Lavori in corso

La Garisenda e l'Asinelli nel cielo notturno di Bologna (le foto sono di L. Addarii, Ansa e Comune Bologna)

 

 

La Garisenda è in pericolo. Il 15 novembre 2023 tra le mura rosse di Bologna è rimbalzata la notizia che ha scosso la città turrita. L’allarme era stato lanciato sulla base di intercettazioni di sensori che monitorano la torre ormai da diversi anni. Ma niente paura, come sappiamo è stato già elaborato un piano di messa in sicurezza per il salvataggio della struttura che prevede lo smantellamento dei cantieri entro il 2028. Questo simbolo del capoluogo emiliano fu costruito oltre 900 anni fa all'inizio del dodicesimo secolo, tra il 1109 e il 1119, per volontà della famiglia Garisendi, gente molto influente nella Bologna medievale. Insieme alla Torre degli Asinelli, forma la famosa coppia situata in una posizione strategica all'incrocio delle antiche vie che conducevano alle porte della seconda cerchia muraria della città. Un punto da sempre di grande attrazione per il turismo. Ma cosa è successo? Raffaela Bruni, ingegnera e fino al 2020 dirigente del settore Patrimonio per il Comune, spiega nel dettaglio qual è l’origine del problema e in cosa consiste il piano per la messa in sicurezza della torre al quale lei stessa, insieme a un gruppo di esperti, sta lavorando per completare l’opera di restaurazione.

 

I prospetti e gli studi di pendenza

 

Il progetto dei lavori in corso

 

Dice:«Dall’inizio del 2020, un comitato tecnico-scientifico aveva cominciato a fare una serie di interventi di consolidamento. Nei quattro spigoli erano stati messi in opera altrettanti strumenti utili a misurare un eventuale cambiamento in un preciso tratto. Si tratta di cavi tesi che partono dalla base della torre e terminano nel punto in cui finisce il basamento di selenite e comincia la muratura di laterizio. Osservando il loro allungamento o accorciamento si capisce quali sono i movimenti e le deformazioni che la torre sta subendo in quel periodo. Perché́ la Garisenda si muove quotidianamente e stagionalmente». Questo movimento è considerato fisiologico ed è una reazione alle sollecitazioni del sole, ai cambiamenti stagionali, alle condizioni di umidità e persino alla rotazione terrestre. Storicamente la torre è inclinata sul fronte est, verso la chiesa di San Bartolomeo. Lì ha una pendenza sempre crescente intorno ai 3,40 metri, misurata nel tempo grazie alla strumentazione dell’Università di Bologna. In origine la Garisenda era più alta, raggiungendo circa i 60 metri, c’è anche qualcuno che, seguendo la leggenda, narra di un’altezza che si aggira sugli 88 metri, ma per l’appunto, tutto ciò rimane tra i racconti della tradizione. La torre fu mozzata nel 1351 e ridotta agli attuali 48 metri. Contrariamente a credenze errate che attribuiscono l'inclinazione a smottamenti del terreno o terremoti, l’abbassamento fu causato da un cedimento delle fondamenta, cosa che le diede fin da subito la sua caratteristica pendenza. Le superfici murarie esterne furono restaurate già in precedenza tra il 1998 e il 2000, con una prima fase di consolidamento delle murature risalente in quegli anni. A partire da maggio 2023 però, periodo di grandi piogge, nello spigolo sud-ovest della costruzione che guarda via Rizzoli, i rilevatori hanno segnalato un cedimento anomalo che non era mai stato intercettato con un simile livello di importanza. A novembre tutto è stato bloccato. Lo stesso comitato tecnico-scientifico, a seguito di una serie di riunioni e di verifiche, ha decretato che c'era una situazione di pericolo imminente per cui si doveva intervenire sulla torre soltanto con le modalità dettate dalla protezione civile. Siamo all’inizio della storia. A seguito della certificazione di rischio, viene emessa una prescrizione che proibisce. qualsiasi intervento sopra, sotto e nei pressi della torre. Per tutelare l’incolumità delle persone, come prima azione urgente viene perimetrata la piazza di Porta Ravegnana con una serie di container rossi alti 6 metri uno sull’altro, zavorrati e quindi pieni di calcestruzzo, posizionati sui lati nord e ovest (contro Palazzo Strazzaroli e via Zamboni) e vincolati al terreno con pali di fondazione profondi 10 metri. I mezzi avrebbero dovuto reggere l’urto dell’eventuale crollo di detriti.

 

Gli studi ingegneristici alla base della torre

 

La simulazione del sistema di tenuta

 

La presenza di numerose torri medievali a Bologna è un vero e proprio fenomeno storico. La città di Bologna era conosciuta come una "selva turrita", proprio in riferimento alle numerose torri medievali. Tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, si stima che ce ne fossero tra le novanta e le cento. Il conte Gozzadini nel diciannovesimo secolo ipotizzava la presenza di circa 180 torri, basandosi su documenti di compravendita, anche se studi più moderni hanno ridimensionato questa cifra. Queste torri non erano solo costruzioni difensive: venivano erette dalle famiglie più ricche come simbolo di potere e prestigio, specialmente nel contesto delle lotte per le investiture tra fazioni filo-imperiali e filo-papali. Nel corso dei secoli, molte furono abbassate o demolite. La loro costruzione era un'impresa molto onerosa, tanto che a livello di tempistiche una torre di 60 metri poteva richiedere dai tre ai dieci anni per essere terminata. Oggi, di quelle torri medievali, ne sopravvivono solo ventiquattro e tra le superstiti più note, oltre alla Garisenda e all'Asinelli, ci sono la Azzoguidi, alta 61 metri, e la Prendiparte di 59 metri e mezzo. Al momento, però, si può osservare la Garisenda solo imprigionata da quelle misure di protezione e impalcature che non permettono di apprezzarne appieno la visuale. Anche le visite alla vicina Asinelli sono state interrotte. Quando tutto questo finirà? I tecnici parlano del 2028, anno in cui è previsto il termine dei lavori e quindi lo smantellamento dei cantieri. E ancora, quale sarà il risultato finale? Saranno visibili grandi trasformazioni rispetto alla struttura originale? Ma soprattutto, la torre avrà ancora la sua pendenza caratteristica? L’ingegnera Bruni rassicura che «la trasformazione sarà impercettibile e la torre penderà ancora. Agiremo solo sulla messa in sicurezza e sulla stabilità della struttura». Un gruppo di esperti è già all’opera da un anno e mezzo per mettere in salvo l’icona della città e il risultato raggiunto finora è un progetto esecutivo complesso e articolato da quasi 20 milioni di euro, presentato a metà maggio alla Soprintendenza e al momento in cui scriviamo ancora in attesa di approvazione. «Con questo intervento andremo a installare tutta. una serie di punteggi che ci permetteranno di arrivare all’inizio dell’anno prossimo a fare il tiro», spiega il sindaco Matteo Lepore.

 

Il cantiere di piazza Ravegnana

 

Veduta dall'alto della base della Garisenda

 

Le protezioni che delimitano il monumento

 

Ma cos’è il tiro di cui si parla ormai da tempo? «Collocheremo attorno alla Garisenda tralicci e a questi applicheremo cavi in acciaio dotati di elastici che ci permetteranno molto gradualmente di tirare la torre in due direzioni. È un processo che renderà la torre più sicura. A quel punto inizieremo le iniezioni». Il sindaco, inoltre, sottolinea che «la tecnica con cui vogliamo consolidare la base è l’iniezione di una malta speciale studiata appositamente per la nostra torre per la base in selenite. Solo dopo il consolidamento metteremo mano all’interno della torre che, grazie alla raggiunta stabilità, sarà finalmente possibile restaurare». Il progetto è strutturato in due fasi. Come prima cosa bisogna mettere in sicurezza la Garisenda. Solo a questo punto è previsto un intervento sul basamento per aumentare la capacità di resistenza. L’ingegnera Bruni entra nel dettaglio spiegando i vari step e le tecniche utilizzate per portare a compimento il lavoro. Dunque, la messa in sicurezza. «La prima fase consiste innanzituttonelrimuoverelasituazionedipericolo.Per farlo utilizzeremo l’installazione di due tralicci metallici, simili ai "cavalletti" già utilizzati per la Torre di Pisa. In questo modo pensiamo di "tirare" la torre riducendo in qualche modo in misura piccolissima la pendenza. Se non dovessimo riuscire, potremmo esercitare con un tiro uno sforzo orizzontale per fare ruotare la torre in direzione opposta alla rotazione naturale. La Garisenda tende verso est ma se noi applichiamo un tiro in direzione contraria sapremo applicare una forza contrapposta per ridurre il carico alla base. Solo a questo punto partiranno le iniezioni». Su una cosa sono tutti d’accordo: fondamentale è procedere con calma. A partire dalla tiratura. «I progettisti – dice Bruni - hanno calcolato qual è la giusta quantità di forza da esercitare, ossia un tiro piccolissimo rispetto ai carichi a cui è sottoposta la torre. Stiamo parlando di 40 tonnellate nella direzione più sollecitata verso est, e 20 tonnellate nella direzione verso nord. Considerando che la torre pesa 4mila tonnellate si tratta di un carico piccolo, che però applicheremo in due fasi». Tra una fase e l’altra è previsto infatti un periodo abbastanza lungo di monitoraggio. «Vogliamo sapere come si comporta la torre. Abbiamo dei modelli matematici che ci dicono quale sarà lo spostamento, quale sarà l’alleggerimento nel fronte e sotto pendenza applicando questi tiri». E arriviamo al rafforzamento della base. Spiega ancora l’ingegnera: «Il basamento ha perso la sua capacità portante soprattutto per la presenza di selenite e le indagini di varia natura che abbiamo fatto ci dicono che la selenite ha un problema perché la torre è stata maltrattata nel tempo da quelli che abitavano o avevano i loro laboratori a ridosso del muro: fabbri, artigiani, battirame. Acqua e umidità hanno fatto il resto». La Garisenda è celebre per le sue citazioni letterarie, a partire da Goethe fino a Charles Dickens, numerosi autori sono rimasti colpiti dalla torre e l’hanno riportata nei loro scritti. Ma le citazioni più famose sono quelle di Dante Alighieri, che la menziona nel trentunesimo canto dell'Inferno nella "Divina Commedia" ("Qual pare a riguardar la Garisenda") e nelle "Rime". Tra curiosità e leggende c'è l'origine del nome Garisenda. Da una parte c’è chi pensa che derivi dalla famiglia costruttrice, dall’altra c’è chi invece ipotizza un legame con un termine dialettale che evoca un movimento oscillatorio. Si vocifera anche di presunti passaggi segreti che collegavano la Garisenda alla vicina Torre degli Asinelli, usati per comunicazioni rapide, sebbene oggi non siano visibili. La proprietà della torre passò nel tempo dall'Arte dei Drappieri del Quattrocento, per poi diventare di proprietà comunale a fine Ottocento. La ristrutturazione di un patrimonio culturale come questo ha richiesto l’intervento di un gruppo di esperti tra i migliori in Italia e nel mondo, con alle spalle grandi esperienze e altissimi livelli di preparazione. Alla guida del comitato per la ristrutturazione c’è appunto l’ingegnera Raffaela Bruni, affiancata dal professor Stefano Podestà, docente di tecnica delle costruzioni all’Università di Genova con un’ampia esperienza nel restauro di campanili e torri. Partecipa anche il professor Nunziante Squeglia, ordinario di geotecnica all’Università di Pisa, già coinvolto nel consolidamento della torre della sua città.

 

La Torre di Pisa

 

Raffaela Bruni

 

Il professor Massimo Majovieschi è il progettista dei famosi cavalletti, mentre il professor Filippo Forlani, docente all’Università di San Marino, è il redattore di tutti i modelli utilizzati per la realizzazione della struttura di protezione che è già stata messa in piedi. Completa l’organigramma l’architetto Manuela Faustini, dirigente del Comune e responsabile dell’intero procedimento. Il progetto ha un valore di 20 milioni di euro. Da dove provengono questi fondi? È stato il Comune a spendere i primi 5 milioni di euro per la perimetrazione di piazza di Porta Ravegnana, realizzata in somma urgenza dall'impresa Fagioli di Reggio Emilia. Un ulteriore finanziamento di 5 milioni proviene dai fondi del Pnrr e altri 4 milioni dalla Regione. Non mancano risorse pervenute da singoli donatori privati che arrivano a quasi 5 milioni. «Il cantiere resterà fino al 2028 - dice Lepore - Se saremo bravi riusciremo a risolvere tutto in quattro anni e mezzo. Metà del tempo viene impiegato per mettere in sicurezza la zona». E quando ripartiranno le visite all’Asinelli? «Valuteremo», risponde il sindaco. Certo, mettere le mani su un bene monumentale che conta 900 anni non è semplice, ma il primo cittadino conferma che «i sensori ci stanno dicendo che in questo momento la torre è in una situazione di stabilità maggiore rispetto ai primi allarmi».

 

Il reportage è tratto dal "Quindici" n.6 del 25 giugno 2025