Incidenti sul lavoro

Il cardinale Matteo Maria Zuppi (foto Paolo Pontivi)

 

«La Chiesa è una madre. Una madre che soffre come soffrono le mamme che hanno perso i loro figli in incidenti sul lavoro». Il cardinale Matteo Zuppi, intervenuto al convegno organizzato dalla Diocesi e dalla Facoltà di Ingegneria sulla sicurezza sul lavoro, ha iniziato il suo intervento dopo un lungo applauso della platea, felice di riaccogliere in città il suo vescovo. Un tema, quello della sicurezza, che lambisce e coinvolge anche direttamene i più alti principi dell’etica, della morale non fine a se stessa e della religione. La dignità dell’uomo al centro di quello che può essere definito come un bene primario, indispensabile all’esistenza libera e completa. Un bene che non si può comprare. Un bene, quello della vita e della dignità, che Mattia Battistetti ha perso nel 2021 morendo a ventitré anni in un cantiere di Montebelluna in provincia di Treviso. In sala le lacrime, il dolore e la rabbia della madre che chiede giustizia, serietà e impegno perché vicende di questo tipo non accadano più.

Il cardinale è stato introdotto dall’intervento di Don Paolo Dall’Olio, dell’arcidiocesi cittadina, che ha ribadito il ruolo centrale della Chiesa nell’essere portavoce delle vittime. «Noi non pretendiamo di avere risposte. Ci mettiamo in ascolto, facciamo parlare gli esperti, ma ci siamo. Siamo qui. Oggi è un po’ come giocare a “trova l’intruso”: ci sono i professori, i politici, i rappresentanti dei lavoratori. E poi c’è un vescovo. Insieme siamo convinti che qualcosa si può e si deve fare».

«Dobbiamo fare nostre le parole dei familiari delle vittime. Questo è il punto di partenza – dice il Cardinale – e la Chiesa non è un’intrusa. Non saremo soddisfatti fino a che non si troveranno soluzioni convincenti. La responsabilità di chi è? Che cosa possiamo fare di più? C’è tantissima legislazione che non viene attuata e bisogna rendere concreta quella dottrina sociale della chiesa che sembra una cosa vecchia. Io preferisco chiamarla visione sociale. L’impegno della Chiesa. Il dovere della Chiesa».

Una Chiesa che mai come oggi è, o dovrebbe essere, attenta proprio alle questioni che coinvolgono più intimamente gli aspetti sociali dell’umanità contemporanea. Con un Papa appena eletto che ha scelto un nome importante, quello di Leone XIV, in omaggio al predecessore tredicesimo che con la sua “Rerum Novarum” aveva per la prima volta affidato alla cura pontificia ed ecclesiale i temi del lavoro, della ricchezza, dello sviluppo industriale. A maggior ragione, allora, nel nome di quella che è considerata una delle encicliche più importanti della storia, «bisogna coniugare - continua Zuppi - spiritualità e socialità. Molti sono convinti che Papa Francesco sia stato un pontefice molto sociale e poco spirituale. A me manda in bestia questa cosa. Bergoglio era molto spirituale e proprio per questo così sociale. Sono due elementi inscindibili». E poi invita a condividere il dolore, ricordando una bracciante morta alcuni anni fa a Foggia per la fatica del lavoro nei campi. «Ricordo anche chi è rimasto invalido. Sono tantissimi. La vita l’hanno persa in un altro modo. Non possono essere più quelli di prima. Quest’anno è il ventennale del disastro di Crevalcore e, oggi, con le nuove tecnologie quell’incidente non si sarebbe verificato. Investire nella sicurezza significa attualizzare i meccanismi di difesa. Se non lo fai diventi colpevole. Lavorare in sicurezza permette a tutti di dare il meglio di sé. E ogni morte sul lavoro è una sconfitta dell’uomo».