strage bologna

Il 2 agosto 1980 «il Mossad era a Bologna», così come ci sarebbero stati anche «Thomas Kram e un uomo e una donna, noti esplosivisti. Il procuratore della Repubblica Ugo Sisti lo sapeva e mi ha detto tutto». Lo ha sostenuto Paolo Bellini, a processo per concorso nella strage del 2 agosto, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Alberto Pederiali.

L’ex esponente di Avanguardia nazionale ha raccontato dei rapporti che, a suo dire, lo legavano all’allora procuratore capo della città Ugo Sisti. Tutto sarebbe iniziato nel 1980, al funerale di Vittorio Bachelet, un caro amico di Sisti. «Mi misi a sua disposizione poco tempo dopo e feci un giuramento al Santuario di Pietralba, tra Trento e Bolzano – ha dichiarato Bellini – Lì mi diedero un santino che mi serviva per riconoscerli».

Secondo l’imputato, il procuratore capo avrebbe assegnato a lui e al fratello Guido «dei compiti precisi», tenendoli però all’oscuro delle rispettive attività. In particolare, Guido Bellini avrebbe dovuto tessere rapporti con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) per «ricucire il lodo Moro». Bellini stesso, invece, si sarebbe recato in vari luoghi, tra cui Bologna, Firenze e l’ospedale di Reggio Emilia, per fotografare persone palestinesi con determinate caratteristiche fisiche per individuare eventuali terroristi. Ma l’ex esponente di Avanguardia Nazionale è stato cauto: «Non posso dire che a commettere la strage di Bologna siano stati i palestinesi - ha dichiarato - dico solo quello io che ho fatto in quel periodo».

L’imputato ha poi ripetuto ancora una volta che quel 2 agosto di quarantaquattro anni fa non si trovava a Bologna bensì al delfinario di Rimini, dove arrivò la mattina presto. Da lì ripartì in macchina con la famiglia e raggiunse il passo del Tonale, in Trentino-Alto Adige, «verso le sei di sera».

Rivolgendosi ai giudici, Bellini ha poi chiesto a più riprese un confronto con l’ex moglie Maurizia Bonini, che smontò il suo alibi nel processo di primo grado. «Lei dice di avermi coperto ma non è vero», ha detto l’imputato, invitando le forze dell’ordine ad analizzare le intercettazioni e sottolineando di «non essere il signore del filmino» girato dal turista Harald Polzer e soprattutto di «non essere un terrorista».

La Corte ha disposto una perizia proprio su quel video, accogliendo la richiesta avanzati dai difensori di Bellini. Un incarico assegnato ai periti Eugenio Premuda e Giacomo Manghi, che avranno venti giorni di tempo a partire da lunedì per stabilire da quale posizione siano state fatte le riprese il giorno della strage. In particolare, la Corte vuole definire se i frame in cui si vede l’anonimo identificato come Bellini siano stati girati dal treno, come sostengono le parti civili (che si erano opposte alla perizia) oppure siano stati fatti da terra, come affermano invece i legali dell’imputato.

Una volta disposta la perizia e terminate le dichiarazioni spontanee di Bellini, il presidente della Corte ha annunciato la chiusura dell’udienza. Il processo riprenderà mercoledì 10 aprile alle ore 10, a cui l’ex di Avanguardia nazionale assisterà in videoconferenza dal carcere di massima sicurezza di Spoleto, dove è detenuto dal giugno scorso.

 

Foto Ansa