QUINDICI

«Sembra di stare in un labirinto. È la terza volta che vengo in questa stazione e ancora mi perdo facilmente», afferma Piero, studente di legge a Verona. «Torno a Verona dopo le vacanze di Pasqua e ovviamente a Bologna devo cambiare il treno. Il problema è che la struttura della stazione è disorientante. Le indicazioni sono ovunque, sui pavimenti e sulle pareti, ma sarebbe più utile un unico ascensore che colleghi la hall dell’alta velocità a quella superiore», sottolinea Piero mentre con lo zaino sulle spalle e la valigia in mano corre trafelato nel sottopassaggio che collega le scale mobili all’ingresso di piazza Medaglie d’Oro. In effetti, specialmente per chi non è bolognese o non frequenta spesso la sta- zione ferroviaria, muoversi al suo interno può sembrare complicato. Una volta entrati nella hall principale che dà su piazza Medaglie d’Oro, percorrendo una piccola rampa di scale collocata sulla sinistra, si entra nel sottopassaggio, il cosiddetto “piano -1”. Uno dei luoghi più frequentati dell’intero edificio, dato che, dalla mattina alla sera, anche quando non è l’ora di punta, vede un continuo viavai di persone. Da quel livello si può scendere tramite le scale mobili oppure tramite il secondo ascensore, un mezzo con cui raggiungere anche i vari piani del parcheggio sotterraneo. La struttura è talmente irregolare da rendere difficile il passaggio da un punto a un altro. Per raggiungere la hall sotterranea ci si mette almeno una decina di minuti. Ma per quale motivo appare così tortuoso il percorso tra le due stazioni? «L’intenzione di ampliare la stazione risale a molti anni fa, per intenderci a ben prima che ricoprissi la carica di assessore all’urbanistica nella giunta Coffe- rati – racconta Virginio Merola, sindaco di Bologna dal 2011 al 2021. Due erano le possibilità: espanderla in superficie oppure costruire sotto terra. Credo che l’espansione sotterranea della stazione sia stata una decisione giusta, perché così facendo abbiamo riservato la parte superiore ai treni locali e quella sotterranea all’alta velocità».

 

 

Anche a causa di come è stata ampliata sotto terra, la stazione presenta un’immagine diversa da quella auspicata da altre amministrazioni. Walter Vitali, sindaco dal 1993 al 1999, fu un convinto sostenitore dell’idea di “stazione unificatrice”. «Secondo me l’attuale stazione di Bologna – afferma - non dà un’immagine di stazione come “centro vivo”. La parte dell’alta velocità è spoglia, senza negozi né punti di attrazione. Durante il mio mandato venne presentato in una mostra a Palazzo d’Accursio tra il 1994 e il 1995 un progetto straordinario dell’architetto catalano Ricardo Bofill che purtroppo non venne realizzato e che però avrebbe dato alla stazione anche un aspetto più monumentale. Quel piano prevedeva la costruzione di una stazione come “centro vivo”, nel senso che mirava alla realizzazione di una piazza, una struttura che avrebbe legato le due parti principali della città, centro storico e Bolognina. Inoltre nel disegno c’era una costruzione che avrebbe ricordato le due Torri, dove avrebbero avuto sede i vari uffici amministrativi». Che sembri “incompleta” lo si capisce una volta arrivati sotto. A parte due minibar, la hall si presenta abbastanza “spoglia”.

«La stazione sotterranea è abbastanza facile da percorrere. La segnaletica è utile, la manutenzione buona. I servizi della stazione sotterranea potrebbero però essere migliorati - sottolinea Monica, una signora di sessant’anni che ha origini bolognesi, ma vive a Torino -. Per esempio manca un’edicola e per acquistare giornali bisogna salire nella parte storica, su piazza Medaglie d’Oro. Le panchine per sedersi in attesa dei treni sono insufficienti, nelle ore di punta, rispetto al numero delle persone». Il fatto che il numero di panchine e sedie sia insufficiente emerge in alcuni momenti della giornata. Per esempio, la domenica, dalle 16 in poi, la hall comincia ad affollarsi e il numero di chi aspetta in piedi con il trolley in mano o seduto sul proprio bagaglio o appoggiato alla parete aumenta a dismisura. Dalla hall sotterranea, se si vuole uscire impiegando la metà del tempo, si può raggiungere il secondo ingresso che si affaccia su via Carracci. Se da un lato l’edificio originale che dà su piazza Medaglie d’Oro ricalca lo stile neofiorentino con il quale dopo l’Unità d’Italia vennero costruiti gli scali ferroviari di altre città, dall’altro invece la costruzione situata in via Carracci costituisce la parte più moderna. L’ingresso di via Carracci non è importante solo per raggiungere in pochi minuti l’alta velocità. Una volta varcato l’ingresso, andando dritto e senza scendere tramite le scale mobili, c’è la possibilità di andare all’aeroporto Marconi. Infatti, dalla stazione di Bologna è possibile prendere la navetta che in pochi minuti porta al Marconi. Tuttavia, anche in questo caso, il servizio di navetta incontra pareri tra loro opposti.

«Se guardiamo al collegamento con l’aeroporto, trovo il prezzo del biglietto della navetta troppo alto, 12,80 euro per ogni singolo viaggio», fa presente Sonia, una signora di 55 anni, mentre esce da via Carracci. Di un’opinione opposta è Tito, un settantenne di origini spagnole che ogni anno viene a trovare i suoi famigliari che vivono a Parma: «Vengo da Valencia e da una decina d’anni una parte della mia famiglia vive a Parma. Secondo me è buono il collegamento tra l’aeroporto e la stazione. Con la navetta ci si mette pochissimo tempo», dice sorridendo mentre si accende una sigaretta. Un altro aspetto che può suscitare spaesamento riguarda i parcheggi. Piazza Medaglie d’Oro è riservata al transito di varie linee di autobus Tper.

 

Dalla parte dell’accesso al piazzale est vi è la fermata per il servizio Ncc, mentre dalla parte del piazzale ovest c’è la stazione dei taxi. Per parcheggiare le macchine c’è, dalla parte di via Carracci, un parcheggio sotterraneo distribuito su quattro livelli (i piani -1, -2, -3, -4) e capace di 477 posti, di cui 108 riservati al personale delle Ferrovie dello Stato. Per chi non può fermarsi e parcheggiare, è possibile sostare non più di dieci minuti, il tempo necessario per scendere dalla macchina, recuperare i bagagli e avviarsi verso il binario, la cosiddetta sosta “Kiss and Ride”. Un problema legato a quel parcheggio è la mancanza di indicazioni un po’ prima dei vari punti di accesso.

«Ogni volta che devo prendere il treno per lavoro – aggiunge Sonia –, il mio compagno mi dà uno strappo con la macchina e, con la sosta Kiss and Ride, scendo nel primo livello del parcheggio sotterraneo. Devo dire che, se non fossi una bolognese d’adozione, per me sarebbe difficile trovare l’ingresso al passaggio sotterraneo. Le indicazioni ci sono, ma tutte in prossimità degli ingressi. Sarebbe meglio se ci fossero indicazioni già da via Indipendenza o comunque ben prima del ponte di Galliera». È ormai sera e si ripercorre il sottopassaggio, il cosiddetto “piano -1”, per raggiungere la struttura originale che dà su piazza Medaglie d’Oro senza dover fare il giro passando per il ponte Galliera che collega viale Pietramellara a via Matteotti. Una volta rientrati nell’edificio costruito dal 1871 al 1876 sul progetto dell’ingegnere Gaetano Ratti, si en- tra nella sala d’attesa. In quella parte della stazione è tangibile la volontà della città di Bologna di ricordare uno degli eventi più cruenti degli anni di piombo: la strage del 2 agosto 1980. Infatti nella sala è presente una lapide che riporta i nomi e le età delle 85 vittime di quell’attentato di matrice neofascista che causò anche 200 feriti. Vi sono altri dettagli che conservano il ricordo di quel massacro.

Per chi non è bolognese, può sembrare un’anomalia il fatto che il vecchio orologio collocato sul lato sinistro della facciata storica di piazza Medaglie d’Oro sia fermo alle 10.25, l’ora esatta in cui esplose la bomba. Fa parte della volontà di ricordare anche la decisione di quattro anni fa di ribattezzare la stazione di Bologna Centrale in “Bologna Centrale 2 agosto 1980”. «La scelta di associare quella data al nome della stazione rappresenta un passo importante per l’impegno per la memoria storica di una città come Bologna» afferma Paolo Bolognesi, dal 1996 presidente dell’associazione dei parenti delle vittime della strage del 2 agosto.

«Me lo ricordo bene quel giorno. Io stavo tornando dalla Svizzera, accompagnato da mia moglie. Arrivati a Reggio Emilia, il treno ha cominciato a fare un giro insolito. Mi ricordo che saremmo dovuti arrivare a Bologna Centrale la mattina, mentre arrivammo molto tardi, dovevano essere le tre del pomeriggio. Arrivati, vedemmo che dei nostri famigliari non c’era nessuno ad aspettarci sui binari. Quell’attentato ha ucciso mia suocera, di cui abbiamo riconosciuto il corpo tra quelli portati all’istituto di medicina legale di via Irnerio. Altri tre membri della mia famiglia, tra cui mio figlio, che all’epoca era un bambino, sono stati feriti gravemente. È importante per la città ricordare quanto accaduto, soprattutto considerando il fatto che in quel periodo, prima di parlare effettivamente dell’esplosione di una bomba, c’erano stati vari depistaggi con teorie totalmente false come quella della caldaia difettosa». Per concludere il giro si esce in piazza Medaglie d’Oro e si va verso la Bolognina passando per il ponte Galliera. In angolo tra l’inizio di via Carracci e via Matteotti, sopra una scalinata si ergono due giganteschi blocchi d’acciaio, alti 10 metri e di colore rosso. I due blocchi sono posizionati in modo da guardarsi reciprocamente e, soprattutto, lasciare uno spazio ristretto ma sufficiente per essere attraversato da una singola persona. Quel monumento è il Memoriale della Shoah, progettato dall’architetto Onorato di Manno e inaugurato il 27 gennaio del 2016. «Un monumento come il Memoriale della Shoah è un’ulteriore prova di come tutta la città di Bologna, e non solo ovviamente la comunità ebraica locale, sia costantemente impegnata nel ricordo degli orrori dell’Olocausto», afferma Merola.

 

Ingresso principale della stazione ferroviaria. Foto di Eugenio Alzetta

 

L'articolo è stato già pubblicato su Il Quindici n. 20 dell'11 aprile