Carceri
Il provveditore dell'amministrazione penitenziaria Silvio Di Gregorio e il garante dei detenuti Roberto Cavalieri (foto di Riccardo Ruggeri)
«Il problema del sovraffollamento sta gravando sempre di più: stiamo arrivando a più di 4.000 detenuti in Emilia-Romagna e gli stranieri hanno ormai superato gli italiani, con 750 persone in più rispetto al 2022, quando sono stato nominato. Due carceri in più avrebbero un ruolo sulla capacità effettiva che potremmo sostenere». È l’allarme del garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, che durante la conferenza stampa per tracciare un bilancio sui cinquant’anni della legge sull’ordinamento penitenziario, ha fatto il punto sulla delicata situazione delle carceri, sempre più affollate. Un problema la cui risposta non può, secondo il garante, arrivare soltanto dalle strutture detentive: «La soluzione non risiede soltanto negli istituti penitenziari: la società ha bisogno di amministratori più coraggiosi».
Un’emergenza che risulta ancora più evidente alla luce del sovraffollamento penitenziario registrato in Emilia-Romagna nel 2025. Soltanto a Bologna, infatti, si contano 818 detenuti, a fronte di una capienza di 507 posti: 90 sono donne e 474 stranieri. E il quadro non migliora nel resto della regione. A Ferrara i detenuti sono 397, per una capienza di 243 posti; a Forlì 158, di cui 23 donne e 64 stranieri, rispetto ai 144 posti disponibili. A Castelfranco Emilia, nel Modenese, se ne contano 83, con una capienza di 191 posti e 29 stranieri. Ancora più critiche le situazioni di Modena, con 593 detenuti per 371 posti (32 donne e 354 stranieri), e di Piacenza, con 543 persone recluse rispetto ai 414 posti previsti (16 donne e 368 stranieri). A Parma si registrano 776 detenuti per 655 posti, 291 dei quali stranieri; a Ravenna 85 detenuti per 49 posti, 39 stranieri; a Reggio Emilia 315 detenuti per 292 posti, 19 donne e 142 stranieri; infine, a Rimini 168 detenuti per 118 posti, 76 dei quali stranieri. Una situazione che diventa ancora più allarmante se estendiamo lo sguardo ai suicidi: nel 2025, in Emilia-Romagna, ce ne sono stati otto, di cui uno a Bologna, uno a Parma, uno a Reggio Emilia e cinque nel carcere di Modena.
Una situazione per la quale serve, secondo il Garante, «la piena applicazione dell’ordinamento penitenziario». Monito che Cavalieri ha rivolto in occasione dei cinquant’anni della legge n.354 del 1975, con cui veniva definitivamente superato il modello custodialistico e inflittivo di matrice fascista e inaugurato un impianto ispirato ai principi costituzionali. In particolare, la norma riconosceva il detenuto come un soggetto titolare di diritti, in conformità con il comma 3 dell’articolo 27 della Costituzione, che pone l’accento sulla funzione essenzialmente rieducativa della pena. Una norma che costituisce ancora oggi l’architrave dell’ordinamento penitenziario italiano, nonostante il fenomeno del sovraffollamento. Affinché questa legge trovi ancora una corretta applicazione serve, secondo il garante, un percorso di riabilitazione mirato per ogni detenuto, anche se la situazione attuale non lo rende possibile: «Per le amministrazioni penitenziarie è particolarmente complesso assicurare la continuità dei percorsi trattamentali ai detenuti, in primis per l’elevato numero di persone che popolano il carcere. A causa di tutto questo, il percorso verso la riabilitazione trova sulla propria strada obiettivi insormontabili».
Per questo motivo, è stato anche organizzato un convegno sul tema per venerdì 5 dicembre, cui parteciperanno, oltre a Cavalieri e al provveditore dell’amministrazione penitenziaria, Silvio di Gregorio, anche l’arcivescovo Matteo Zuppi e i rappresentanti di altre realtà bolognesi e non solo, dal tribunale all’università. Un’occasione per ribadire con forza la necessità di una giustizia umana e non contabile, in cui il rispetto della vittima e la dignità del detenuto costituiscano le vere priorità.