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Era alle 13.30 l’appuntamento con Acer per visitare i quattro appartamenti messi in vendita dalla società di edilizia residenziale pubblica in via Grazia Deledda 1. Le attiviste e gli attivisti di Plat (Piattaforma di intervento sociale), insieme a decine di persone in graduatoria per ricevere un alloggio pubblico, non si sono fatti trovare impreparati. Eppure Acer non si è presentata (ufficialmente per «un malessere improvviso di chi doveva aprire») e il portone al numero 1 è rimasto chiuso. A far storcere il naso è stata anche la presenza di alcuni membri della Digos in borghese. «Il dissenso non è molto gradito in città, ho dovuto chiedere se si potessero allontanare un po’ perché non stiamo facendo nulla di male», ha commentato uno degli attivisti.

Sono oltre 6.000 le persone che a Bologna attendono di ricevere un appartamento pubblico, e la decisione di Acer di mettere in vendita 13 alloggi sfitti sta facendo molto discutere. «Questa è solo una piccola parte degli immobili che la nostra regione ogni anno mette in vendita. Ma noi crediamo che sia essenziale recuperarli e che in generale la vendita non sia mai la strada giusta – spiega Luca Simoni di Plat – per questo stiamo lavorando alla stesura di una legge regionale sull’autorecupero».

Tra l’altro lo scorso 2022 è stata approvata una delibera che prevedeva di non vendere più alloggi pubblici. Come mai allora è stato indetto questo bando? Secondo l'ufficio stampa di Acer, questi alloggi erano nel programma di vendita già dieci anni fa; attualmente infatti non si vendono più residenze pubbliche, se non i residui degli anni precedenti. Il problema è che «se non arrivano i soldi per i lavori di ristrutturazione né dal comune né dallo Stato, Acer ha bisogno di vendere per incassare le somme necessarie alla manutenzione del patrimonio immobiliare. Inoltre gli appartamenti in Grazia Deledda si trovano in una palazzina di privati».

Ma, tornando sul tema della mancanza di fondi, la proposta di Plat cercherebbe proprio di risolvere questo problema. Lo scopo della legge, infatti, sarebbe quello di permettere alle famiglie assegnatarie di farsi carico economicamente della sistemazione dell’immobile, per poi chiedere uno scomputo del costo di ristrutturazione sul canone degli affitti. Per Bersani sarebbe necessario giudicare la legge a testo compiuto; detto ciò «Acer ha la mission di ripristinare gli alloggi in sicurezza e nella totale legalità, quindi sarebbe necessario che questo aspetto non venisse a mancare. E per quanto riguarda l’assegnazione? La casa andrebbe a chi la ristruttura rischiando così di scavalcare chi è in graduatoria? O le stesse persone in lista di attesa si farebbero carico dei lavori? Ma ovviamente si tratta di discorsi senza né capo e né coda dato che manca il testo della legge».

Comunque quella dell'autorecupero non è una pratica sconosciuta in città; è, infatti, quello che in parte è avvenuto negli appartamenti in Via Raimondi, via Corticella e via Carracci. «Abbiamo dimostrato che attraverso le nostre forze e le nostre competenze, che ovviamente mettiamo a disposizione, si possono realizzare forme di autorecupero di immobili sfitti e abbandonati. In Via Carracci 63 siamo riusciti a recuperare attraverso il progetto Carracci Casa Comune ben 24 alloggi di edilizia residenziali pubblica destinati al piano di alienazione. Ora lì ci vivono 110 persone e 42 minori e questo è l’esempio concreto dell’impatto che una legge come questa potrebbe avere sulla città».

Bologna non è l'unica città dove sta venendo portata avanti la soluzione dell'autorecupero. Lazio e Toscana, infatti, hanno già approvato una legge su questo tema. Un esempio concreto di questa pratica è quello del Porto Fluviale a Roma dove, a breve, dovrebbero cominciare i lavori.

 

Nell'immagine la manifestazione, foto di Sofia Centioni