sanità

Un centro di assistenza e urgenza (foto Ansa) 

 

«La chiusura notturna da luglio dei Cau di Casalecchio, Navile e San Lazzaro è un’opportunità concreta per ristrutturare seriamente i servizi territoriali lasciati all’abbandono istituzionale da troppi anni». Questo, secondo quanto riporta l’agenzia Dire, il giudizio dello Snami di Bologna, il sindacato autonomo medici italiani, sulla proposta annunciata dall’Ausl di Bologna per la riorganizzazione dei centri di assistenza e urgenza nel capoluogo emiliano-romagnolo, con i cittadini che dovrebbero così tornare ad affidarsi alla guardia medica nelle ore notturne dei mesi estivi.

 

La notizia era stata data dall’Azienda unità sanitaria locale con la motivazione della mancanza di personale, soprattutto infermieristico. Affinché la cosa vada in porto, servirà però un accordo tra Regione e sindacati, che ora sembra faticosissimo da raggiungere. «Stiamo ripensando all’organizzazione dei Cau anche nella direzione di una maggiore integrazione con la continuità assistenziale – ha detto ancora l’Ausl – È un percorso in atto che arriverà, nella seconda settimana di giugno alla Conferenza territoriale metropolitana socio-sanitaria». «Ci stiamo ragionando. Stiamo parlando con i sindacati e a metà giungo arriveremo con una proposta, che ovviamente terrà conto del percorso di adeguamento e di sviluppo delle Aggregazioni funzionali territoriali».

 

Contro da sempre a «un progetto che si conferma essere nato male e proseguito peggio», lo Snami sembra essere favorevole a questa proposta, affermando come la continuità assistenziale, per esempio, «necessita di una netta revisione, strutturazione della risposta, potenziamento della retribuzione e degli strumenti di lavoro e non su effimeri verbali d’intesa, peraltro oggi non rinnovati nemmeno dalla stessa organizzazione sindacale che li aveva sottoscritti in solitaria inizialmente». «Modelli e parametri strutturali così come standard di prestazioni del servizio territoriale – continua lo Snami – devono essere chiari e definiti per la continuità assistenziale, per l’emergenza territoriale e per i futuri ambulatori di Aft e così via. Lo stesso vale per i Pronto soccorso, oggetto di un continuo rimaneggiamento "apri e chiudi" in questi anni». Il sindacato dei medici, quindi, chiede che la chiusura dei Cau di notte sia solo un primo passo decisivo per far sì che il sistema sanitario «sia davvero al servizio dei cittadini e rispettoso della dignità dei medici che ogni giorno lo rendono possibile». Servono, però, «programmazione seria, concertazione vera e rispetto delle professionalità coinvolte» mentre i Cau, fin da subito, hanno meritato per lo Snami il «disappunto per quella che, in molti contesti della regione, si è rivelata un'organizzazione dove nemmeno si erano regolate le coperture per assenza improvvisa con i reperibili, inadeguata rispetto alla complessità del contesto e alle priorità che i medici sanno esistere». Sin dall'inizio, l'attuazione dei Centri di assistenza e urgenza, continua l’organizzazione sindacale di Bologna, «è stata il risultato di una programmazione affrettata, costruita su basi fragili, sorda alle osservazioni avanzate e firmata da una sola sigla sindacale attraverso un semplice verbale d'intesa: non un accordo, non un contratto. Un verbale d'intesa, strumento debole, che ha esposto centinaia di medici a una fisarmonica contrattuale equilibrista». Scelta questa che «ha aperto la strada a un sistema caotico, dispendioso e strutturalmente indefinito, che ha lasciato i medici in balia di un'organizzazione mutevole, senza regole chiare né certezze operative. Gli stessi professionisti coinvolti si sono spesso trovati a doversi adattare a continui cambi di rotta, privi di riferimenti stabili e con risorse umane e logistiche distribuite in modo disomogeneo e inefficace con ogni azienda costretta ad arrabbattarsi per garantire, con oneri ancora ulteriori, reperibilità e altro. Il tutto, mentre il vero sistema d'emergenza viene lasciato nel dimenticatoio». «Riteniamo che i lavoratori abbiano diritto a un assetto organizzativo chiaro, stabile e funzionale - conclude lo Snami di Bologna - Un servizio pubblico non può poggiare sulla precarietà gestionale o sulla continua rincorsa all'emergenza di turno».

 

Intanto, la proposta ha raccolto le critiche di Marta Evangelisti, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, che, si legge ancora sulla Dire, ha sostenuto come la decisione dell’Ausl «rappresenta l’ennesima dimostrazione di una gestione sanitaria confusa, improvvisata e profondamente carente. Questi centri, presentati come la svolta per garantire assistenza rapida e diffusa, si rivelano ora un fallimento annunciato, costruito senza una reale pianificazione». «I Cau sono costati milioni, sia in termini economici che organizzativi e ora già si prevede di chiuderli di notte. Ma allora a cosa sono serviti?». Questo l’interrogativo posto dalla Evangelisti che, stando così la situazione, ha anche detto che l’assessore alla sanità Fabi «dovrebbe ammettere con responsabilità e coraggio che il modello Cau ha fallito». La capogruppo di Fratelli d’Italia ricorda anche che sono le «strutture che avrebbero dovuto garantire interventi urgenti h24, dotate di diagnostica di primo livello come esami del sangue, radiografie ed ecografie. Un servizio indispensabile, soprattutto per quelle fasce di popolazione già penalizzate dalla chiusura dei Pronto Soccorso territoriali. E invece oggi, dopo pochi mesi, si sceglie di chiuderli di notte, dalle 22 alle 8, per mancanza di personale. Un'ammissione grave: non ci sono abbastanza infermieri. E come si risolve? Spostando le guardie mediche negli ospedali, smontando la rete territoriale che si era faticosamente annunciata». L'incapacità della programmazione della sanità regionale - conclude Evangelisti - è sconcertante. Si creano nuovi servizi senza fondi adeguati e poi si chiudono tanto alla fine, il conto lo pagano sempre i cittadini, lasciati senza riferimenti nelle ore più delicate, e i professionisti sanitari che lavorano in continua emergenza».