Ambiente

Michele De Pascale (foto Ansa)

 

«I sacrifici che dobbiamo fare rispetto al tema dell’installazione di fonti rinnovabili e rispetto al tema della sottrazione della superficie agricola o agli impatti paesaggistici devono avere come effetto finale quello di ridurre le bollette e di adeguare i costi dell’energia». Il presidente Michele De Pascale, intervenuto questa mattina alla conferenza stampa di presentazione del progetto di legge regionale per l’individuazione delle aree deputate all’installazione di impianti di energia rinnovabile, è chiaro nell’affermare che «l’azione della Regione è una priorità assoluta, insieme agli investimenti sulle energie rinnovabili. Siamo una delle regioni che è nelle condizioni peggiori dal punto di vista naturale e geografico. Abbiamo il clima del centro-nord, un territorio in larghissima parte pianeggiante, con un potenziale energetico di gran lunga inferiore alle regioni alpine. Allo stesso tempo non c’è un comparto “energivoro” che non sia presente in Emilia-Romagna. Dall’industria alimentare a quella delle ceramiche e al settore automobilistico. E poi i fattori territoriali connessi all’enogastronomia, con una forte difesa della produzione agricola e delle certificazioni Dop».

Questo porta a difficoltà oggettive nella elaborazione di proposte normative che assecondino le esigenze di sviluppo sostenibile,  con un dibattito in assemblea legislativa che si preannuncia acceso.

De Pascale definisce un “trilemma” quello che devono affrontare gli amministratori locali quando si parla di energia, perché «bisogna fare i conti con gli impatti e con la sostenibilità climatica e paesaggistica. Con la sicurezza degli approvvigionamenti e con l’economicità degli stessi. Noi abbiamo cercato di tenere insieme tutti questi elementi. La principale deroga al divieto assoluto dell’installazione degli impianti a terra è stata applicata dalla Regione all’utilizzo dell’energia delle imprese. La norma nazionale prevede che nei 500 metri attorno all’impresa si possano costruire impianti a terra. La Regione ha stabilito, inoltre, che quegli impianti può realizzarli solo l’impresa stessa e non fondi speculativi. Così si riduce la spesa energetica e si aumenta la propria competitività».

L’azione pratica di costruzione degli impianti si declinerà prioritariamente su aree già compromesse come le discariche e le cave, dove l’agricoltura non è ovviamente al centro degli interessi dei proprietari. Con riferimento al biogas c’è stata una proliferazione, negli ultimi mesi, di richieste di autorizzazione alla realizzazione di impianti. Qui, secondo De Pascale «la nostra norma dice che se l’impianto è realizzato nell’interesse principale dell’impresa, esso può essere realizzato in prossimità dell’impresa stessa, dove l’attività agricola scarica i suoi reflui. Diversamente, se l’impianto ha una dimensione e una mira industriale, la richiesta di autorizzazione va fatta solo nelle aree industriali, escludendo le aree agricole».

Una delle sfide più grandi sarà l’implementazione dell’agrivoltaico, finalizzato a «produrre energia mantenendo al contempo ai massimi livelli la produzione agroalimentare. E non dimentichiamoci che accanto ad alcuni esempi eccellenti ci sono anche tante cose che non funzionano. Di base abbiamo fornito ai Comuni un principio di autodifesa. La superficie massima agricola autorizzabile per l’installazione di impianti voltaici è pari all’1 per cento della superficie massima regionale. Nel singolo comune si può arrivare a un massimo del 2 per cento, lasciando comunque libere le amministrazioni locali di adottare un proprio regolamento che consenta il superamento di tale percentuale. È un tentativo di regolamentare in maniera positiva un’esigenza che non si può più rimandare. Farlo, però, in maniera intelligente ed equilibrata, con una pianificazione precisa e che tuteli gli interessi in gioco».

Una pianificazione che, almeno sulla carta, consente di confrontarsi con i dati e le indicazioni nazionali, pur essendo necessario «confrontarsi con la realtà. La proposta non solo raggiunge l’obiettivo dei 6 giga watt, ma lo supera. Puntiamo ad arrivare a 10 Gw, con l’impegno di tenere i dati e i risultati monitorati. Intanto approviamo la norma e periodicamente verificheremo le percentuali di installazione. Va bene spingere con forza su alcune tipologie di installazione, ma bisogna poi verificare che gli impianti funzionino».