mostre
Siccità in Amazzonia, una delle tre foto finaliste scattata da Musuk Nolte (tratta dal sito del concorso)
La galleria del Modernissimo è sottoterra, eppure ci sono 144 finestre aperte. Gli scatti del concorso "World Press Photo 2025", visibili fino a fine mese, rendono le stanze bianche della mostra un punto panoramico da cui osservare il nostro pianeta e le persone che lo vivono. Ci sono le foto che appariranno in tutti i futuri libri di storia, l’attentato a Donald Trump, i palazzi sventrati dalle bombe a Gaza e quelle che raccontano la nostra epoca fatta di cambiamento climatico, rivolte giovanili e immigrazione. Ci sono soprattutto le immagini di tante vicende silenziose che solo i fotoreporter portano alla luce: una casa negli Stati Uniti dove i malati terminali possono passare in serenità l’ultimo giorno di vita lontano dagli ospedali, giovani volontari nello Zambia che evitano incidenti fra umani ed elefanti provati dalla siccità, un aereo che sembra galleggiare in mare ma è solo fermo su una pista completamente allagata in Brasile. Nessun momento immortalato lascia indifferenti, l’occhio è portato a soffermarsi su tutto e incuriosito si sposta sulle didascalie che accompagnano ogni fotografia per comprenderla meglio. Davanti al visitatore si srotola quel variopinto e pro - fondo mosaico che è il genere umano, fatto di usanze, sentimenti, empatia. "World Press Photo" si prefissa questa missione sin dalla fondazione nel 1955. Raccontare il reale con un’in - formazione di qualità, all’insegna della libertà di stampa e della possibilità di esprimere attraverso le immagini il proprio pensiero e la propria prospettiva sul mondo. Visitare la mostra è in effetti un bagno di realtà, non indolore, ma potente e importante.