Quindici

Dopo il ritratto colorato e sgargiante dell’Elvis Presley raccontato da Baz Luhrmann nel biopic del 2022, la regista Sofia Coppola racconta l’altro lato del mito – quel lato privato, nascosto e per certi aspetti oscuro del re del rock‘n'roll. Priscilla, presentato all’80esima edizione del Festival di Venezia e tratto dalle memorie di Priscilla Presley (nonché sviluppato con l’approvazione dell’autrice: dettaglio non scontato), racconta il rapporto con il marito dal primo incontro della coppia alla rottura, nel 1974.

Condensato in questo modo, il film può sembrare troppo lineare, talmente scolastico da essere didascalico. In realtà, Coppola non dimentica mai chi sia la protagonista della sua storia – interpretata da Cailee Spaeny –, riuscendo a restituirne un ritratto delicato che resta sempre in primo piano e rifiuta di farsi inglobare dal personaggio di Elvis (Jacob Elordi).

Quando si conoscono è il 1959, lui è già famoso e ha 24 anni; Priscilla, 14. Il carisma di Elordi rende fin troppo facile dimenticare quella differenza d’età, che comporta un evidente squilibrio di potere all’interno della coppia. La regia di Coppola, tuttavia, ricorda costantemente allo spettatore questo squilibrio e lo costringe ad assistere impotente mentre Priscilla inizia a vivere in attesa delle telefonate dell’uomo di cui è innamorata, a vestirsi, tingersi i capelli e truccarsi come vuole lui, a fingere di non vedere le prove sempre più manifeste dei suoi tradimenti. Ciononostante, dalla pellicola trasuda l’affetto che Priscilla Presley prova ancora oggi per l’ex marito, raccontando una delle storie d’amore più famose del mondo della musica senza avere paura di mostrarne le ombre.

 

Foto Ansa

Questa recensione è stata già pubblicata nel supplemento Quindici lo scorso 27 marzo