il caso

Il citofono della palazzina di via Zanolini (foto Paolo Pontivi)

 

Via Zanolini è una strada tranquilla, appena fuori Porta San Vitale. Un viale alberato residenziale e pochi esercizi commerciali. Un’agenzia immobiliare e un caffè. Al numero 16, in un appartamento all’ultimo piano, è stato ucciso Giuseppe Marra. Le indagini coordinate dal pm Manuela Cavallo si sono concentrate sin da subito sulla moglie, Lorenza Scarpante, che con il marito condivideva anche il lavoro, un negozio di cannabis legale di via Indipendenza.

«Come ha raccontato il mio titolare ai giornali – dice una dipendente del bar quasi all’angolo con la circonvallazione – la signora è scesa in strada sporca di sangue chiedendo aiuto. Era vestita come se dovesse uscire».

Un dettaglio di non poco conto, considerando che la donna, interrogata dall’autorità giudiziaria, è stata chiara nell’affermare di essersi addormentata la sera prima come in qualsiasi altro giorno, svegliandosi poi la mattina e trovando il cadavere del marito. Ha anche ammesso di aver assunto sostanze stupefacenti insieme all’uomo, rimanendo comunque aperto l’interrogativo sull’abbigliamento indossato dall’indagata al momento della scoperta dell’omicidio.

Gli inquirenti hanno di fronte a loro un ventaglio di ipotesi che devono essere verificate minuziosamente, non potendosi escludere che, proprio in conseguenza dell’uso di cocaina e cannabis, la donna si sia addormentata con gli stessi abiti indossati durante la giornata, poi imbrattatisi di sangue la mattina durante il ritrovamento del cadavere del marito. Questa è un'ipotesi difensiva che la magistratura dovrà valutare.

Va anche detto che la tesi diametralmente opposta è quella che vede la donna come responsabile dell’omicidio del marito. Il fatto che indossasse degli abiti non da notte e imbrattati di sangue è uno degli elementi alla base dell'ipotesi accusatoria che ha portato al fermo della donna. E che risolve la contraddizione sussistente tra le dichiarazioni della Scarpante (quella di essere andata a dormire normalmente) e il dato di fatto rappresentato dall'abbigliamento indossato la mattina successiva.

La palazzina di via Zanolini (foto Paolo Pontivi)

Una vicina, la notte del fatto non era in casa, ma è tornata proprio nel momento in cui Scarpante è scesa in strada per chiedere aiuto: «Non abbiamo sentito nulla perché eravamo fuori – racconta –, ma la mattina, sotto casa, ho visto la signora sconvolta, poverina. Ognuno ha la propria vita, la questione non è che andassero d’accordo o meno. Come vuole che stia una moglie che vede il marito morto nel corridoio?».