recensione

The Holdovers foto Ansa

Dopo l’acclamato Nebraska e la bocciatura della critica di Downsizing, con protagonista Matt Damon, Alexander Payne ritorna alle sue corde più malinconiche.

In The Holdovers Paul Giamatti, in quella che è forse una delle sue performance meno eccentriche, veste gli abiti di un professore di letteratura latina di un college maschile nel Massachusetts in cui ha vissuto quasi tutta la sua vita, prima da alunno e ora da docente. E che ne ha fatto un uomo apparentemente burbero, temibile e non particolarmente amato dai colleghi. All’avvicinarsi delle vacanze natalizie del 1970 il preside della scuola lo obbliga a passare le settimane prima dell’inizio del nuovo semestre insieme a uno degli studenti, scaricato all’ultimo dalla famiglia. A loro si unisce Mary Lamb, la cuoca del college, interpretata da una strabiliante Da’Vine Joy Randolph. Anche lei emotivamente provata da un lutto che l’ha colpita da poco e che sta cercando a fatica di superare. I tre si trovano costretti a condividere le singole solitudini e la malinconia di questo Natale, che forza ognuno di loro a mettere sul piatto le sofferenze personali, quelle più represse e indicibili.

Così parte un viaggio che incorona The Holdovers come il miglior comfort movie dell’anno. A riprova di questo le cinque candidature ai premi Oscar ricevute il 23 gennaio: tra cui Miglior Film, Miglior attore protagonista e Miglior attrice non protagonista. 

 

Nell'immagine, una scena del film. Foto Ansa 

 

Questo articolo è già stato pubblicato nel numero 15 di Quindici, il bisettimanale di InCronaca, in data 1 febbraio 2024