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A un mese dai referendum proposti da Cgil e +Europa, qual è la posizione dei partiti politici?

Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra hanno espresso sostegno a tutti e cinque i quesiti. Anche il Partito Democratico si è schierato a favore, con la segretaria Elly Schlein che ha da subito confermato il suo appoggio: «Siamo felici di contribuire a questa sfida, di dare una mano a portare le persone a votare. Abbiamo l’occasione di rimettere al centro la dignità delle persone e del lavoro». Alcuni esponenti più riformisti dell’area dem, come il deputato Piero Fassino, hanno però espresso dei dubbi: «La preoccupazione è che il referendum riporti il dibattito su tematiche già superate e non adatte al mercato lavorativo odierno». Gli fa eco l’europarlamentare Giorgio Gori: «Capisco ma non condivido la posizione della segretaria. Il Jobs Act ha migliorato le politiche del lavoro, senza aumentare né i licenziamenti né la precarietà. E tornare a dieci anni fa, ora che il problema è la carenza di personale, è dal mio punto di vista un errore politico».

Contrari Azione e Italia Viva, con Matteo Renzi, che nei mesi scorsi aveva duramente attaccato il referendum, bocciandone i quesiti perché potrebbero danneggiare le politiche del lavoro attuali. L’ideatore del Jobs Act, invece, si è espresso a favore del quesito sulla cittadinanza.

Silenzio invece dai partiti della maggioranza di governo: Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che non hanno ancora preso una posizione ufficiale.

I quattro quesiti sul lavoro, promossi dalla Cgil, hanno raccolto oltre 4 milioni di firme. Quello sulla cittadinanza, sostenuto da +Europa, dal Partito Socialista Italiano, i Radicali, Rifondazione Comunista e varie associazioni della società civile, ha superato a sua volta le 600.000 adesioni, dimostrando una forte partecipazione della cittadinanza.