i funerali

La cattedrale piena, gremita, per l’ultimo saluto al prete del sorriso, don Giovanni Nicolini. Il feretro è in legno bianco e il Vangelo aperto accanto ai fiori è quello di Giovanni. C'è chi saluta sfiorandolo, mandandogli un bacio, chi versa una lacrima e lascia cadere una rosa. Le musiche e canti sono dei suoi fratelli, melodie che lui proponeva a messa. Sono oltre ottocento le persone nella cattedrale di San Pietro, ai funerali del sacerdote che si è sempre occupato delle persone più fragili, che non riusciva a non piangere davanti alle situazioni di povertà.

Lo ha ricordato il cardinale Matteo Zuppi, che ha officiato la messa, lasciando i suoi impegni al Vaticano. Don Nicolini, monaco della comunità delle famiglie della Visitazione, il 20 marzo avrebbe compiuto 84 anni. Fu anche direttore della Caritas diocesana, assistente nazionale delle Acli, poi vicino ai malati dell'ospedale Sant’Orsola e ai detenuti della Dozza, dove accolse, in un laboratorio artigianale di borse, anche Anna Maria Franzoni, quando venne ammessa al lavoro esterno. 

 

nicolini

 

«Un impegno evangelico nel cambiare le cause dell'ingiustizia, coinvolgendo tutti nell'intelligenza e nella passione per la persona, quella che deve animare la politica nel senso più nobile e alto e che lui vedeva trasfuso nei principi Carta costituzionale - ripercorre Zuppi -. Fino alla fine non ha smesso di ricordarci lo scandalo della povertà».

«Impressionante, tutta Bologna gli voleva bene», commenta Romano Prodi che con Nicolini aveva studiato e assieme a lui firmò il libro “La Pace instabile”. Oggi l’ex premier sedeva in prima fila, accanto al sindaco Matteo Lepore.

«Era bello, ricco, simpatico e intelligente. Quando si fece prete ci fu un pianto generale tra i compagni di scuola. Una persona così, che si sacrifica per tutti, lascia un segno», ricorda Prodi. Tra i presenti anche Yassine Lafram, coordinatore della Comunità Islamica di Bologna, il regista bolognese Giorgio Diritti, la vicesindaca Emily Clancy e l’ex assessore al Bilancio Davide Conte, per celebrare l'ultima volta quell’amore «radicale e tenerissimo, spirituale e nella storia, obbediente, più di tanto pseudo-obbedienti, e libero, personale e comunitario, ecclesiale e civile» che Don Nicolini rappresentava, secondo Zuppi. «La testimonianza di Giovanni ci aiuti a non avere paura ad amare i fratelli che il signore ci dona», conclude.

 

 

Foto Ansa e Apicella