discriminazione
Il senatore Graziano Delrio (foto Ansa)
Un ddl, ovvero un disegno di legge, per contrastare il fenomeno dell’antisemitismo nel nostro Paese, una piaga in continuo aumento che sta davvero facendo alzare i livelli di guardia, soprattutto nei grandi centri urbani. La proposta porta la firma del senatore Pd Graziano Delrio, personalità con una lunga carriera politica alle spalle, dal ruolo di ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni a quello di sindaco di Reggio Emilia – sua città natale – per quasi dieci anni. L’idea di questo progetto legislativo è diventata ancora più forte anche per via della recente manifestazione avvenuta venerdì scorso a Bologna per la partita di basket Virtus-Maccabi (squadra di Tel Aviv). Ciò ha poi portato agli scontri verbali tra il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Il tema dibattuto, alla fine, resta sempre lo stesso: il diritto a manifestare resta indiscutibile e sacrosanto, purché lo si faccia nei limiti della legge e del rispetto reciproco, senza scadere nell’ignoranza della forza bruta e in atti razzisti contro una specifica cultura. Di tutto ciò ne abbiamo discusso con lo stesso Delrio.
Senatore, da cosa è nata questa idea della necessità di un ddl di tale natura nel nostro Paese?
«Tutto deriva da un’osservazione molto semplice: gli episodi di antisemitismo sono aumentati del 400% nell’ultimo anno, in particolare via web. In tutta Europa ormai il fenomeno è in forte crescita, e i canali social e le università sono diventati teatri di discriminazione. Gli atenei, nella fattispecie, hanno perso il loro senso di luoghi del confronto e del libero pensiero; in essi viene proprio impedito di parlare. Parliamo di condizioni davvero stressanti».
C’è davvero una paura dilagante tra la gente di origine ebraica oggigiorno.
«Certo, basti pensare che oltre il 70% degli ebrei in generale non mostra più i segni distintivi della propria cultura, come la kippah, per fare un esempio. Si rifiutano per via delle intimidazioni, per le offese personali. Si respira un clima da anni ’30 e la cosa incredibile è che tutto questo accade nel silenzio generale. Imputare ai cittadini israeliani le nefandezze di Netanyahu è assurdo, come sarebbe assurdo imputare a un cittadino turco o a un cittadino italiano di origine turca le nefandezze di Erdogan. Su questa propaganda d’odio non dobbiamo abbassare la guardia, perché quando si inizia a nascondere una fede, una cultura, allora significa che la democrazia è in pericolo. Non si può far finta di niente».
A quali ambiti punta, nello specifico, la proposta di legge?
«Il ddl agisce su tre campi. La scuola, quindi il livello educativo, per rafforzare l’impegno nell’accettazione delle differenze; le università, per riportarle a luoghi di dialogo e incontro; infine il web, per migliorare l’azione di controllo dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ndr) sulle piattaforme, le quali - per la pulizia dei messaggi antisemiti e razzisti - agiscono solo su base volontaria».
Veniamo ai recenti scontri a Bologna per Virtus-Maccabi. La partita secondo lei andava giocata oppure no? C’erano fin dall’inizio dei rischi reali che si potevano evitare?
«La partita andava giocata, non si può sottostare al ricatto di una minoranza, di un gruppo di facinorosi. Poi sull’opportunità di farla al PalaDozza o altrove questa era una valutazione tutta tra il sindaco Lepore e il ministro Piantedosi».
Cosa ne pensa della faida Lepore-Piantedosi? Chi ha ragione e chi ha torto?
«La responsabilità per me non è da attribuire né a Lepore né a Piantedosi. Gli unici responsabili sono coloro che hanno dato sfogo a quelle violenze».
Piantedosi ha accusato Lepore di antisemitismo. Qual è il suo giudizio su questa affermazione?
«Non credo si possa accusare Lepore di antisemitismo. Ritengo però che si debba mettere tutto sotto la giusta luce, ovvero arginare coloro che intimidiscono e che fanno del male agli altri. Sono certo che il sindaco di Bologna e il ministro dell’Interno si ritroveranno di nuovo insieme per lavorare al meglio».