art city

Si intravedono tra un’opera trecentesca e l’altra, le sculture di Pegah Pasyar, artista iraniana che dal 25 gennaio all’11 febbraio sarà in mostra all’interno della Galleria Bargellini. Mnemosine è il titolo dell’installazione pensata, insieme a molte altre, all’interno di ArtCity, la manifestazione culturale che per una settimana animerà le vie, i musei e le piazze di Bologna.

«Sono molto soddisfatto di iniziare la nuova edizione di Art City in questo museo – ha spiegato Lorenzo Balbi, direttore del museo d’arte contemporanea di Bologna – È un museo sempre presente nella programmazione di Art City perché si presta molto bene agli allestimenti, questo in particolare». Nella mitologia, infatti, Mnemosine è la madre di tutte le muse e la personificazione del ricordo; per questo, quello della memoria è un tema ricorrente di tutta l’installazione e collega perfettamente le sculture dell’artista iraniana al resto della collezione esposta nella galleria. Si tratta di opere appartenenti a collezioni antiche, accumulate nel tempo, che convivono, tra l’altro, con una serie di oggetti di uso quotidiano, connessi dunque al passato e alla memoria.

«I soggetti principali delle sculture, che in realtà preferisco chiamare strutture, sono i giocattoli, simbolo dell’infanzia di ogni essere umano, incastonati all’interno di forme geometriche che, al contrario, rappresentano la dimensione adulta». Gli adulti, infatti, hanno bisogno di creare una dimensione precisa all’interno dello spazio che abitano, sia fisica ma soprattutto mentale. Eppure questi piccoli oggetti hanno il potere di portare chiunque indietro nel tempo, in luoghi del pensiero spesso lontani. La diversità delle forme e dei colori, inoltre, rappresenta la diversità delle esperienze, anche se alla base i giocattoli sono un messaggio universale di unità. All’inizio delle vite delle persone, durante l’infanzia, non c’è differenza di religioni, razze o nazioni.

«I giocattoli sono tutti vintage; alcuni li ho trovati in mercatini dell’usato, altri mi sono stati donati – continua Pasyar –. La memoria, soprattutto quella, a che fare con l’infanzia, è per me un concetto molto forte. Io ho lasciato la mia casa, la mia famiglia e il mio Paese; la mia arte rappresenta un viaggio interiore, attraverso il mio passato, e nessuno può davvero capire cosa accade dentro di noi».

Una forma d’arte che si trasforma anche in una modalità terapeutica, dunque, attraverso cui l’artista riesce a guardarsi dentro e restituirsi agli altri. «Una volta ho chiesto a una signora di 90 anni perché collezionasse bambole. Mi ha raccontato di aver vissute la seconda guerra mondiale e che la sua famiglia all’epoca non poteva comprare giocattoli. Quelle bambole oggi rappresentano un modo per lei di colmare una parte del suo passato e di esorcizzare ricordi probabilmente dolorosi».

Le opere sono realizzate attraverso una struttura iniziale fatta di tufo, che rappresenta le strutture dove risiedono i ricordi, attorno alla quale si articola l’opera in sé. 

Ingresso gratuito.

 

 Foto concessa dall'ufficio stampa