Referendum

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Referendum 2025 (foto Ansa)

 

A cinque giorni dal referendum, il vero protagonista pare essere l’astensionismo. I sondaggi preliminari sull’afflusso alle urne raccontano che gli italiani sembrano preferire il mare al posto del seggio. Secondo "il Sole 24 Ore", infatti, la partecipazione al voto dovrebbe oscillare tra il 31% e il 39%. Se si dovesse recare a votare almeno il cinquanta per cento più uno degli aventi diritto al voto (quorum), la consultazione sarà convalidata, altrimenti resteranno in vigore le norme attuali.

Intanto i partiti si muovono in ordine sparso. Il centrosinistra cerca di scaldare un elettorato freddo, puntando tutto sull’ultimo sprint di piazza. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele De Pascale, dice che «ai referendum voterò tre sì e due no», mentre il centrodestra, più cauto, osserva e scommette sull’astensionismo, come la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la quale afferma: «Andrò a votare ma non ritirerò la scheda».

Per la prima volta in un referendum, però, si potrà votare fuori sede. Tra le province con maggior incidenza di elettori fuori sede, infatti, Bologna si trova al quarto posto con 7.785, con nove sezioni speciali riservate. Da ciò si evince una potenziale forte partecipazione dei giovani alle urne.

Sono quattro i quesiti sul lavoro, per i quali sono state raccolte oltre quattro milioni di firme, e il referendum sulla cittadinanza, depositato con più di 637 mila firme. Tra i punti fondamentali c’è l’abolizione delle tutele crescenti per i licenziamenti illegittimi, che renderebbe più complicato per i datori di lavoro licenziare senza giusta causa. Poi troviamo la limitazione delle deroghe sui licenziamenti nelle piccole imprese, che consentono alle stesse di licenziare con minori obblighi rispetto alle aziende più grandi. Ma anche le modifiche ai contratti a termine, che intervengono su durata massima, rinnovi e proroghe, e il ripristino della responsabilità solidale negli appalti per infortuni sul lavoro, che rende di nuovo corresponsabile il committente. Dulcis in fundo, la riduzione del tempo di residenza per ottenere la cittadinanza, facendo passare da dieci a cinque anni il periodo minimo di residenza in Italia richiesto agli extracomunitari per poterla chiedere.