Infrastrutture

Le macchine imbottigliate in code interminabili (foto Ansa)

 

Sono più di trent’anni che la vicenda del Passante di Bologna alimenta il dibattito nazionale. Innumerevoli i cambi di progetto, gli scontri politici e i dietrofront istituzionali che si sono intrecciati nel corso del tempo, rendendo il programma di potenziamento dell'autostrada A14 e della tangenziale una matassa impossibile da sbrogliare. «A rimetterci sono gli stessi bolognesi che - come disse con durezza il 31 maggio il sindaco Matteo Lepore - devono sapere se quei tre miliardi di euro che sono stati stanziati si vogliono spostare altrove». Tra i sostenitori del progetto il primo cittadino di Bologna è sicuramente uno dei più convinti, tant’è che avvisa il governo: «Se il Passante non si farà non solo chiederò i danni a ministero e Società Autostrade, ma chiederò anche che il Governo si prenda la responsabilità di tutti gli incidenti che accadono in quel tratto».
Sulla stessa linea si trova il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, che di recente non è stato da meno in quanto a stoccate all’Esecutivo: «C’è un progetto che è stato approvato e che è pronto per essere cantierato. Ora devono scegliere se realizzarlo o abbandonare Bologna».

A non pensarla nello stesso modo è invece il bolognese Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ed ex viceministro alle Infrastrutture. In un’intervista al "Resto del Carlino" smonta il piano del Passante di Mezzo definendolo «un’opera già vecchia». Secondo l’esponente di centrodestra «proseguire con il progetto sarebbe inutile» e anzi «tra meno di dieci anni, con l’aumento dei veicoli, ci troveremmo nella stessa situazione di oggi». Per Bignami sarebbe meglio «un intervento limitato, un riordino di quel che c’è».

Si associa al parere di Bignami anche Giovanni Salizzoni, urbanista ed ex vicesindaco di Giorgio Guazzaloca, che, anche lui intervistato dal quotidiano bolognese, considera il Passante di Mezzo «una scelta scellerata» che prevede «tempi enormi, costi esorbitanti e dieci anni lavori» che «paralizzerebbero la città». La sua proposta è la liberalizzazione delle corsie di tangenziale e autostrada attraverso l’unione delle dodici corsie attuali. Una soluzione «più semplice e immediata, meno costosa e che si realizzerebbe in un paio d’anni».

Altre alternative? La Lega, attraverso Matteo di Benedetto, aveva condiviso più di una settimana fa il disegno innovativo di un Passante interrato, da San Lazzaro e Casalecchio. «Così da far passare sotto l’autostrada e sopra, al posto della tangenziale, un boulevard alla parigina». Un suggerimento, quello del passante interrato, poco credibile agli occhi dell’architetto Gabriele Tagliaventi, che,commentando sul "Carlino", la proposta della Lega, la definisce “un’idea banale”.

Insomma sembra che il Passante, dopo anni di discussioni e polemiche, non riesca a trovare un punto di incontro che mette d’accordo tutti. Ma Bologna non è nuova a progetti che prima di andare in porto hanno creato dissidi tra fazioni diverse.
Come ai tempi dell’installazione di Sirio, l’occhio elettronico che avrebbe sanzionato automaticamente gli automobilisti non autorizzati a entrare nel centro storico della città. Tra i suoi più grandi detrattori si distinse l’allora sottosegretario di Stato nel Governo Berlusconi, l'avvocato Filippo Berselli, il quale giocò un ruolo chiave nel ritardare l'entrata in funzione del sistema di controllo elettronico. Lo fece sulla base di una legge la quale stabiliva che una multa non fosse valida se non fosse presente un vigile in carne ed ossa al momento dell'infrazione. Solo nel 2005, dopo una modifica al Codice della Strada che ha eliminato l'obbligo della presenza fisica del vigile, Sirio è stato finalmente attivato a Bologna.

Ma riavvolgendo il nastro, certe dinamiche non cambiano. Negli anni ’90, il sindaco Walter Vitali presentò un progetto per una rete tranviaria a Bologna che avrebbe favorito la mobilità urbana con percorsi dedicati e priorità semaforica. La proposta fu inizialmente approvata e finanziata dallo Stato, ma non vide mai la  luce dopo le elezioni del 1999: anno in cui  l’opposizione guidata da Giorgio Guazzaloca si oppose al tram di Vitali, riuscendo a bloccare l’iniziativa. Al suo posto un piano per una metropolitana leggera automatica e un filobus a guida ottica, denominato Irisbus Civis, che si rivelò successivamente un fallimento sotto diversi aspetti tecnici, economici e giudiziari.
Tornando ad avvenimenti più recenti non si può dimenticare la diatriba creatasi tra il sindaco Matteo Lepore e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, in merito al progetto Città 30. La posizione del segretario della Lega fu netta nei confronti dell’implementazione del limite di 30 chilometri all’ora a Bologna. Secondo Salvini non si trattava di una soluzione ragionevole, anzi avrebbe addirittura creato problemi ai cittadini e ai lavoratori. Lepore, tuttavia, non si lasciò convincere dalle numerose lettere del ministro, che lo invitavano ad adeguarsi alle ordinanze comunali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il sindaco continuò sulla propria strada difendendo un progetto, che poi è diventata realtà.