Giustizia

Pietro Grasso al Modernissimo (Foto di Camilla de Meis)
«Bisogna dare ai giovani la possibilità di vivere il carcere in maniera diversa, in modo che non diventi una palestra per il crimine». Pietro Grasso esprime un’opinione in controtendenza sul recente trasferimento dei detenuti giovanissimi nel carcere della Dozza. Un provvedimento che ha suscitato molte polemiche. L’accento è sulla gestione del sovraffollamento dei penitenziari minorili.
La legalità è il tema dell’incontro di questa mattina al Modernissimo dove il magistrato siciliano ha risposto alle domande degli studenti delle scuole secondarie di Bologna. Le mani alzate sono state tantissime e il cinema nel cuore del capoluogo emiliano-romagnolo era gremito. Sono ormai due anni che Grasso porta avanti il lavoro con i futuri cittadini d’Italia insieme alla sua Fondazione “Scintille di Futuro”.
«La mia prima vita l’ho dedicata alla giustizia, la seconda alla politica, la terza ai ragazzi», ha spiegato il magistrato che punta a costruire un ponte per radicare nei giovanissimi il senso di giustizia. Tanti i riferimenti ai colleghi e amici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, impegnati testa e cuore nella lotta alla mafia. Mafia che continua a esistere nonostante se ne parli di meno. «Sembra che sia scomparsa, in realtà è una strategia. I suoi atti non sono eclatanti, perché si è resa conto che, alla lunga, lo scontro l’avrebbe perso. Oggi si muove sottoterra, s’infiltra nella società e, al massimo, fa affari», ha argomentato meglio il magistrato agli studenti che sono più di ottocento.
«L’obiettivo della Fondazione “Scintille di Futuro” è di creare un dialogo con gli studenti in modo da costruire insieme un mondo migliore. Bisogna avere la forza di reagire alle avversità, fuggendo dalla fragilità che, spesso, porta i ragazzi a esercitare violenza nei confronti degli altri». La violenza è la stessa che, da piccolo, lo spinse a scegliere di dedicarsi al mestiere del magistrato. «Sono cresciuto in un contesto di soprusi, dove le uccisioni di bambini innocenti erano frequentissime. Le leggevo sui giornali insieme a mio padre». Ma, insieme alle notizie delle stragi commesse dal sistema mafioso, c’erano anche le storie di chi combatteva strenuamente puntava a diventare uno di quelli.
Dopo qualche anno, sarebbe stato scelto come uno dei giudici del Maxi processo e si sarebbe ritrovato a varcare una stanza che ospitava circa 400 mila pagine di faldoni che contenevano tutto il materiale su quell’udienza. Qui il magistrato si è abbandonato ai ricordi di due amici e ha precisato: «Non erano supereroi, ma persone dotate di un grande senso del dovere». Ancora: «Quando si entrava nei loro studi, sembrava di star in val padana con la nebbia, tanto fumavano. Porto ancora con me l’accendino di Falcone. Borsellino? Scherzava con tutti». A riprova che una vita passata a lottare contro la criminalità non esclude tutto il resto. «Certo, si tratta di scelte. Noi abbiamo fatto una scelta», conclude Grasso la sua mattinata al Modernissimo, tra foto con gli studenti, cartelloni colorati e un po’ di speranza in più grazie al lavoro con le scuole di Bologna.