INCIDENTI

(Foto Ansa)
«Io non mi trovo un figlio a casa per colpa di una segnaletica mancante. Solo dopo 15 anni dalle nostre segnalazioni quel maledetto palo che lo ha ucciso è stato messo in sicurezza». Biagio Ciaramella, portavoce di tre associazioni a sostegno delle vittime della strada, è da 17 anni che combatte per ottenere giustizia sulla morte del figlio, deceduto il 31 luglio del 2008 ad Aversa (Caserta). «È una mattanza silenziosa quella sulle strade, e la colpa è sia di chi guida che di chi deve controllare».
Ciaramella arriva subito al cuore del problema, ovvero la mancanza di controlli: «Se si continua a morire in strada è perché non ci sono abbastanza agenti che pattugliano le città. Si guida senza casco, senza cinture, col cellulare in mano. I limiti di velocità ci sono, il nuovo codice della strada c’è, ma chi fa rispettare tutto questo?».
Ciaramella è una voce fuori dal coro sul nuovo codice della strada. «Noi come Aifvs, Aufv e Amcvs siamo stati gli unici a sostenere la legge. Il codice non si toccava dal 1992, era di fondamentale importanza rivederlo, soprattutto per quanto riguarda le misure contro la guida in stato di ebbrezza». Per il portavoce uno dei temi da tenere più sotto controllo è proprio la guida in stato di alterazione, e ricorda la polemica fra Vasco Rossi e Salvini, quando il cantante rock ha criticato la manovra del Mit definendola «pura propaganda». «All’epoca abbiamo inviato una lettera a Vasco per chiedergli di venire a parlare con i tanti familiari delle vittime della strada, ma non ci ha mai risposto. Le persone devono sapersi divertire, non puoi salire in macchina se hai bevuto o se ti sei drogato». Ciaramella è però insoddisfatto sulla prevenzione sul tema, e propone che ci siano più campagne di sensibilizzazione rivolte ai ragazzi e più controlli fuori dalle discoteche. «Meglio ritirare qualche patente in più che ricevere una tragica telefonata».
L’altro grande tema è il problema dell’eccessiva velocità nelle strade, soprattutto quelle urbane. Per Ciaramella una soluzione applicabile da tutte le città sarebbe Città 30: «Apprezzo molto quello che è stato fatto a Bologna, è impensabile che in città si possano superare i trenta chilometri orari, per me bisognerebbe abbassarlo anche a venti». È critico invece sull’utilizzo degli autovelox per prevenire gli incidenti, definendoli «macchinette che servono solo a far fare cassa ai Comuni». Il nodo sta sempre nei controlli: «Prefetture e sindaci dovrebbero mettersi d’accordo con carabinieri, polizia e vigili urbani per controllare le zone più a rischio, soprattutto nei weekend»
«Io non vorrei essere il portavoce di queste associazioni, vorrei solo avere mio figlio a casa, parlarci, litigarci», dice Ciaramella. «Sul piano personale continuerò con la battaglia legale sull’incidente di mio figlio, su cui ancora non è stata fatta luce dopo diciassette anni, tramite le associazioni invece continueremo a chiedere controlli, proseguiremo con le nostre campagne di sensibilizzazione nelle scuole e con l’apposizione di panchine bianche per ricordare i morti in strada».