la protesta

I sindacalisti in Piazza Liber Paradisus (foto Alessandro Fratini)

 

Gridano al Comune che ci sono “sette milioni di buone ragioni” per sedersi al tavolo e contrattare. Sono scesi in piazza davanti alla sede di piazza Liber Paradisus in cinquecento, sotto le bandiere di Cgil, Cisl, Uil e Sgb, per chiedere un aumento del salario accessorio (cioè quella parte variabile relativa a bonus di produttività indennità e straordinari) per i dipendenti comunali, che con le loro richieste arriverebbe, appunto, a sette milioni di euro. Dopodiché, i lavoratori si sono divisi in due cortei in direzione Piazza Maggiore, uno composto da Cgil, Cisl e Uil e dall'altro Sgb, Csa, Snater, Usb, Cobas e Adi.

Il 17 ottobre i primi tentativi di mediazioni tra le due parti sono naufragati: da una base di due milioni di euro già stanziata nel biennio 2023-2025, l'amministrazione aveva proposto un ulteriore aumento di due milioni, per un totale di quattro, mentre i sindacati ne chiedevano almeno cinque, per un totale di sette. La richiesta delle sigle sindacali è stata fatta alla luce del "decreto Pa" del 2023, che permetterebbe al Comune di Bologna di spendere fino a 25 milioni per l'aumento del salario accessorio, rimasto fermo dal 2016. Da metà ottobre, però, non ci sono più stati tavoli di confronto, il che ha spinto i lavoratori a protestare per le strade.

Marco Pasquini, segretario generale della funzione pubblica della Cgil, approfondisce il tema dei fondi: «Con l’aumento proposto dal comune, si arriverebbe a 30 euro lordi in più di media lorda in busta paga, che noi riteniamo insufficiente. Chiediamo dunque che il Comune metta più risorse per aumentare la quota variabile, dato che la città è sempre meno sostenibile per gli stipendi dei dipendenti comunali, già molto sottodimensionati».

Anche per Loredana Costa, di Uil, le cifre proposte dal Comune «sono assolutamente insufficienti» e «non riflettono la potenzialità massima del comune di Bologna», e quindi il mancato aumento del salario accessorio può derivare solo da «una scelta politica, che non ha a che vedere con i parametri economici in carico all’amministrazione». Dunque, la mobilitazione di oggi rappresenta «un'occasione unica per incrementare il fondo accessorio, grazie al decreto Pa».

Gemma Brunetti, di Sgb, le fa eco: «Abbiamo lo stipendio e le progressioni bloccate ormai da anni, mentre la pressione fiscale aumenta, e abbiamo tra le mani una possibilità unica che dobbiamo sfruttare». La sindacalista crede anche lei in una matrice ideologica dietro questo stallo, sottolineando che «a conti fatti i soldi ci sono, e la decisione di non erogarli al salario accessorio è assolutamente politica e non pratica». Anche per Stefano Franceschelli, segretario generale della Cisl, non ci sono attenuanti che reggano: «L’indisponibilità dell’amministrazione comunale è incomprensibile e inaccettabile. È necessaria una scelta di campo da parte degli organi dirigenti di Bologna, affinché realizzino una variazione di bilancio per aumentare il fondo accessorio».

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha passato la palla al Governo, dicendo che i problemi derivano dall’ultima legge di bilancio, che ha tagliato molti fondi agli enti locali. A Franceschelli questa risposta non convince fino in fondo: «Sebbene nella manovra di bilancio ci siano aspetti che vanno modificati, la stragrande maggioranza degli enti locali sta lavorando in modo unitario e collaborativo sull’aumento del salario accessorio, quindi rimane difficilmente giustificabile che il Comune del capoluogo non persegua questa direzione».

Tutti i sindacalisti, inoltre, sono concordi che il danno dello stallo non si limiterà ai lavoratori comunali attuali, ma anche alle nuove generazioni che vogliono entrare nel settore pubblico. «Gli aumenti salariali renderebbero Palazzo d’Accursio un luogo di lavoro attraente per i giovani, che oggi cercano e trovano condizioni e paghe migliori altrove, lasciandoci in un costante periodo di magra», dice Brunetti. Dello stesso avviso è anche Costa, la quale racconta che «anche quei giovani che vengono a lavorare in Comune dopo pochissimo lo abbandonano per posizioni private, ma anche pubbliche, più remunerative».

Una volta arrivati in Piazza Maggiore, il sindaco Lepore non si è voluto tirare indietro ed è sceso ad incontrare i lavoratori del Comune, prima quelli del corteo Sgb, Csa, Snater, Usb, Cobas e Adi, poi quelli che hanno marciato con Fp-Cgil, Fp-Cisl e Fpl-Uil. «È giusto dare lo stesso ascolto a tutti i lavoratori in questa giornata», sottolinea il primo cittadino, mentre anticipa che domani discuterà delle modifiche al salario accessorio, dicendo che «si tratta di un passaggio importante anche dopo questo sciopero, che mi sembra molto partecipato. E credo lo sia perché giustamente chi lavora in Comune ci tiene a quello che dobbiamo fare insieme per i cittadini e anche al proprio lavoro. Io non sarò mai un sindaco che pensa che gli scioperi non devono essere partecipati, vedere tanta gente non è che lo prendo come un fatto negativo ma positivo. Il nostro obiettivo rimane firmare un accordo».

Lepore chiama in causa il governo centrale, che secondo lui ha le colpe maggiori: «I soldi che investiamo provengono da qui, e non da Roma, perché a Roma ci stanno mettendo gli uni contro gli altri e stanno tagliando lo stato sociale. Il Governo facendo una legge finanziaria senza soldi e sta scaricando sui Comuni tutto quello che può. Io, come tutti i miei colleghi a livello nazionale, sto lavorando con l'Anci perché nella finanziaria ci siano più risorse». Verso la fine del corteo, mentre Lepore diceva «non vogliamo tagliare né esternalizzare nessun servizio», i manifestanti gli rispondevano in coro «i tagli li avete già fatti».