Quindici

In Italia solo 28 bimbi su cento, tra zero e tre anni, frequentano un asilo nido. Molto pochi rispetto all’obiettivo di una copertura del 45% entro il 2030 fissato dall’Europa. Un ritardo che impedisce a diverse madri di lavorare e che contribuisce al drammatico calo delle nascite nel nostro Paese. Dal 2019 c’è il bonus nido ora incrementato dal Governo. L’Emilia-Romagna è al 40% e per raggiungere il traguardo di quest’anno investe 70 milioni. E Bologna? La prima città in Italia a creare servizi per la prima infanzia e ha già raggiunto il 45% con sette anni di anticipo. «In settembre - promette l’assessore Ara – apriremo una nuova struttura per 42 bambini, il nido Tempesta a San Donato”. Nessuno ne mette in dubbio la qualità («molto buona», dice Tommaso, papà di due figli). I genitori però lamentano le lunghe liste d’attesa e soprattutto i costi troppo alti. «Con due bimbi al nido spendiamo 700 euro al mese, come un mutuo», protesta una madre. Solo a San Lazzaro da cinque anni il nido è gratis per tutti.

«Il bonus è un importantissimo sostegno per le nostre famiglie, un buon incentivo per iscrivere i propri figli al nido». Daniele Ara, assessore alla scuola del Comune di Bologna, promuove il “bonus nido”, misura creata nel 2017 per contrastare la denatalità e la crisi demografica sempre più acuta del nostro Paese. Bonus che recentemente è stato modificato dalla legge di bilancio 2024, che ne ha aumentato gli importi. Il Governo ha stabilito che le famiglie con un Isee sotto i 40.000 euro, con un figlio nato dopo il 1° gennaio e almeno un altro con meno di dieci anni, potranno avere un contributo economico fino a 3.600 euro. Proprio un mese fa, il 12 marzo, l’Inps ha pubblicato il bando per la presentazione delle domande (con scadenza il 31 dicembre), aperto a tutti coloro con uno o più figli d’età inferiore ai 36 mesi. Le agevolazioni andranno da un minimo di 2.500 euro l’anno (per nuclei familiari con Isee tra 25.000 e 40.000 euro) fino ad arrivare a quota 3.000 (per chi è sotto la soglia dei 25.000 euro). In assenza di Isee, invece, il contributo verrà erogato in misura complessiva non superiore a 1.500 euro annui (136.37 euro mensili). Cifre importanti, a conferma dell’attenzione che oggi, sempre di più, si sta rivolgendo verso il mondo dell’infanzia. Nel panorama italiano, l’Emilia-Romagna è sicuramente tra le realtà più all’avanguardia. Nell’anno educativo 2023/2024, le risorse stanziate dalla Regione per la gestione dell’infanzia sono infatti state di 70 milioni di euro, una somma mai raggiunta sinora.

Il Ministero dell’istruzione ha assegnato all’Emilia-Romagna ben 27,5 milioni per le strutture rivolte ai bambini dagli zero ai sei anni, e il 90% della cifra (25 milioni) è stata destinata proprio alla fascia 0-3,andandosi ad aggiungere ai quasi 7 milioni già previsti dal Fondo Regionale. Un investimento che ha permesso la creazione di un servizio efficiente, capillare e accessibile a tutti. «Negli ultimi due anni – sottolinea Ara - abbiamo usato le risorse del Fondo Sociale Europeo per ampliare l’offerta nei nidi, mettendo a disposizione ulteriori posti nelle strutture convenzionate e sostenendo nuove aperture comunali, per un aumento complessivo di ben centoventi posti».  Quest’anno l’offerta complessiva dei nidi d’infanzia a Bologna ha soddisfatto le esigenze del 45% dell’utenza potenziale; un valore che, se considerate anche le richieste d’iscrizione accolte dopo l’aggiornamento finale della graduatoria delle liste d’attesa, si eleva ancor più sino all’82%. Un risultato significativo, a maggior ragione se rapportato a quello, nettamente inferiore, della media nazionale. Secondo un sondaggio realizzato da Emg per Adnkronos, nel 2021 (ultimo aggiornamento di Openpolis), i posti negli asili nido in Italia erano 28 ogni cento bambini residenti con meno di 3 anni: quasi un punto in più rispetto al 2020 (27.2 ogni cento bambini), ben cinque punti in più rispetto al 2013 (meno di 23 ogni cento bambini). Un dato in crescita, ma ancora ben distante dagli standard europei. Nel 2002, infatti, il Consiglio di Barcellona aveva fissato al 33% il numero di posti che ciascun Paese avrebbe dovuto mettere a disposizione negli asili nido (ciò significa che ogni cento bambini almeno 33 dovevano poter accedere al servizio).

Nel 2022, la quota è stata elevata, fino al nuovo obiettivo del 45% (da raggiungere entro il 2030). Obiettivo da cui l’Emilia-Romagna non è affatto distante, anzi, alcune province lo hanno addirittura superato: Ravenna (48.9%), Ferrara (47.5%); è vicina Forlì-Cesena, con 42.9 posti ogni cento bambini sotto i tre anni. Secondo il report dell’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza, a frequentare il nido nell’anno 2022/2023 è stato il 39,4% dei bambini 0-3 anni (dieci anni prima lo stesso valore era del 29,3%). Andando poco indietro nel tempo, nel 2020-2021, gli iscritti nei 1.152 servizi educativi regionali sono stati 30.869, con livelli ben distinti tra le varie province.

In vetta alla classifica Bologna, con 291 strutture e 8.369 bambini, poi Modena (182 nidi e 5.030 utenti), Reggio-Emilia (139 servizi e 3.996 iscritti) e ultima Rimini (61 asili e 1.697 ospiti). Nella sola città di Bologna ci sono cinquanta nidi comunali a gestione diretta (strutture gestite e coordinate dal Comune attraverso il proprio personale), sette nidi comunali in concessione (strutture comunali affidate in gestione a soggetti terzi privati), due nidi in convenzione (strutture private convenzionate con il Comune) e un nido interaziendale. «Nei nidi comunali a gestione diretta gli educatori in servizio sono 447, i collaboratori 259 e gli ospiti 2.467 – spiega al Quindici l’assessore Ara  –. A questi ultiumi, si affiancano i 412 bambini iscritti nei nidi a gestione indiretta». Tuttavia, tra i due tipi di servizio (pubblico e privato) esistono delle differenze. «In realtà, dal punto di vista della qualità educativa, c’è molta uniformità di offerta – assicura l’assessore –. Ma resta forte il divario in termini di spesa, che nel privato è maggiore».

Il costo effettivo del servizio varia in base all’Isee: nei nidi comunali va dagli zero ai 439 euro (per chi ha un reddito oltre i 40.000 euro), mentre nei convenzionati a rette calmierate, la cifra minima è di trentadue euro e quella massima di 678 (per chi ha un Isee superiore a 45.000 euro). Tariffe che non soddisfano tutti. Anzi. «Io e mio marito siamo due normalissimi lavoratori dipendenti, il suo stipendio è di 1700 euro al mese, il mio di 1500. Abbiamo un solo appartamento, per di più con il mutuo, eppure rientriamo nella fascia di Isee più alta, quella sopra i 40.000 euro. La retta del nido ci viene a costare 575 euro al mese e, se volessimo il tempo prolungato, ne dovremmo aggiungere altri cinquantotto. È una spesa davvero esagerata». A parlare è Giada, madre di una bambina di diciotto mesi, iscritta dallo scorso anno al nido comunale ‘Spartaco’. D’accordo con lei è anche Lucia che ha scelto di iscrivere i suoi due figli, di uno e tre anni, in un nido privato. «Pago una retta di 700 euro al mese, praticamente un piccolo mutuo. Ma nel pubblico c’erano pochi posti rispetto al numero delle domande e le tariffe, seppur con tutte le agevolazioni, non erano basse neanche lì». Inoltre, aldilà del costo, a differenziare gli asili pubblici da quelli privati è anche il sistema d’accesso. «Il vero problema è che a Bologna, quando si presenta domanda di pre-iscrizione per un asilo privato, automaticamente non si può più partecipare al bando per il nido pubblico –  osserva Lucia –. Ma poiché le liste d’attesa per il pubblico sono lunghissime, per essere certi che il proprio figlio abbia un posto, si è costretti a mandarlo in un privato. Ed è proprio questo che ho dovuto fare anche io». Quasi una lotteria la scelta del nido. «Quando si presenta domanda per un nido comunale, vanno indicate otto preferenze – rimarca Giada -. Se non c’è posto nella prima, si slitta alla seconda, poi alla terza e così via. Le graduatorie in effetti scalano parecchio, quindi prima o poi un posto si libera per tutti i bambini, ma fino all’ultimo non hai mai la certezza del ‘dove’.

È possibile che tu riesca a rientrare nell’ultima delle tue opzioni, che potrebbe essere un asilo anche a quaranta minuti da casa… Infattibile». E infatti, si sa, uno dei problemi annosi che da sempre attanagliano il sistema dei nidi è proprio quello delle liste d’attesa. Un problema meno grave del passato, ma ancora molto sentito dalle mamme. A fine agosto 2023, infatti, in graduatoria per un asilo comunale a Bologna c’erano 440 bambini, con ancora cinquanta posti disponibili: un numero inferiore rispetto ai 617 in attesa a giugno o ai 486 di fine agosto 2022. Il trend, insomma, sta migliorando, anche se per centinaia di famiglie l’iscrizione resta ancora una lotteria.  Difficoltà a parte, come giudicano le famiglie la qualità del nido? Per molte famiglie bolognesi quella offerta ai loro bambini rappresenta un’esperienza virtuosa e pienamente educativa. «Quando si trattò del nostro primo figlio, che ora ha sei anni, avevamo esigenze lavorative particolari, per cui decidemmo di iscriverlo in un privato, il ‘Green Corner’ – racconta Tommaso, il papà di Elia e Anita –. Le strutture convenzionate, rispetto a quelle pubbliche, danno sicuramente maggiori garanzie, ma la qualità è alta in entrambi i casi. Anita, per esempio, va al comunale e sta facendo un’esperienza unica, forse anche migliore di quella di Elia. Sia nel pubblico che nel privato il sistema funziona ed è molto efficiente».

Intanto, l’amministrazione si sta già muovendo anche in vista del prossimo anno. «Abbiamo reso disponibili 2.100 domande d’iscrizione, 1.541 nei servizi comunali e 558 nei servizi privati, che potranno essere presentate sino al 16 aprile – anticipa Ara al Quindici –. E da settembre, per arricchire l’offerta, ci saranno anche i 42 posti del nuovo nido Tempesta, nel quartiere San Donato-San Vitale, aperto grazie a un fondo del Comune di 500mila euro». Bologna promossa a pieni voti, insomma, ma non per i costi e le liste di attesa. E dire che ai confini del capoluogo, a San Lazzaro, è stato realizzato un piccolo miracolo, il nido gratis per tutti, a prescindere dal reddito o dall’Isee delle famiglie. È stata la sindaca Isabella Conti a volerlo con tutte le sue forze. Dopo un esperimento a Castel de’ Britti, con il Falò, il primo nido totalmente gratuito partì l’idea di eliminare le rette. Grazie anche al contributo della Regione, che assegnò al Comune 159.757 euro, la misura fu messa in atto già da settembre 2019. A beneficiarne sono trecento bambini, praticamente l’intera platea di fascia 0-3 anni. Come è stato possibile azzerare il costo per le famiglie?  «Al Comune di San Lazzaro - spiega Isabella Conti - i nidi costano, nel complesso, circa due milioni e mezzo di euro. Dalle rette entravano nelle casse comunali 480-500 mila euro. Siamo riusciti a recuperare questi soldi attraverso la lotta agli sprechi. Abbiamo ripreso fondi dall’evasione fiscale e fatto un piano di efficientamento energetico, sostituendo il sistema d’illuminazione cittadino e risparmiando così 500mila euro l’anno». Un grande risultato grazie al quale, dice la sindaca «si è riusciti a risollevare le famiglie da una spesa che sulle loro spalle gravava enormemente».   

 

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L'articolo è stato già pubblicato su Il Quindici n. 20 dell'11 aprile