Il libro
Dan Brown nella biblioteca del Clementinum di Praga (foto Ansa)
C’è una scintilla, incastonata nel profondo dell’essere umano, che seduce e allo stesso tempo alimenta la nostra curiosità: il bisogno irrefrenabile di comprendere le sfumature della nostra esistenza. Un desiderio che ci spinge a esplorare la nostra anima e che Dan Brown plasma nel cuore narrativo di ogni suo romanzo. “L’ultimo segreto”, volume che segna l’epilogo del viaggio alla ricerca del mistero di Robert Langdon, stimato professore americano di simbologia religiosa, affronta l’ultima meta dell’itinerario verso la comprensione della complessa architettura umana. Una tappa che porta il nome della noetica Katherine Solomon, dalle cui scoperte si staglia una rivelazione dirompente: l’esistenza della coscienza non locale. A prendere forma è una storia che assume i contorni di una corsa contro il tempo nelle viscere misteriose di Praga, in un percorso già tracciato nelle pagine inquietanti di Kafka e dalla lucidità visionaria di Kundera. Tra le guglie del castello e la distesa del parco Folimanka, fino al muro di stalattiti di Palazzo Wallenstein, emerge il palcoscenico dell’ultima, rocambolesca avventura di Robert Langdon, deciso a proteggere la scoperta che potrebbe scavalcare per sempre il fragile dualismo tra anima e corpo. Sullo sfondo si agitano interrogativi antichi e allo stesso tempo attualissimi. Vale la pena immolare una vita per un bene superiore? È giusto sacrificare la morale sull’altare di un obiettivo più grande? Il fine giustifica i mezzi? Dan Brown non elude queste domande, ma suggerisce che la loro risposta potrebbe celarsi proprio sotto i nostri occhi. In fondo, cosa sono i social se non la certificazione dell’esistenza di una coscienza non locale?

La copertina del libro (foto Ansa)
La recensione è tratta dal "Quindici" n. 9 dell'11 dicembre 2025