Lo spettacolo

 

Gli interpreti sul palco (foto teatro Duse)

 

Portare "Brokeback Mountain" a teatro è una sfida complessa. È la storia d’amore drammatica tra due pastori, Ennis e Jack, nata in Wyoming nel 1963, in un’America rurale segnata da comunità chiuse e retrograde: un amore destinato a durare vent’anni e che muta forma, diventando desiderio silente e dolore nascosto. Quella di Ennis e Jack rispecchia relazioni ancora attuali, a causa della difficoltà anche contemporanea nell’accettare la propria omosessualità e nell’esprimerla anche a chi ci sta attorno. Per racconrare questa storia la regia di Giancarlo Nicoletti sceglie la via dell’essenzialità visiva e della potenza sonora. Il palco del Duse è uno spazio quasi irreale e spoglio. Due linee che riproducono il monte luogo di incontro dei due innamorati, un luogo isolato, vasto. Il resto è affidato a giochi di luci, ombre e alla musica dal vivo di Malika Ayane. La sua presenza è uno degli elementi più riusciti. Accompagna la storia senza sovrastarla e diventa la voce della coscienza dei due protagonisti. Filippo Contri e Edoardo Purgatori, nei panni di Ennis e Jack, offrono una prova che non sempre funziona. Da un punto di vista drammaturgico l'evolversi del rapporto amoroso è spesso affrettato: in certi momenti l’intimità è sincera e toccante, in altri appare più costruita e quasi sguaiata. L’emozione colpisce lo spettatore nei momenti di riflessione che fra i due si instaurano: piccoli gesti di empatia alla luce del fuoco. L'impressione è che il ritmo talvolta troppo serrato sacrifichi la delicatezza della vicenda. E nelle scene più enfatiche tutto rischia di diventare esagerato, anche per una certa volgarità del linguaggio.

 

La recensione è tratta dal Quindici n. 9 dell'11 dicembre 2025