Guerra

«Coscrizione obbligatoria? Anacronistica». Istituita con la nascita del Regno d’Italia e formalmente abolita nel 2004, la leva obbligatoria non fa parte dell’orizzonte di vita dei giovani italiani da ormai vent’anni, ma il rischio che torni a essere una realtà, che per molti potrebbe risultare drammatica, si fa sempre più incalzante. Mentre i paesi Baltici, insieme a Svezia, Finlandia, Norvegia, Austria e Svizzera, hanno già un servizio di leva obbligatorio maschile, l’esercito italiano – formato da 160 mila militari, la cui quota femminile rappresenta il 6% – versa, secondo il capo di Stato maggiore Giuseppe Cavo Dragone, in condizioni allarmanti per mancanza di personale e di armi. «La domanda di sicurezza è esplosa. Servirebbero almeno 10 mila uomini e donne  in più e anche in quel caso saremmo al limite della sopravvivenza», ha detto Dragone in un’intervista alla “Stampa”.

Di fronte alle minacce di Putin, che dell’attentato a Mosca dello scorso venerdì accusa l’Ucraina e i servizi segreti occidentali, il dibattito sulla reintroduzione della circoscrizione obbligatoria per far fronte a un’escalation di violenza è divenuta una triste necessità anche per i paesi europei. A cominciare da quelli geograficamente più vicini alla Russia, come la Repubblica Ceca o la Germania, che teme di presentarsi impreparata – e con un contingente troppo scarso di uomini – di fronte alle conseguenze di una imminente controffensiva. E in Italia? Per la maggior parte dei giovani, la parola circoscrizione rappresenta un tabù. Ma c’è anche chi, a InCronaca, ha detto di trovarla un’esperienza formativa.

«Di primo impatto, direi che dovrebbe esserci un rifiuto di massa alla reintroduzione della leva. Anzi, trovo assurdo che paesi progressisti come la Svezia impongano un servizio militare obbligatorio. Poi, non so come mi sentirei se vedessi Bologna attaccata, minacciata dalle bombe. Forse scapperei all’estero», dice Natascia, giovane studentessa bolognese. Le fa eco la sua amica Lucrezia: «Non credo nei sentimenti nazionalistici a priori, se attaccassero il mio paese continuerei a trovare la guerra una pratica machista e la coscrizione obbligatoria sbagliata e anacronistica», ha commentato. Di opinione contraria, Emily, studentessa francese ma residente a Bologna. «Se i nostri paesi, l’Italia o la Francia, venissero attaccati, capirei l’esigenza di mandare dei civili addestrati a difenderci. È la scelta più logica e penso che proverei ad andare anche io a combattere, ma con la certezza di poter tornare indietro. Mantenendo un principio di scelta democratica anche in guerra».

A essere favorevole all’introduzione della circoscrizione obbligatoria anche Alessia, giovane lavoratrice: «Se dovessi arruolarmi, mi sentirei utile per la società. La vedo come un’occasione per vedere le cose da un altro punto di vista e per coinvolgere i più giovani nella gestione di situazioni critiche». Sull’esperienza militare come “occasione formativa” la pensa diversamente Ruben, studente universitario bolognese: «Sarebbe inutile sprecare uno o più anni di vita per fare il militare, invece che studiare, lavorare o comunque fare curriculum. Sarei un obiettore di coscienza». In disaccordo sulla leva obbligatoria, ma per diverse ragioni, anche alcune studentesse del liceo Minghetti. «Siamo contrarie all’arruolamento, la guerra devasta i territori e le risorse dei paesi, costringendo a investire in armi invece che nella sanità e nell’istruzione. Non saremo mai schiave del mercato bellico. Se ci dicessero di combattere domani, staremo dalla parte delle resistenze locali». Anche Leonardo, giovane attore romano, è di idee simili. «Andare in guerra per l’Italia? Perché dovrei difendere un Paese che continua a negare i diritti civili, dove fa più notizia la separazione tra Blasi e Totti che l’aumento della depressione giovanile o dei suicidi nelle carceri? Troverei la circoscrizione obbligatoria ideologicamente sbagliatissima». «È una scelta difficilissima, personalmente non vorrei andare, ma alla fine lo farei. Sentirei la pressione sociale di dover difendere il mio paese in quanto “uomo”», commenta d’altro canto Riccardo, studente di economia. «Quando è iniziata la guerra in Ucraina, ho seriamente pensato cosa avrei fatto se fossi stata lì. All’inizio, vedendo le immagini del mio paese distrutto, pensavo che avrei imboccato un’arma. Poi mi sono resa conto che, più realisticamente, mi sarei impegnata in dei progetti umanitari per supportare la pace. Sarei contro la leva obbligatoria anche qui», ha raccontato a InCronaca una studentessa italo-ucraina. D’accordo con lei anche Salvo, giovane avvocato siciliano. «Sono contrario alla guerra, ma non per mancanza di patriottismo. Sono molto legato al mio Paese, ma penso che nel 2024 la guerra non debba riguardare i civili, ma le istituzioni e i poteri forti». «A un certo punto saremo tutti costretti a combattere. Se attaccati e oppressi, a un certo punto reagiremmo, anche in modo violento», ha detto la sua amica Chiara.

 

Foto: Ansa.