sanità

Nell'immagine un medico con lo stetoscopio (foto Ansa)
La sanità territoriale sta affrontando una vera e propria crisi e in regione non mancano le difficoltà. L’Emilia-Romagna si trova di fronte a una delle sue sfide più critiche: al bando regionale per l'assegnazione di 1.434 incarichi tra medici di medicina generale e operatori del 118 hanno risposto 349 candidati. Le cifre sembrano essere quelle di un buco nell’acqua. Il numero dei presenti ha coperto meno di un quarto delle posizioni vacanti, evidenziando una carenza strutturale che rischia di compromettere l'assistenza primaria in molte aree della regione. Modena guida la lista delle province con il maggior numero di posti scoperti, con 267 medici mancanti, seguita da Bologna con 247, Reggio Emilia con 209, Parma con 145 e Piacenza con 113.
In Italia mancano i medici e la situazione è particolarmente critica anche per il servizio di emergenza-urgenza. La Romagna registra una carenza di 51 medici del 118. Sono diversi i fattori contribuiscono a questa crisi: le condizioni lavorative poco attrattive, carichi di lavoro elevati, compensi non competitivi e una crescente burocratizzazione del ruolo del medico di famiglia. Molti professionisti preferiscono altre specializzazioni o scelgono di esercitare all'estero, dove trovano condizioni più favorevoli. Anche l'assessore regionale alla Sanità, Massimo Fabi, intervistato dall'Ansa, ha detto che «per far fronte alla carenza le Aziende Usl ricorreranno a incarichi a tempo determinato, assicurando che nessun cittadino rimarrà senza medico di famiglia». Tuttavia, a detta di molti, questa soluzione tampone non affronta le radici del problema e rischia di prolungare l'instabilità del sistema sanitario regionale.
In un tentativo di invertire la tendenza, per l'anno accademico 2025-2026 è anche previsto un cambiamento significativo nell'accesso alla facoltà di Medicina: il tradizionale test d'ingresso sarà infatti sostituito da un semestre iniziale aperto a tutti, con una selezione basata sul rendimento accademico. L'obiettivo è aumentare il numero di studenti e, di conseguenza, di futuri medici. Tuttavia, resta da vedere se questa misura sarà sufficiente a colmare le lacune attuali e a rendere più attrattiva la professione di medico generalista. La crisi dei medici di base in Emilia-Romagna è un campanello d'allarme che richiede interventi strutturali e una revisione delle politiche sanitarie. Senza un'azione decisa, il rischio è quello di compromettere l'accesso alle cure primarie per migliaia di cittadini, soprattutto nelle aree più periferiche e vulnerabili della regione.