Alluvione
Il ciclone Boris che ha attraversato l’Emilia-Romagna tra il 17 e il 19 settembre ha riversato al suolo una quantità d’acqua superiore agli eventi degli ultimi sessant’anni. Lo riferisce l’Arpae, l’agenzia regionale per l’ambiente. Durante la perturbazione sono caduti sulla Romagna 360 mm di pioggia che hanno causato l’esondazione di quattro fiumi, l’allagamento di diversi comuni e circa mille persone sfollate. Secondo gli esperti è «più che plausibile che il carattere estremo delle piogge osservate tra il 17 ed il 19 settembre sia da attribuire in parte alle prolungate anomalie termiche in atto ormai dal 2023».
Il rapporto arriva 24 ore dopo l’affondo di Irene Priolo durante l’assemblea legislativa regionale dove ha esposto la difficile situazione post-alluvione dell'Emilia-Romagna.
La presidente facente funzioni (dopo l’elezione di Stefano Bonaccini a europarlamentare) ha espresso forti critiche al governo, sottolineando che il meccanismo commissariale guidato dal generale Figliuolo «non funziona». Priolo ha chiesto che il commissario si dedichi «a tempo pieno» alla regione: «Il suo ruolo - ha detto - non può essere un impegno tra gli altri da svolgere da Roma». Gli attriti sono aumentati dopo che Priolo ha dichiarato che le polemiche sollevate nei giorni dell'alluvione sono state «una pugnalata alla schiena». Il riferimento è alle dichiarazioni del ministro della protezione civile Musumeci che, fin dai primi momenti, si è interrogato sulla gestione delle sovvenzioni governative destinate alla lotta al dissesto idrogeologico.
Il vero problema, ha spiegato Priolo, sono i fondi bloccati nei ministeri, in particolare i 4,5 miliardi necessari per il Piano speciale contro il dissesto idrogeologico elaborato dopo l’alluvione del 2023, fondi per i quali la Regione continua a premere: «Perché per il ponte Morandi sì, e per noi no?». Questo ritardo ha già portato alcuni sindaci, come quello di Faenza, Massimo Isola, a prendere iniziative indipendenti per far fronte ai danni causati dalle inondazioni, con l’annuncio di interventi comunali sugli argini e aiuti alle famiglie coinvolte.
Nell’aula di viale Aldo Moro, Priolo ha ribadito che, nonostante la buona volontà di Figliuolo, «la sua azione non basta» e ha chiesto al governo di approvare «procedure straordinarie e immediate» per sbloccare i fondi necessari alla messa in sicurezza del territorio. La presidente ad interim ha sollecitato per l'attuazione di un modello simile appunto a quello utilizzato per il ponte Morandi a Genova, con iter rapidi per le opere strategiche.
Il dibattito politico ha visto il Partito Democratico chiedere una moratoria delle polemiche, appello che è stato però ignorato dall’opposizione. Fratelli d’Italia e Lega hanno continuato a criticare l'operato regionale, accusando Priolo e la sua amministrazione di inefficienza nella gestione delle risorse già stanziate per la sicurezza idrogeologica, mentre Forza Italia ha tentato di sedare la bagarre, con Valeria Castaldini che ha ricordato come «le accuse reciproche non basteranno a risolvere i problemi». A sua volta, Priolo ha sottolineato che la situazione è insostenibile e che «non possiamo pensare che basti solo il grande impegno del commissario Figliuolo», richiamando nuovamente l’attenzione sul ruolo decisivo del governo nazionale.
Nel frattempo, i lavori di ripristino avanzano con lentezza, mentre i cittadini delle aree colpite, soprattutto nel Faentino, sono esasperati. Il sindaco di Faenza Massimo Isola ha scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per denunciare la mancanza di risposte e la sensazione di abbandono: «I cittadini sono stati lasciati soli. Basta rimpalli di responsabilità». «Non attenderemo oltre le autorizzazioni – ha riferito – inizieremo presto con i lavori per la messa in sicurezza del Marzeno. Il contributo sarà a carico del Comune di Faenza, finanziato eventualmente attraverso le donazioni che arriveranno».
Le polemiche non si fermano qui. Una petizione lanciata online ha raccolto 19 mila firme in una settimana per chiedere una pulizia più attenta dei fiumi, come richiesto dalla candidata di centrodestra alle regionali Elena Ugolini. Anche a livello nazionale, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha cercato di defilarsi dalle responsabilità, affermando che il Piano di messa in sicurezza del territorio «non è di competenza del suo ministero», ma di quello dell’Economia.
Intanto Legacoop Romagna ha comunicato un primo aggiornamento dei danni. «Ai circa trenta milioni di euro del primo evento (l'alluvione del maggio del '23, ndr.), si sommano, solo per le colture, altri 300.000 euro per il secondo», ha riferito la cooperativa. La paura per i 360 associati e i 619 addetti romagnoli è che i rimborsi non arrivino, visto che finora ne sono stati elargiti poco più di cinque milioni e comunque il tesoretto totale per i risarcimenti non arriva neanche a metà di quanto richiesto. In questo clima di tensioni politiche e incertezza, la Regione Emilia-Romagna si trova a fronteggiare la necessità di interventi rapidi, coordinati e finanziati a livello nazionale per evitare ulteriori catastrofi naturali e ripristinare le aree colpite dalle alluvioni.
Nell'immagine: la presidente facente funzioni Irene Priolo assieme alla Protezione Civile.
Foto: Ansa.