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Un cane robot (tutte le foto sono di Tommaso Sfregola)

 

Due cani scorrazzano tra un fiume di gente che li fotografa, sorride, prova timidamente ad avvicinarsi e ad accarezzarli. Ma non sono cani in carne, ossa e pelliccia. Sono un composto di alluminio aeronautico, lega di magnesio e fibra di carbonio pitturato di giallo e nero. A guidarli, algoritmi di Intelligenza artificiale supportati da sensori Gps e telecamere. A pochi passi, a un pianoforte, un robot intona una melodia mentre le sue “dita” corrono tra i tasti bianchi e neri dello strumento musicale. Un uomo sovrasta la scena volando tra la folla con un rumorosissimo jetpack. E intanto, tra i molteplici palchi allestiti per l’occasione, si discute del futuro dell’Ia e dello sviluppo tecnologico (rapidissimo e incessante) che non siamo ancora certi se chiamare rivoluzione o ultimo canto del cigno di un’umanità che è forse arrivata alla resa dei conti in quella che è l’eterna sfida con (o contro) se stessa. Teatro e arena del discorso sul futuro dell’umanità e della tecnologia è stato il "We Make Future", tenutosi a Bologna Fiere dal 4 al 6 giugno. Un evento in cui, dietro allo splendore e al fascino degli ultimi ritrovati della tecnica, non ci si è certo nascosti dietro a un dito, affrontando a più riprese tematiche come la sostenibilità ambientale, i dilemmi etici, i rischi per il nostro cervello. A partecipare al dialogo scienziati, politici, giornalisti, artisti, uomini di legge e di religione, intellettuali a favore e scettici. Certo è che il mondo dell’arte e della cultura hanno dovuto accettare (più o meno forzosamente) l’ingresso a gamba tesa di una tecnologia sempre più dirompente tra le proprie fila. In ogni senso, se pensiamo che già oggi esistono non solo artisti che si servono dell’Intelligenza artificiale per produrre le proprie opere, ma anche veri e propri “artisti” non umani, che agiscono quasi in maniera totalmente indipendente. È il caso, goliardico, del “Saremo Ia Music Festival”, un’idea bolognese che ha fatto esibire sul palco virtuale 27 cantanti che non esistono, ma che in realtà esistono eccome, con la loro musica, le loro storie e i loro social. Giacomo Valvola, Er Gastolano, Monaco di Lamiera sono alcuni tra i partecipanti nati dai pochi input che sono stati dati in pasto all’Ia dall’azienda Loop, che ha poi lasciato gli “artisti” selezionati (tra i 50 che avevano “inoltrato” la loro candidatura) ad autogestirsi, creando post e interazioni su Instagram e Facebook, dove rispondevano anche ai commenti degli utenti reali. Le canzoni sono passate anche su Radio 24, senza dire che si trattava di creazioni dell’Ia, e a molti ascoltatori sono piaciute non poco. Durante il "We Make Future" sono stati premiati da una giuria umana i vincitori di questo insolito festival.

Un pianista del futuro?

 

È un caso limite, più spesso l’Intelligenza artificiale viene usata come strumento, come aiuto e supporto per gli artisti, che possono così concentrarsi più sugli aspetti espressivi e creativi che su quelli tecnici e noiosi. Sempre restando nel campo della musica, esistono già svariati metodi per creare sonorità senza dover necessariamente imparare a suonare uno strumento o a cantare. Con Synth Gpt, per esempio, è possibile ottenere centinaia di suoni inserendo un semplice prompt, stimolando la creatività ed efficientando la produzione musicale. Non per niente si parla di “democratizzazione” dell’arte grazie all’Intelligenza artificiale. Tutti possono esprimersi se hanno un’idea in testa. Ciò non toglie che da quell’idea si deve partire, perché l’Ia, come ha sottolineato nei giorni in fiera anche Federico Faggin (“inventore” italiano del microchip) durante un intervento, «non ha una coscienza. Le macchine non hanno intenzioni, sentimenti o sensazioni. Si limitano a eseguire algoritmi e a riconoscere pattern». Sta all’umano, senziente, guidare quello che in un certo senso è l’archivista definitivo, che raccoglie in sé tutto il sapere e da questo sapere può attingere in pochissimi istanti. Ma la funzione creativa, il contatto con la realtà restano prerogativa dell’uomo. Così, in tutt’altro ambito, anche Corrado Formigli, giornalista e conduttore televisivo, ha ricordato l’importanza di vedere e toccare con mano il mondo circostante. Raccontando una sua esperienza come inviato di guerra in Siria, negli anni dell’Isis, ha detto: «La guerra è sangue, è merda, è puzza di morto, corpi in decomposizione. L’inviato serve ancora perché veda l’orrore della guerra e riesca poi a raccontarlo». Così per l’arte, che non può prescindere dall’esperienza umana. Anche nel cinema, che sta subendo il continuo proliferare di migliaia, milioni di immagini riversate nello spazio digitale, l’uomo con le sue idee resta al centro. Philip Abussi, per esempio, è un regista che ha fatto dell’Ia uno strumento per esprimere la sua arte. Ma «in maniera responsabile», ci tiene a ricordare. “Roma Pons Mundi” è un suo cortometraggio del 2023 (una vita fa, per i ritmi della tecnologia), esempio di storytelling cinematografico realizzato con Ia che prova a mostrare Roma come sarebbe vista dall’Intelligenza artificiale, che con il protagonista (Traiano) rappresenta simbolicamente un ponte tra culture e tempi distanti. L’Intelligenza artificiale è protagonista di molta della sperimentazione culturale e artistica che si produce con l’Ia stessa. Sempre nel mondo del cinema, e sempre a Bologna, la casa di produzione Fantomatica ha realizzato il cortometraggio della durata di 13 minuti “The Prompt”. Le immagini e le animazioni sono state generate interamente dall’Intelligenza artificiale, che in 156 inquadrature racconta in chiave grottesca le problematiche legate al suo stesso utilizzo. La storia immagina che l’Ia possa “ucciderci” perché riflette quello che noi le abbiamo insegnato, quindi i nostri valori, i nostri stereotipi, la nostra violenza. «Ci ucciderà – ha spiegato il fondatore di Fantomatica e regista del corto Francesco Frisari – perché per addestrarla le abbiamo dato in pasto i nostri romanzi, i nostri film in cui si uccide». Il corto è stato acquisito e distribuito da Rai Cinema e ha fatto uso dell’Ia per la realizzazione delle immagini e delle animazioni, ma l’idea alla base, il montaggio e la post-produzione sono stati gestiti in maniera tradizionale da esseri umani. Torna quindi il tema del valore delle idee e del controllo artistico umano su strumenti artificiali. Frisari ha tenuto a ricordare che «servono cultura e idee visive, non basta l’Ia da sola. Dobbiamo raccontare e mantenere il controllo», mentre in un altro palco del "We Make Future" il cardinale Matteo Maria Zuppi ha ribadito che «se cresce l’Intelligenza artificiale, dobbiamo fare in modo che cresca anche quella naturale». La responsabilità è quindi di natura etica, nell’ottica di un futuro più giusto e più pacifico, senza farsi schiacciare dall’Intelligenza artificiale ma usandola per il bene. Sempre per Zuppi, che riconosce il valore di “democratizzazione” dello strumento, l’Ia «può fare cose incredibili e aiutare chi non ce la fa».

 

Zuppi al "We Make Future"

 

Non è tutto rose e fiori, quindi, ma certo con le giuste precauzioni e seguendo una rotta etica l’Intelligenza artificiale potrebbe essere davvero un’innovazione utile per uno sviluppo positivo dell’umanità. Resta da capire come lo Stato e la società possano includere questi strumenti in maniera egualitaria e sfruttare le risorse anche per favorire l’arte e la cultura. In una realtà come Aelion, per esempio, un’azienda bolognese che fa delle nuove tecnologie e dell’Intelligenza artificiale un cavallo di battaglia per lo sviluppo delle arti visive, multimediali ed esperienziali, i giovani dovrebbero trovare spazio per esprimersi, lavorare e produrre valore artistico per la società. Il cofondatore dell’azienda, Jacopo Di Crescenzo, crede che lo Stato italiano non faccia abbastanza, e sicuramente meno che in molti altri posti del mondo, per supportare adeguatamente la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. E sottolinea «la necessità di credere nei giovani e nelle nuove aziende, investendo in loro». Il futuro dovrà quindi fare i conti, necessariamente, con l’Intelligenza artificiale e le sue contraddizioni. Spetterà a noi e alle generazioni future evitare che uno strumento fondamentale in molteplici campi, come quello medicoscientifico ma anche quello culturale, sociale e artistico, si trasformi in un incubo caotico svuotando la realtà di senso e significato profondo.

 

L'articolo è tratto dal Quindici n. 5 del 12 giugno 2025