Quindici

Abruzzo

Il 21 aprile 1945 i soldati polacchi del II corpo d’armata del generale Anders entrarono, primi fra le truppe alleate, a Bologna. Con loro vi erano i volontari abruzzesi del “Gruppo patrioti della Maiella”, una formazione resistenziale unica nel suo genere e diversa da tutte le altre. L’unicità di quella che è nota come “Brigata Maiella” la spiega lo storico Marco Patricelli: «I “maiellini” non erano partigiani, ma patrioti e così si definivano loro stessi.

All’inizio agirono come guide al servizio degli inglesi e in seguito divennero una vera e propria unità combattente. Furono inquadrati nella 228esima divisione dell’Esercito, ma rimasero sempre sotto il comando diretto prima degli inglesi e poi dei polacchi. Gli ufficiali di collegamento, inglesi o polacchi, erano sempre di grado superiore ai comandanti della “Maiella”. I patrioti, inoltre, erano apolitici e apartitici tanto che indossavano la divisa inglese con delle mostrine tricolore senza le stellette regie».

Il primo nucleo, chiamato “Corpo Volontari della Maiella” nacque nel contesto della resistenza abruzzese alla brutale occupazione tedesca. Nel 1943 la regione fu spaccata in due dalla Linea Gustav e i tedeschi applicarono la strategia della terra bruciata: i paesi venivano distrutti, il cibo e gli animali dei contadini sistematicamente rubati, la popolazione costretta ad abbandonare le proprie case. Gli occupanti, inoltre, commisero numerose stragi, come quella di Pietransieri, che alimentarono l’odio nei loro confronti. In tanti decisero di ribellarsi. Fra questi vi era Ettore Troilo, un avvocato antifascista, che, assieme ad altri uomini, si offrì di aiutare gli inglesi come guida nel difficile terreno montuoso dell’Abruzzo interno. Sarà l’ispiratore dell’apartiticità della “Maiella” e il comandante dell’unità. Gli inglesi accettarono la collaborazione, ma posero come condizione la subordinazione militare al loro comando.

Racconta sempre Patricelli: «I primi volontari firmarono, il 5 dicembre 1943, un documento che li impegnava a combattere al fianco degli Alleati per la liberazione dell’Abruzzo». In seguito, a questa piccola formazione si unirono numerosi altri gruppi di resistenti, tra cui quello di Domenico Troilo, un ex ufficiale della Regia Aeronautica, che aveva sofferto la perdita della madre per mano dei soldati tedeschi. Domenico Troilo sarà, per tutta la sua storia, il comandante sul campo della formazione, sempre alla testa dei suoi uomini.

I volontari ebbero il battesimo del fuoco nella fallimentare battaglia di Pizzoferrato, ma in seguito non conobbero sconfitta. Durante l’inverno fra 1943 e 1944 presero parte a numerosi scontri e si guadagnarono la fiducia dei comandi alleati. Terminata, nell’estate 1944 la liberazione della loro regione i patrioti, a differenza di quanto accadeva normalmente, non sciolsero la loro unità ma decisero di continuare a combattere per liberare il resto dell’Italia. In questa seconda fase, dall’autunno del 1944 all’aprile del 1945, gli abruzzesi videro la loro forza aumentare, grazie all’afflusso di nuovi volontari, e furono inquadrati all’interno del II Corpo polacco al fianco del quale parteciparono alle durissime battaglie per la liberazione delle Marche e della Romagna.

Spiega lo storico: «Erano sempre in prima linea e impegnati in piccole azioni di disturbo contro il nemico. Nel suo settore la “Maiella”, che operava come fanteria da montagna, fu sempre la punta più avanzata dello schieramento alleato. Quello degli abruzzesi fu il più lungo ciclo operativo della campagna di liberazione». Durante la risalita della penisola, i patrioti compirono diverse azioni eroiche e colsero numerose vittorie che gli valsero il rispetto e l’ammirazione di amici e nemici. Sono due, in particolare, gli episodi che vale la pena ricordare. Il primo avvenne nelle Marche e fu il salvataggio di un soldato tedesco ferito, abbandonato nella terra di nessuno. Alcuni “maiellini” andarono a recuperare il ferito, ma furono colti di sorpresa dal fuoco tedesco e uno di loro fu ucciso. Il secondo episodio è la presa di Monte Mauro, posizione che sbarrava l’avanzata verso il fiume Senio e che era considerata imprendibile. Fu Domenico Troilo, con un pugno di veterani, a compiere l’impresa il 16 dicembre 1944. Scalarono il monte di notte e assalirono le difese tedesche di sorpresa, senza l’appoggio dell’artiglieria. Dopo la battaglia gli ufficiali tedeschi, esterrefatti, vollero stringere la mano agli uomini che li avevano sconfitti e gli Alleati definirono l’operazione “la vittoria impossibile”. Dopo la pausa invernale l’avanzata riprese nella primavera del 1945. Gli ultimi combattimenti videro impegnata la “Maiella” lungo la via Emilia.

I patrioti abruzzesi giunsero ad Imola, occuparono Castel San Pietro e Ozzano, superarono il fiume Idice. All’alba del 21 aprile 1945 la I e la IV Compagnia erano a San Lazzaro. La “Maiella” entrò a Bologna da Porta Mazzini, accolta dalla popolazione in festa. Un gruppo, nei giorni seguenti, si spinse fino ad Asiago e vi entrò prima delle truppe statunitensi: «Rubarono dei camion agli americani e li superarono», racconta sempre Patricelli. La formazione fu sciolta a Brisighella il 15 giugno 1945. Al termine del conflitto la banda di patrioti creata da Ettore Troilo contava 1.326 uomini. Le perdite ammontarono a 56 caduti e 151 feriti. Gli innumerevoli atti di eroismo sono attestati, solo tra le decorazioni italiane, da una medaglia d’oro, un encomio solenne, 16 medaglie d’argento, 45 medaglie di bronzo, 145 croci di guerra e innumerevoli citazioni nei bollettini alleati. La “Maiella” nel 1960 fu decorata anche con la Medaglia d’oro al valor militare. La decorazione, in realtà, era stata promessa nel 1944 da Umberto di Savoia. Il giorno della consegna però, di fronte ai “maiellini” schierati, non si presentò nessuno. Dietro alla mancata consegna vi erano motivazioni politiche: non si poteva dare la prima medaglia d’oro della guerra di Liberazione a una unità che non aveva giurato fedeltà al re e che non faceva capo a nessun partito.