Monumento

Garisenda (foto Ansa)

 

La Garisenda impressionò Dante al punto che vi dedicò il primo sonetto dell’intera sua produzione poetica. Di seguito una parte:

 

No me poriano zamai far emenda/ de lor gran fallo gl’ocli mei, set elli/ non s’acecaser, poi la Garisenda/ torre miraro cum li sguardi felli/ e non conover quella, mal lor prenda!

 

Non si potranno mai far perdonare/ del loro gran sbaglio gli occhi miei se quelli/ non si accecassero dopo che la torre Garisenda/ vollero ammirare con sguardi felloni/e non s’accorsero di quella (che gli venga un malanno)/ ch’è la maggiore di cui si parla.

 

Prima ancora che ne raccontasse grandezza e inclinazione nel XXI Canto dell’Inferno, il poeta fiorentino non le seppe resistere quando a vent’anni si trovò a passare per la prima volta in piazza Ravegnana. Un percorso che a distanza di secoli è in parte cambiato per necessità e questioni – certo – meno alte ma non per questo meno degne d’attenzione. Lo ha affermato anche il sindaco di Bologna Matteo Lepore durante la conferenza stampa di questa mattina in Comune: «La Torre Garisenda è sempre stata in bilico». Se è vero che la sua postura l’ha resa immortale nei versi del Poeta, è vero anche che oggi la rende il cuore di perizie, interventi e finanziamenti.

Lungi dall’assumere una mera funzione difensiva, la Torre voluta dai nobili Filippo e Oddo Garisendi era utilizzata anche per esprimere il valore di un’importante casata che operò durante il XII secolo. Il bastione un tempo raggiungeva i sessanta metri d’altezza e fu un cedimento del terreno a portare alla sua parziale decapitazione (di dodici metri) due secoli più tardi. Sebbene l’antica città fosse puntellata di bastioni e fortezze – non ultima quella degli Asinelli, più giovane solo di qualche anno – la Garisenda ha conservato la sua fama nel tempo. E con essa anche la volontà di metterla in sicurezza, come testimonia l’intervento del XIV secolo. Una questione che suona più che mai attuale vista la recente richiesta del Primo cittadino di Bologna al Governo: «Rinunciamo ai fondi del Pnrr perché non sono compatibili per tempistiche e modalità utilizzate dal comitato tecnico e in una situazione simile è bene che la politica faccia un passo indietro per salvaguardare un monumento storico ma soprattutto per tutelare i cittadini».