adolescenza
«L’ideologia egemonica non lascia spazio alla presa di posizione attiva dei ragazzi. Il clima di repressione del dissenso e la logica di controllo portata avanti dal nostro attuale governo lo dimostrano, come anche nei recenti casi – per quanto isolati – di Firenze e di Pisa». Così il professore di pedagogia Alessandro Tolmelli ha commentato le manifestazioni di venerdì scorso – degenerate in vari episodi di violenza contro i manifestanti, per lo più liceali – in occasione del seminario “Relazioni, affetti, espressione di Sé: immagini dell’adolescenza e contesti culturali”, promosso dai dipartimenti di Arte, scienze pedagogiche e dell’educazione dell’Università di Bologna. «A contribuire alla mancanza di luoghi sociali dove esprimere il dissenso, c’è un forte conflitto generazionale che preme sui giovani a livello globale e che nel concreto si manifesta anche nella realtà politica locale. Ad affliggere i ragazzi – ha detto Tolmelli – c’è un “panico morale” generalizzato, per cui gli adulti riversano sistematicamente le proprie paure e frustrazioni sugli adolescenti».
Per questo, oggi più di qualche decennio fa, è più difficile per i ragazzi dar forma ai conflitti, prendere posizione e manifestare, appropriarsi del diritto più che legittimo di maturare sogni e speranza per il futuro. «In passato, il modello educativo si condensava sul principio violento della repressione – e aveva come conseguenza quella di stimolare la trasgressione della norma imposta – mentre adesso l’adolescenza è associata alla sofferenza e viene spesso patologizzata, ha affermato Maurizio Fabbri, direttore del dipartimento di Scienze della comunicazione.
«Per questo oggi è fondamentale parlare di questa fase di vita: i comportamenti e i valori sono cambiati e, se lo strappo alle regole non è più avvertito come un bisogno impellente, a sostituirlo c’è il problema della rarefazione dei rapporti personali dovuti alla globalizzazione», ha concluso Fabbri.
Anche secondo Tolmelli, quello dell’isolamento è un elemento da non sottovalutare. «Il Covid ha rappresentato una fase altamente emergenziale che ha costretto gli adolescenti a pagare il prezzo più alto: la rinuncia degli spazi formativi per la relazione, a cui i ragazzi hanno risposto con il ritiro sociale». La conseguenza, secondo i relatori, è che i più giovani di oggi trovano nel «principio di piacere consumistico» l’unico spazio rimasto per sperimentare una forma di dissenso "contro-culturale". Ma il modo in cui ogni individuo vive quella specifica fase di esistenza che coincide con l’adolescenza, come ha ricordato Tolmelli, è determinato anche da fattori socio-economici. «Nella vulgata mediatica è tornato alla ribalta il termine “baby gang” che oggi viene erroneamente utilizzato per riferirsi a gruppi informali di ragazzi, spesso appartenenti a classi sociali povere e con un background migratorio. Questi adolescenti, che non hanno la possibilità di isolarsi nella propria stanza – perché spesso non la posseggono – vengono inutilmente criminalizzati». A rappresentare al meglio lo spirito del seminario, il ricercatore brasiliano Yuri Elias Gaspar ha affermato che, per combattere il clima repressivo e omologante, bisogna «ascoltare i giovani, prendere sul serio i loro desideri, mantenendo con loro un dialogo aperto in cui mettersi alla prova».
Giacomo Manzoli, Michele Caputo, Maurizio Fabbri.
Foto: Ludovica Brognoli