Sicurezza

Bolognina

Via de' Carracci alle spalle della stazione: la porta della Bolognina (le foto sono di Alberto Biondi)

 

Il 4 maggio un ventisettenne di origine marocchina ha seminato il panico in piazza dell'Unità, aggredendo i passanti con un paio di forbici. L’uomo è stato immobilizzato con l’utilizzo del taser. Feriti anche due militari intervenuti per bloccarlo. Il 7 maggio un ragazzo di 25 anni, ubriaco, ha seminato il panico all’interno di un supermercato in via Corticella. È stato arrestato dopo aver aggredito i carabinieri intervenuti sul posto. Per fermarlo è stato necessario l’utilizzo dello spray al peperoncino. Il 2 giugno un duplice omicidio in piazza dell'Unità. Il 5 giugno un gruppo di ragazzini ha compiuto spedizioni punitive contro alcuni tossicodipendenti in via Carracci a seguito di torti subiti. E ancora furti nelle abitazioni, vandalismo sulle auto e violenza più cruda. Denunciato il tentativo di stupro subìto da una 24enne in via di Vincenzo da parte di un uomo di 33 anni che si era finto un massaggiatore.

Questi sono alcuni degli ultimi fatti eclatanti avvenuti nel quartiere Navile-Bolognina. A ogni nuovo caso di violenza, il tema della sicurezza acquista un peso sempre maggiore e la preoccupazione dei residenti mette la politica con le spalle al muro. Agire concretamente resta l’unico modo per risolvere la situazione in uno dei quartieri percepiti più insicuri dai cittadini. Situato a nord della Stazione centrale di Bologna, il quartiere nasce tra la fine dell’800 e l’inizio del '900. Fin da subito concepito come zona operaia, ha un'espansione abitativa fortemente legata alla crescita dei settori industriali come la meccanica e la costruzione delle ferrovie. Si chiama Bolognina dal 1962 ma è nel 1985 che, insieme a Corticella e a Lame, il quartiere confluisce nel Navile. Oggi la Bolognina è un rione famoso che rispecchia appieno un quartiere underground e cosmopolita. Con i suoi 36.681 abitanti, di cui circa il 25% stranieri, non va considerato una periferia. Una parte non indifferente dei suoi residenti sono giovani lavoratori e studenti universitari fuori sede che scelgono di abitare lì per il prezzo degli affitti più contenuti e l’opportunità di vivere in un contesto popolato da diverse culture.

Agli occhi di un osservatore esterno, il quartiere si presenta come un rione multietnico che offre grandi potenzialità, ma la fragilità sociale di chi lo abita e le sacche di povertà presenti ne compromettono fortemente qualsiasi ambizione di crescita. Fragilità e marginalizzazione sono i gravi mali. A confermare la complessità della situazione arrivano i dati generali dell’ultimo rapporto del Viminale 2024. Sul territorio metropolitano sono state arrestate o denunciate 19.036 persone, di questi 8.911 sono stranieri (il 47% del totale). Un lieve aumento del 7,5% rispetto al 2023, quando erano 8.272. Più nello specifico, tra i 225 denunciati per violenza sessuale, 134 non sono cittadini italiani (59.5% del totale). Tra 2558 denunciati e arrestati per furto, gli stranieri sono 1.554 (il 60% del totale). Percentuali simili anche per i reati come le rapine (su 742 arrestati 466 sono stranieri pari al 63% del totale). Sale anche il numero degli stranieri legati ai reati che coinvolgono lo spaccio di sostanze stupefacenti (su 1.269 persone arrestate 882 sono stranieri).

La presidente del quartiere Navile, Federica Mazzoni, in quota Pd, è convinta che la presenza di diverse culture sia una risorsa: «Alla Bolognina ci sono enormi potenzialità e una grande ricchezza di capitale sociale», dice. Ricchezza che però va salvaguardata, altrimenti rischia di scomparire nella spirale della criminalità. «È un quartiere che presenta tutte le criticità della nostra società e per questo serve un lavoro di manutenzione e coinvolgimento costante». Il dato fondamentale da tenere in considerazione è il cambio demografico. «La Bolognina – dice Mazzoni – è un quartiere dove gli adolescenti sono in aumento». Nel lavoro di sviluppo e tutela sociale del quartiere, l’amministrazione non è sola però. Aggiunge che «questo è un posto che catalizza tante attenzioni. Nel quartiere è presente un attivismo che genera associazioni e comitati con cui aprire tavoli di rete».

Il lavoro dell’amministrazione per la rigenerazione del quartiere ha dei piani precisi. «Abbiamo approvato una delibera che prevede la realizzazione di una serie di interventi urbani e sociali nel quartiere Navile, grazie all’utilizzo di fondi ministeriali. L’obiettivo è restituire alla cittadinanza spazi pubblici oggi poco vissuti, attivando progetti di comunità e partecipazione», spiega la presidente. Il primo obiettivo resta risolvere l’emergenza abitativa che caratterizza il rione. «Ci prenderemo carico come Comune e come Quartiere - prosegue - di alcuni immobili di proprietà Acer. In quegli spazi nasceranno centri dedicati ai giovani, luoghi di socialità, formazione e iniziative culturali, pensati per animare il territorio e contrastare indirettamente fenomeni di degrado e spaccio. L’idea è che non sia l’amministrazione a decidere tutto dall’alto, ma che si costruisca un percorso partecipato con la cittadinanza».

Il piano prevede anche un approccio integrato alla sicurezza, che non si limita al solo presidio del territorio, ma affronta il tema in chiave sociale e preventiva. «C’è una forte preoccupazione per l’aumento delle dipendenze, in particolare da crack, e per il coinvolgimento di giovani, sempre più giovani, in questo tipo di dinamiche. Vogliamo intervenire creando reti di sostegno: équipe composte da professionisti sanitari e operatori sociali saranno in grado di prendersi cura delle persone più fragili e marginalizzate».

Altro ambito fondamentale è quello dello sport e dell’educazione. «Attraverso il "Tavolo Adolescenti" stiamo destinando ulteriori risorse per rafforzare la presenza degli educatori di strada nei quartieri. Tutto questo ha a che fare con la sicurezza ma anche e soprattutto con la costruzione di una coesione sociale reale e duratura», conclude.

Il tema della sicurezza è caro anche all’opposizione. Nicola Stanzani, consigliere e capogruppo di Fi in consiglio comunale, spiega alcuni errori della giunta. «L’amministrazione guidata dal Pd governa Bologna da anni, e per troppo tempo ha ignorato o sottovalutato il tema della sicurezza. Basti pensare che l’assessorato alla sicurezza era stato abolito. Solo di recente, con la nomina di Matilde Madrid, si è tornati ad affrontare seriamente la questione, anche grazie alla pressione dell’opinione pubblica e delle opposizioni. È evidente che ormai nemmeno la maggioranza può più far finta di nulla». Secondo Stanzani, all’interno della maggioranza convivono due anime in contrasto. «Da una parte c’è chi ha compreso che le persone vogliono poter uscire di casa in sicurezza; dall’altra chi considera il tema esclusivamente una bandiera della destra, portando la questione su un terreno ideologico. Ma la sicurezza è una responsabilità condivisa. Non è solo delle forze dell’ordine, ma anche del sindaco». Il consigliere ricorda che esistono già attività di monitoraggio coordinate tra le forze di polizia e iniziative di videosorveglianza, ma servono interventi più strutturati. «È fondamentale intensificare la collaborazione tra amministrazione, Prefettura e forze dell’ordine. Ma non basta: bisogna anche rafforzare il dialogo con i comitati di cittadini e promuovere veri progetti di riqualificazione urbana. Alcuni tentativi, come quello in piazza XX Settembre, vanno nella giusta direzione. Il Comune ha il dovere di contrastare il degrado urbano con migliori arredi, illuminazione e manutenzione per rendere gli spazi pubblici più vivibili e accoglienti». Sostiene le ronde o altre forme di vigilanza partecipata? «Quando si arriva alle ronde - risponde- vuol dire che la politica ha fallito. Servirebbe invece rivalutare il ruolo degli assistenti civici e sociali, figure che possono garantire un presidio costante e coerente con l’azione delle forze dell’ordine. Le ronde spontanee rischiano di essere solo un’operazione propagandistica e di alimentare un racconto ideologico e divisivo sulla sicurezza». E allora quali misure concrete si possono adottare? «I presidi di legalità, anche con il supporto delle forze dell’ordine, sono fondamentali ma non sufficienti. Servono interventi coordinati tra chi si occupa della sicurezza e chi lavora nel sociale. Proponiamo progetti di riqualificazione degli spazi pubblici, come l’illuminazione, la rimozione di elementi degradati, il miglioramento degli arredi urbani. Ma anche un approccio integrato, facendo dialogare la polizia locale con chi si occupa del welfare». E aggiunge: «Serve uno sforzo collettivo per proteggere i più fragili e ricostruire un tessuto urbano sicuro e inclusivo. Per questo avvieremo un ciclo di iniziative in tutti i quartieri, con l’obiettivo di affrontare il tema della sicurezza fuori dalle contrapposizioni ideologiche».

Le proposte della politica, però, non sempre rispecchiano le aspettative dei residenti. Giuseppe Ialacqua, 29 anni, che lavora nel sociale, e Matteo Lupoli, di 32 anni, assegnista di ricerca del dipartimento di sociologia dell’università di Bologna, sono due residenti della zona. Pienamente convinti che non vorrebbero vivere in nessun altro quartiere, fanno parte del comitato “Bolognina Come Stai”. «Vogliamo rappresentare il quartiere in toto, provando a portare più punti di vista», spiega Giuseppe. «Il comitato - prosegue Matteo - serve anche come forma di integrazione tra le diverse culture che vivono nel rione». Per questo motivo ogni due settimane si tiene un'assemblea. Secondo i due giovani, Bolognina non è da considerarsi una zona periferica, ma un centro espanso che vive con i problemi delle periferie. Per Giuseppe, Bologna ha avviato da tempo un processo di espulsione. «Stiamo assistendo all’ultimo pezzo del processo migratorio che costringe i residenti a trasferirsi dal centro storico alla Bolognina». E l’effetto migratorio genera problematiche, come quello della sicurezza. «Piazza XX settembre è stata una delle prime zone rosse d’Italia (istituita dal prefetto per arginare la criminalità n.d.r.) - dice Giuseppe - con un forte intervento poliziesco che ha allontanato persone con precedenti, senza alcun effetto». Le cause che generano un fenomeno di insicurezza alla Bolognina sono diverse. «Quello che sta succedendo oggi – afferma Matteo – è la conseguenza dell’impoverimento del quartiere che deve reggere il peso di una speculazione edilizia e dell’assenza di servizi e di spazi di socialità per i residenti». In mancanza di questi aspetti fondamentali per la qualità della vita, il comitato si ritaglia una sua centralità. «Non volgiamo vivere isolati – ribadisce Matteo – per questo in un quartiere dove c’è una distanza enorme tra residenza storica e la presenza migratoria, vogliamo essere un amplificatore di tutte le voci. La Bolognina ha bisogno di una piattaforma che la rappresenti».

 

L'articolo è tratto dal "Quindici" n.6 del 25 giugno 2025