La mostra

Simenon indica uno dei suoi calendari annotati (Foto di Giulia Goffredi)
Le celebri buste gialle, su cui appuntare nomi e numeri di telefono, per non perdersi tra mille scritti. I calendari annotati con rigorose tabelle di marcia per scandire i tempi di stesura e di revisione dei romanzi. La scrivania fitta, ma ordinata, tra matite, carte geografiche, la macchina da scrivere e, ovviamente, le immancabili pipe.
Nella sala circolare della Galleria Modernissimo prende vita lo studio di Georges Simenon, penultima delle otto tappe della mostra che ripercorre la vita del romanziere, l’instancabile movimento in giro per il mondo, l’insaziabile ricerca dell’essenza dell’essere umano. Tanto nei reportage quanto nei gialli che gli sono valsi la consacrazione da parte del grande pubblico.
Fino all’8 febbraio 2026, il figlio John Simenon e la Cineteca omaggiano lo scrittore e giornalista belga con una grande mostra che ricostruisce non solo un’esistenza votata al racconto del vero e del verosimile, ma anche l’incredibile viaggio della sua opera nel Belpaese, patria dei suoi lettori più numerosi, nel cinema e nella televisione.
Attraversando l’atmosfera soffusa delle sale l’impressione è di incontrarlo davvero, Simenon, nei dipinti e negli scatti della prima moglie Tigy, nelle foto di famiglia, negli effetti personali carichi di storie e nelle sue stesse parole che ci accompagnano per tutto il percorso. Nonché di essere testimoni dell'invenzione di un universo, quello del commissario Maigret – con le sue decine di volti sul piccolo e sul grande schermo – e dei suoi tanti personaggi, che, oggi come allora, è vivo più che mai.
La recensione è tratta dal n.3 del Quindici uscito il 15 maggio 2025