionare», si scandisce al megafono. È il caso, per esempio, dell’università di Torino, la prima in Italia a disertare il bando.

Domenico Conte, sindacalista Usb, ribadisce la sua vicinanza al popolo palestinese e a tutti i popoli oppressi. Al megafono si lamenta anche il comportamento diffuso di giudicare antisemiti coloro che chiedono di fermare quanto sta accadendo in Palestina.

«I lavoratori e le lavoratrici devono avere la possibilità di decidere e di essere consapevoli: non devono per forza essere complici del massacro di innocenti – continuano –. Non si tratta più di semplici questioni contrattuali, ma di una presa di posizione politica». E ancora: «I milioni spesi per Ucraina e Israele distolgono risorse importanti dal welfare delle cittadine e dei cittadini italiani: il vento di guerra soffia sempre più forte». Di fatto, la legge di bilancio prevede per il 2024 un +5% di risorse spendibili, superando i 29 miliardi di euro complessivi.

Attorno alle 13.30 le persone in piazza  – che continuano a denunciare le violenze commesse dall’esercito israeliano, tra stupri e uccisioni deliberate – cominciano a muoversi in corteo lungo via Zamboni, largo Respighi e via Belle Arti, gridando, ancora una volta, di non voler essere complici di Israele.

 

Nell'immagine il corteo. Foto di Giuseppe Nuzzi