Làbas

È entrato con fare sicuro, Carlo Terrosi, presidente dell’associazione BoArt (una delle “avversarie sconfitte” da Làbas), all’incontro – convocato questa mattina proprio nella sede di Vicolo Bolognetti – per tracciare un punto attorno alla sentenza del Tar Emilia-Romagna e illustrare alla comunità il (nuovo) progetto ora proposto dalle associazioni ex-concorrenti.
Ha srotolato uno striscione in carta pesta e lo ha fissato al muro. Su questo una scritta, a caratteri cubitali: «Legalità». «Voglio partire da qui, dalla “legalità”. Quella che dovrebbe essere la parola cardine della sinistra e invece, a quanto pare, per molti è solo un optional». Presenti all’incontro, anche Simona Sagone – presidente di Youkali Aps – e Franco Nasi – presidente di Vicolo Stretto (altre due delle associazioni che, insieme a BoArt e Comitato Piazza Verdi, hanno partecipato al bando, poi vinto da Nata per sciogliersi, per aggiudicarsi lo spazio di Vicolo Bolognetti). Terrosi, dicendosi «contento e soddisfatto della sentenza del Tar», anche se «i tempi della giustizia sono stati assai lunghi», considerando che è arrivata dopo «ben quattro anni dalla presentazione del ricorso», fa poi un salto indietro…

Indietro sino al 2017. Già all’epoca, per l’assegnazione di Vicolo Bolognetti, venne indetto un primo bando “sperimentale”, vinto sempre da Làbas, che ottenne la concessione dello spazio per un anno. Poi, nel settembre 2019, ecco arrivare il bando vero e proprio, quello che oggi sta facendo tanto discutere. «Questo aveva la durata di quattro anni (con proroga di altri quattro) – ha spiegato Terrosi  –. Ricordo benissimo Otello Ciavatti, storico presidente del comitato piazza Verdi, che subito mi chiese una mano. “Aiutaci a presentare un progetto per aggiudicarci quello spazio”, disse e così ci provammo». Ma le cose non andarono come sperato perché, nel mese di novembre, Osvaldo Panaro – che oltre a svolgere la funzione di Rup (Responsabile unico del procedimento) era anche membro della commissione valutatrice – decise appunto di affidare gli spazi di Vicolo Bolognetti a Nata per sciogliersi. «Un esito che da subito ci è apparso ambiguo – ha detto Terrosi – abbiamo chiesto l’accesso agli atti e, in effetti, tante cose non tornavano». Prima fra tutte, la gestione pregressa di spazi pubblici (uno dei requisiti previsti dal bando). «Dei quindici punti in palio ce ne sono stati assegnati zero, eppure, di gestioni pregresse, ne avevamo eccome. Il comitato piazza Verdi aveva già gestito il locale ‘Le Stanze’ e anche il giardino di San Leonardo, l’associazione Vicolo Stretto le biblioteche comunali e BoArt la residenza di Villa Serena. Quei punti ci spettavano». Secondo poi, il prospetto economico. Quello di Nata per sciogliersi ammontava a soli 2.500 euro l’anno. «Una miseria – ha commentato Terrosi – che ci fai con così poco? Nel loro piano mancavano moltissime voci, come l’Inps, l’Inail, le bollette. Noi, invece, avevamo stanziato 342 mila euro, conteggiando a pieno (per 80 mila euro) anche l’affitto». Eppure, anche in questo caso, i punti assegnati a ex Làbas sono stati comunque maggiori.   
Ma a tutto ciò vanno aggiunte le istanze del quartiere Santo Stefano, che chiedeva di poter sfruttare parte dello spazio di Vicolo Bolognetti per collocarvi gli uffici dei propri servizi sociali. «Una richiesta più che lecita, ma che gli è stata negata – ha detto Terrosi –. All’epoca il quartiere, con a capo la presidente Milena Naldi, aveva già emesso un proprio bando per aggiudicarsi e sfruttare quel luogo, ma il Comune glielo fece ritirare e ne creò un altro, appunto quello del settembre 2019. Ma a loro quello spazio serviva e noi, qualora ce lo fossimo aggiudicato, glielo avremmo certamente messo a disposizione». E, infatti, “Casa Bolognetti” – così si doveva chiamare il progetto delle associazioni – sarebbe stato un «mix tra cultura e solidarietà», per un «uso dello spazio in modo sinergico e partecipato».
Ma dopo questo tuffo nel passato, Terrosi è tornato al presente. «Se siamo qui oggi è per chiedere che il Comune, senza aggravare ulteriormente un contenzioso, non perda altro tempo e ci dia quello che ci spetta – ha affermato –. È stato fatto un danno culturale, sociale ed erariale, e non solo a noi associazioni contendenti, ma all’intera città di Bologna. Il Rup valutatore si riunisca e riattribuisca i valori, così come indicato dal Tar: meno nove punti a Nata per sciogliersi e più quindici a noi». «Il subentro dev’essere immediato, perché la sentenza è effettiva e di tempo se n’è già perso fin troppo – ha aggiunto –. In assenza di un provvedimento di sospensiva, la decisione è ormai quella e Lepore è obbligato ad adempiervi. Ora si deve obbedire, non ragionare». Tuttavia, poiché la sentenza è stata emessa il 18 marzo, il Comune (a partire da quella data) avrebbe, in realtà, sessanta giorni di tempo per presentare appello. Un’ipotesi che a Terrosi non piace affatto. «Mi auguro di no, ma se lo facessero torneremo dai giudici e chiederemo un’istanza di ottemperanza, ossia un provvedimento della magistratura ancor più perentorio – ha affermato –. E, qualora ciò non bastasse, torneremo ancora dai magistrati affinché nominino un commissario prefettizio. A quel punto l’ente pubblico sarà definitivamente fuori dai giochi e ci penserà la prefettura a far sì che la sentenza venga ottemperata». «Non vogliamo essere strumentalizzati – ha aggiunto Simona Sagone, spostando il focus su un piano più politico –. Il Comune ci ha accusati del fatto che, se avessimo vinto il bando, ci sarebbe stata la “privatizzazione” di uno spazio pubblico, ma non è assolutamente così. Se abbiamo presentato ricorso è solo perché c’è stato un errore di valutazione. Noi siamo associazioni no profit, il nostro progetto parlava di inclusione, pari opportunità, altro che profitto o privatizzazione». «Semmai una privatizzazione è stata fatta a monte, ma da parte del Comune – ha confermato Franco Nasi –. Quando hanno deciso di chiudere un centro civico che funzionava per regalarlo a Làbas: quella è stata privatizzazione». In ogni caso, come ha detto Terrosi: «La sentenza è chiara e puntuale, smonta integralmente i punteggi della commissione. Noi eravamo i legittimi vincitori del bando e ora vogliamo che ci venga riconosciuto. È ovvio che la scelta fatta è stata politica e non oggettiva, altrimenti avrebbe vinto la nostra cordata. C’è stata una forzatura». «Mi piacerebbe molto sentire qualche voce, all’interno del Partito Democratico, che riconosca l’errore. Dovrebbero ammettere che il Comune ha sbagliato e impegnarsi affinché viga la legalità».





In copertina: la conferenza stampa di questa mattina nella sede di Vicolo Bolognetti. Foto di Lavinia Sdoga
Nel testo: Carlo Terrosi, presidente associazione BoArt. Foto di Lavinia Sdoga