Strage di Bologna

Prima udienza del processo d’appello a Paolo Bellini, già condannato per il concorso alla strage di Bologna del 2 agosto 1980. Udienza alla quale l’imputato ha assistito in videoconferenza dal carcere di Spoleto, in custodia cautelare dopo aver minacciato il figlio del giudice Francesco Maria Caruso, presidente della Corte d’Assise di Bologna che gli ha comminato in primo grado all’ergastolo. Il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) ha detto che per motivi di sicurezza e di personale era impossibile trasferire in maniera sicura l’imputato al carcere di Bologna. Decisione contestata dai legali difensori di Bellini, Antonio Capitella e Manfredo Fiormonti.  «Il diritto costituzionalmente garantito di partecipazione all'udienza non può recedere di fronte a una valutazione amministrativa fatta da un organo amministrativo, valutazione a mio parere emblematica di una cattiva organizzazione del servizio»,  ha dichiarato Capitella. Fiormonti ha aggiunto: «Il Dap dice che non è possibile collocare Bellini nel carcere di Bologna, per motivi di incompatibilità. Ma a Ferrara c'è per esempio una sezione per ex collaboratori di giustizia come Bellini che non sono più sottoposti al programma di protezione». Tema, questo, sul quale la Corte si è riservata di decidere, disponendo «il ripristino del collegamento video» dal carcere di Spoleto «salvo diverse disposizioni».

L’imputato, ex esponente di Avanguardia nazionale, è stato condannato in primo grado all’ergastolo con l’accusa di essere stato il quinto esecutore della strage, nella quale rimasero uccise 85 persone. La difesa ha deciso di impugnare la sentenza sulla base di un fotogramma del video, utilizzato dall'accusa per provare la presenza di Bellini alla stazione di Bologna nei minuti durante i quali c’è stata l’esplosione: si vede una donna con un orologio da polso nel quale le lancette segnano le ore 12.15 o 13.15, orario nel quale l’imputato avrebbe un alibi. Oltre a Bellini, hanno fatto appello anche Piergiorgio Segatel, ex capitano dei carabinieri condannato a sei anni per depistaggio, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condominio in via Gradoli a Roma, accusato di aver fornito false informazioni al pm e condannato a quattro anni in primo grado. Durante l’udienza è stata letta dal giudice a latere Domenico Stigliano la relazione del processo di primo grado, che ha ripercorso le responsabilità non solo degli imputati, ma anche dei servizi segreti deviati e della loggia massonica P2 di Licio Gelli.

 

 

In apertura un fotogramma del video usato dalla difesa per fare appello. Foto concessa dall'avv.Antonio Capitella. Nel testo foto di Gabriele Mento