Teatro

Giorgio Panariello sul palco dell'Europa Auditorium (foto di Paolopontivi)

 

Quello di Giorgio Panariello, in scena all’Europa Auditorium con un nuovo irriverente show, è un futuro non così lontano da quello che si potrebbe immaginare. L’ironia e la battuta per riflettere sulle conseguenze della tecnologia e della sempre più ampia lontananza dell’essere umano dai sentimenti e dalla realtà vivida delle cose. 

Più di due ore di spettacolo e sullo sfondo una scenografia di ledwall e asettiche voci fuori campo che richiamano l’intelligenza artificiale, dando consigli che non sempre sono quelli sperati. Panariello è sul palcoscenico da solo, insieme ai suoi personaggi, che ormai sono vecchie glorie, e a nuove caratterizzazioni. E racconta a modo suo, con intelligenza e leggerezza, quello che in effetti sembra essere il futuro più prossimo. C’è lo storico macellaio Pio Bove che non vende più bistecche e insaccati, ma cavallette, scarafaggi e millepiedi, sfornando una serie di improbabili ricette e altrettanto impossibili abbinamenti. E poi c’è la vecchia signora devota che segue la messa attraverso un’applicazione interattiva che la mette in contatto con l’aldilà, con i suoi santi e con le sue rassicurazioni.

Renato Zero, imitato dal comico sin dal suo debutto in Versilia negli anni ‘80, viene spedito su Marte con una valigia di paillettes e cappotto animalier. Peccato che il pianeta rosso appaia come una vecchia fotografia sbiadita del litorale romano, un viaggio lunghissimo e faticoso per raggiungere Ostia, con l'inconveniente che qui «ci sono cinquanta gradi sotto Zero», gridato nell'inconfondibile e irresistibile maniera del cantautore. «Altroché boschi verticali - dice Silvano, altro personaggio classico del comico, il burbero toscanaccio del vaia vaia vaia - io sono sempre stato in orizzontale. Il divano è il mio posto fisso e ho ascoltato bene i consigli del mi’ babbo».

Tra visori di realtà aumentata e caschetti che leggono il pensiero, il pubblico diventa parte attiva di uno show che, a guardarlo bene, è molto più tragico e drammatico di quello che vuol sembrare di essere. Appena sotto la superficie delle risate e degli applausi, si nasconde la consapevolezza che le distopie esibite sul palcoscenico sono in verità dietro l’angolo, così insicuri delle proprie certezze mal riposte, da doversi affidare ormai per qualsiasi cosa all’intelligenza artificiale, correndo il rischio di smarrirsi in un universo che non ha fine. Sipario.