America

Downtown Los Angeles (foto Openverse)
Le voci della città che da due giorni è al centro delle proteste dei migranti e dei cittadini contro gli ultimi provvedimenti del presidente Donald Trump sono voci caute. A tratti spaventate e reticenti. Brian Humprey, Public Information Officier della Stazione 4 del Fire Department di Downtown LA, a due passi dall’area sottoposta a coprifuoco, dice a InCronac@ «che la situazione è tranquilla. Non so che notizie arrivino in Italia, ma la realtà è quella che vediamo noi tutti i giorni. La notte passata è stata una delle più calme delle ultime settimane. Non abbiamo ricevuto nessuna chiamata rilevante connessa agli scontri. Vedremo nei prossimi giorni». A parlare sono anche i cittadini che in quelle zone ci lavorano sei o sette giorni a settimana, almeno quelli che hanno un impiego non subordinato e non sono sottoposti ai rigidi vincoli delle grandi aziende. Chi sta dietro i banconi di McDonald’s, di Starbucks e di altri colossi della ristorazione non vuole e non può esporsi. «Sono in difficoltà, sto lavorando – dice una dipendente della catena di caffè di Seattle - e a causa del contratto non posso rilasciare nessuna dichiarazione, neanche una mia personale opinione, senza l’autorizzazione del mio superiore».
Brian Humphrey del La Fire Department (foto ufficio stampa)
I rapporti con la stampa sono sempre più complessi e anche in forma anonima è difficile instaurare un dialogo che si fondi sulla fiducia reciproca e sulla libertà di esprimere ciò che si pensa davvero. L’impressione è che tra i tanti silenzi si nasconda un certo timore di esporsi e di chiarire anche solo oggettivamente, senza necessità di coinvolgere opinioni politiche e convinzioni personali, i fatti che in questi giorni hanno fatto il giro del mondo. «Va tutto bene, non mi sembra ci sia niente di così grave o eccezionale – dice una receptionist dell’hotel Metro Plaza, un chilometro a nord dell’area sottoposta a coprifuoco - e in questi giorni il nostro albergo è rimasto quasi vuoto». Poco più a sud, invece, c’è l’hotel Little Tokyo, espressione di una LA che non c’è più, la piccola scalinata che porta alla hall e alla lavanderia a gettoni, seduta dietro il bancone risponde una donna con un forte accento asiatico. «La situazione è ok, cos’altro posso dire. Il coprifuoco l’abbiamo avuto ieri sera, ancora non sappiamo se verrà confermato anche stanotte e nei giorni successivi. Alla domanda sulle mie origini preferisco non rispondere». E aggancia il telefono: un indizio di quanto, ancora oggi, il disvelamento di quelle che sono le proprie radici crei un certo imbarazzo in chi proprio in America ha perseguito il sogno di libertà e di progresso. Risposte e silenzi che fanno riflettere.
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