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C’è un filo che lega l’industria della carne e gli allevamenti intensivi alle lobby e al potere politico. Per scoprirlo, la giornalista d’inchiesta Giulia Innocenzi e il regista Pablo D’Ambrosi hanno intrapreso un viaggio di cinque anni tra diversi paesi europei, confrontandosi con allevatori, multinazionali e istituzioni e svelando i retroscena che si nascondono dietro le aziende di carne e formaggio. Ne è nato "Food for profit", un docufilm con approccio cinematografico realizzato con l’ausilio di telecamere nascoste, oggi presentato in Regione dal Gruppo Europa Verde e anticipato da una conferenza in cui l’autrice ha dialogato con la vicepresidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e della capogruppo verde, Silvia Zamboni. «È un momento informativo utile e come istituzione siamo lieti di poter proiettare il film – spiega Zamboni –. La politica agraria comune è da sempre per i Verdi un elemento di debolezza nell’amministrazione dell’Unione Europea, un settore che dispone di grandi risorse che non sempre vengono indirizzate al tipo di agricoltura biologica che noi sosteniamo. A differenza dell’Emilia–Romagna dove, nell’ultimo piano di sviluppo rurale, sono stati destinati il doppio delle risorse all’agricoltura biologica (190 milioni di euro) rispetto a quella confezionaria (60 milioni). Personalmente condivido diversi punti di critica che emergono nel film».

 

«L’Emilia–Romagna è una delle Regioni in cui il documentario ha suscitato maggiore interesse e che più si è spesa per divulgarlo – racconta Innocenzi –. L’avvio però non è stato facile perché i distributori pensavano che questa pellicola portasse esclusivamente problemi e pochi incassi. A oggi però si tratta del quarto film più visto nelle sale italiane». Una denuncia che ha sollevato diverse critiche e ha fatto collezionare ai registi quattro diffide: «La prima è arrivata da un’azienda presente in video, la seconda da un allevamento che non è nemmeno nelle immagini, la terza da un'ulteriore produttrice di carne e, infine, la quarta dall’eurodeputato Paolo De Castro che ci ha chiesto di rimuovere tutti i contenuti che lo riguardano, interviste comprese».

 

Secondo la giornalista, non esiste un Paese europeo dove la situazione degli allevamenti intensivi è più drastica delle altre, perché «il modello Usa è stato importato un po’ ovunque». Così nelle immagini che scorrono, vengono riprese le industrie di carne suina spagnole «che non rispettano nessuna normativa europea», le vacche da latte in Germania «imbottite di antibiotici», gli episodi di caporalato nel Lazio e «gli orrori delle aziende di pollame in Veneto in cui i volatili che non rispettano determinati standard vengono trattati come scarti e barbaramente trucidati».

 

«Alla Regione chiediamo di smettere di elargire sussidi pubblici a un settore che già riceve ingenti investimenti, di bloccare i nuovi allevamenti intensivi e organizzare assemblee di cittadini perché siano loro a decidere come investire i soldi, non lobby e istituzioni – conclude Innocenzi –. Credo che questa pellicola faccia riflettere le persone e faccia capire loro che la rivoluzione per una qualità di vita più sana senza sfruttamenti di animali, episodi di caporalato e inquinamento inizia dalla loro forchetta».

 

«In Emilia–Romagna abbiamo 288 allevamenti intensivi di pollame, 141 di suini e 50 di scrofe – conclude Zamboni –. Dal 1989 il piano territoriale paesaggistico territoriale prevede il divieto di aprire allevamenti intensivi nelle zone collinari e montane e in corrispondenza delle aree di ricarica delle falde acquifere, e questa è una buona notizia. Ma le dinamiche del settore agricolo e degli allevamenti sono spesso poco chiare, anche a livello europeo: come Gruppo Europa Verde continuiamo a batterci affinché le normative vengano rispettate».

 

Da sinistra: Giulia Innocenzi e Silvia Zamboni. Foto di Riccardo Benedet 

 

In copertina: la locandina del film