l'addio

José "Pepe" Mujica (foto Licenze Creative Commons)
José Mujica, detto amichevolmente “Pepe”. Un guerrigliero, un politico di lungo corso, un uomo semplice. Sì, soprattutto un uomo semplice, che con la sua genuinità rimane un grande esempio da emulare per il mondo della politica a livello internazionale.
L’ex Presidente dell’Uruguay, il quarantesimo della nazione del Sudamerica, in carica dal 2010 al 2015, si è spento ieri, martedì 13 maggio, per un cancro all’esofago che lo aveva colpito da diverso tempo. Aveva ottantanove anni e il prossimo 20 maggio avrebbe raggiunto il traguardo dei nove decenni. Alla veglia funebre parteciperà il Presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, da sempre suo ammiratore, il quale ha persino decretato tre giorni di lutto nazionale nel suo Paese. Rispettando le sue ultime volontà, verrà cremato e sepolto nel giardino della sua fattoria, sotto la sequoia piantata da egli stesso.
A novembre 2016 era stato ospite a Bologna per la presentazione della sua biografia, “Una pecora nera al potere”, di Andrés Danza e Ernesto Tulbovitz (Gruppo Editoriale Lumi), a Librerie.coop, lasciando ai bolognesi un caro ricordo della sua persona, della sua simpatia, del suo carisma ispiratore vicino alla gente, agli ultimi.
Da giovane era stato un rivoluzionario di ispirazione marxista, iscritto al movimento dei Tupamaros, composto da guerriglieri comunisti, difensori dei lavoratori di canna da zucchero schiavizzati, che tra gli anni Sessanta e Settanta avevano attuato sommosse urbane contro l’operato del Presidente Jorge Pacheco Areco, colpevole di aver sospeso molte garanzie democratiche. Per le sue azioni contro le istituzioni era finito anche in carcere per anni.
Poi, accantonati la lotta e il sangue, la carriera nella politica ufficiale, prima come deputato e in seguito come senatore. Nel 2009 l’elezione a Presidente e a marzo del 2010 l’insediamento. Durante il suo mandato, caratterizzato da una visione politica ampiamente progressista, Mujica aveva sostenuto e ottenuto, tra le altre cose, la legalizzazione delle droghe leggere per contrastare i narcotrafficanti e il riconoscimento dei matrimoni omosessuali. Un altro grande atto da ricordare è certamente il taglio del suo stipendio, decidendo di tenere per sé solo il 10% del totale, più che sufficiente per il suo stile di vita, mentre il resto andava in beneficenza. Per questo motivo veniva definito “il Presidente più povero del mondo”.
Nonostante la legge uruguaiana dia la possibilità a un presidente uscente di ricandidarsi per un secondo mandato, benché non consecutivo, il desiderio di un “bis” non era mai rientrato nei suoi intenti. Questo per sottolineare la sua visione del ruolo ricoperto, un chiaro esempio di politico che cerca di tenere fede al suo programma, dal primo all’ultimo obiettivo in agenda, invece di ricercare consensi.
La sua filosofia di vita si basava sulla sobrietà, ma una sobrietà non nel senso di austerità. Ciò che lui considerava “sacro” era l’importanza di sfruttare al meglio il necessario per vivere con dignità. Nonostante il suo essere una figura carismatica, anticonformista, si era sempre accontentato di poco, come vivere nella sua vecchia e spartana fattoria appena fuori dalla capitale, Montevideo, e spostarsi con la sua vecchia macchina, un maggiolino del 1987. I suoi ideali erano una risposta decisa contro ogni forma di eccesso consumistico, così radicato oramai nella civiltà odierna.
Nel suo accontentarsi trovava davvero il cuore della felicità, un inno alla preziosità del tempo dell’esistenza umana, che era anche un messaggio che rivolgeva spesso ai giovani, racchiuso in un suo libro: “Non fatevi rubare la vita”.