L'anniversario

Ritratto di Elsa Morante con i suoi amati gatti siamesi (foto da Licenze Creative Commons)

 

Sono già passati quarant’anni. Quattro lunghi decenni senza una delle voci femminili più potenti della letteratura italiana novecentesca. Elsa Morante è morta il 25 novembre 1985, stroncata da un infarto a 73 anni, ma il bello degli scrittori (e una fortuna per i lettori) è che in realtà non smettono mai di vivere, consci del fatto che i loro lasciti letterari, custoditi nell’oggetto libro, tendono con facile gioco all’immortalità. Così le storie di Morante, epiche e popolari allo stesso tempo, ci parlano ancora oggi con la stessa intensità del passato.

L’anniversario della sua morte cade proprio nella giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne, e questo può essere visto come un segno per riscoprire una scrittrice che ha nuotato a perdifiato per gran parte della sua vita in un vasto mare governato da autori uomini, riuscendo a ritagliarsi il suo spazio e a far risplendere la sua arte. Il grande esempio di una grande donna per tutte le donne.

La produzione di Morante spazia dal romanzo alla poesia, passando anche per la forma breve (e per nulla semplice) del racconto e la saggistica, dando prova di una mente ricca di inventiva e di impegno sociale, una mente che detestava certe classificazioni e distinzioni, come il termine “poetessa”, a cui preferiva il più semplice “poeta”, più neutrale, che abbraccia più sensi, proprio come la poesia.

Come dimenticare le parole leggere e cariche di lirismo del romanzo "L’isola di Arturo", ambientato sull’isola di Procida, con il quale vinse il prestigioso Premio Strega nel 1957, prima donna a raggiungere tale traguardo. E che dire invece del pathos contemporaneo de "La storia", suo capolavoro assoluto, un’opera unica che contiene tutte le urla, tutti gli orrori della tragedia della Seconda guerra mondiale, che ha lasciato dietro di sé immense macerie urbane e umane. Un libro davvero insostituibile e difficile da catalogare, degno da solo del Nobel, onorificenza purtroppo mai giunta tra le mani dell’autrice romana.

Nonostante il forte legame con la capitale, sua culla, sua casa, Elsa Morante condivideva anche una lontana connessione, per parte materna, con Bologna, e più in generale con l’Emilia-Romagna. Sì, perché sua madre, Irma Poggibonsi, ebrea originaria di Modena, era una maestra elementare che si formò a Bologna. Un motivo in più per la città Rossa di omaggiare questo importante nome della nostra letteratura, nel segno della qualità narrativa e poetica che la contraddistingueva.