Cinema

Terry Gilliam al Cinema Ritrovato (foto di Nicola Ialacqua)
C’è un gran vociare alle 21.40 in Piazza Maggiore. Il crescentone è gremito di persone, tutte le sedie disposte dalla Cineteca di Bologna per la grande serata sono occupate. Ma i fan della settima arte non si danno per vinti: c’è chi si siede a terra su un telo, chi ha portato uno sgabello da casa, chi si poggia sugli scalini di San Petronio. Tutti sono in attesa di una persona sola, Terry Gilliam, il regista naturalizzato britannico e storico membro dei Monty Python, gruppo comico britannico attivo dal 1969, con i quali ha realizzato uno dei suoi film più famosi, Monty Python e il Sacro Graal. Stasera c’è in programmazione la prima mondiale della versione director’s cut restaurata in 4K da Criterion di Brazil, film di culto dell’‘85 ritenuto uno dei capostipiti del genere fantascientifico distopico. La confusione provocata dal vociare di migliaia di fan viene interrotto da un colpo di microfono. Sul palco del “Cinema Ritrovato” appare Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca. «Terry Gilliam, ti amiamo». Così si apre una delle serate più attese della trentanovesima edizione del festival cinefilo per eccellenza.
Nel suo discorso introduttivo, Farinelli ripercorre la storia di Gilliam, che nella sua carriera ha spaziato dalla commedia nosense alla fantascienza, dalle favole al dramma senza mai rinunciare alla sua componente più felliniana, ovvero il fantastico, l’assurdo. Non a caso, il film di ieri sera si sarebbe dovuto chiamare 1984 ½. «Ti amiamo perché ci hai fatto viaggiare nella tua fantasia assieme al Barone di Munchausen, a Don Quixote, a Paura e delirio a Las Vegas. Ti amiamo perché con la tua risata unica, fragorosa, sguaiata, contagiosa, hai terrorizzato l'industria hollywoodiana che ti teme come un alieno». Farinelli fa qui riferimento ai tanti problemi che il regista ha dovuto superare per poter dare sfogo alla sua creatività. L’uomo che uccise Don Chisciotte, pellicola del 2018, è uno degli esempi più noti proprio a causa della sua lunghissima produzione, partita nel 1998, interrottasi dopo due anni a causa di molti problemi tecnici e di budget e ripartita, dopo vari tentativi fallimentari, solo nel 2017 in una versione totalmente diversa da quella pensata originariamente.
Dopo un breve montaggio sulle sue pellicole, dalle transenne si intravede Gilliam che, nonostante i suoi ottantaquattro anni, fa la sua entrata in scena con dei passi di danza. «Scusate se non parlo bene in italiano, quando ci provo sembro un bambino stupido», ironizza il regista in Italiano, prima di passare all'inglese. «Noi amiamo i bambini stupidi», risponde Farinelli. Alla domanda su come sia stato possibile realizzare un film visionario come Brazil, tra il documentario e il grottesco, Gilliam non ha avuto dubbi. «Abbiamo fregato gli studios: avevo da poco realizzato un successo al botteghino con I banditi del tempo, e così i produttori si sono fidati pensando che avrei fatto un altro best seller». Il film, definito da molti una predizione del futuro grazie alla sua feroce critica all’iper-burocratizzazione, alla vanità e al controllo soffocante dello Stato, per il regista non voleva essere uno sguardo sul futuro. «Pensavo di fare un film sul mondo degli anni Ottanta – ha spiegato Gilliam – quelle cose c’erano già all’epoca, solo che la gente non voleva vederle. Non ho mai pensato di essere un profeta».
Sulla versione restaurata presentata a Bologna, Gilliam ha sottolineato come per l’occasione sia stata aggiunta una scena tagliata dall’originale poco prima della prima a Londra. «Quando fai un film pensi che sia perfetto fino all’ultimo secondo. Ma c’è sempre qualcosa che non ti convince. Quella scena allora la tagliai. Adesso l’abbiamo rimessa». Ha poi ricordato la difficile produzione di Brazil, che rischiava di non vedere la luce a causa di un diverbio fra Gilliam e le alte sfere della Universal, i quali non avevano gradito la sperimentalità dell’opera, che uscì poi nelle sale con una versione edulcorata ribattezzata Love Conquers All: «Diceva che il film parlava dell’amore che trionfa su tutto. Non proprio il messaggio originale, ma qualcosa di quel taglio è rimasto anche qui».