Quindici

«Penso che il motivo di grande discussione sia non tanto il giorno di sospensione che il consiglio d’istituto ha deliberato, bensì è il motivo religioso sottostante per cui è stato fatto. Altrimenti non ci sarebbe stato questo polverone, diciamocelo chiaramente. Su questo io ho il massimo rispetto della scuola che ha deliberato, se lo ha fatto rispettando la propria autonomia, per garantire i termini minimi di erogazione del servizio didattico». Con queste parole Fernanda Vaccari, dirigente scolastica del liceo scientifico Copernico, condensa il pensiero di presidi e insegnanti delle scuole bolognesi. Alcuni sorridono, altri protestano contro gli attacchi che il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara hanno rivolto all’istituto comprensivo Iqbal Masih di Pioltello, alle porte di Milano est. Il plesso ha deciso di sospendere le lezioni mercoledì 10 aprile, in occasione della festa per la fine del Ramadan (Eid al Fitr). Per Salvini la scelta è «inaccettabile, contro i valori, l’identità e le tradizioni del nostro Paese», mentre Valditara ha avviato un’ispezione dell’istituto per capire se le procedure burocratiche siano state seguite correttamente. Nella bagarre generatasi a farne le spese sono studenti e insegnanti, sommersi da insulti e minacce, come denunciato anche dal dirigente Alessandro Fanfoni, che si è visto costretto a ripetere il voto di delibera lunedì 25 marzo, accogliendo la richiesta del ministero di indicare in maniera piu netta e chiara le motivazioni didattiche. In seguito anche il presidente Mattarella ha manifestato vicinanza e apprezzamento per il lavoro dei docenti, dopo le settimane di tensione. Tuttavia, nel mondo della scuola bolognese aleggia il sospetto che il polverone sia motivato politicamente, visto che l’autonomia scolastica permette giorni di chiusura e le scuole ne fanno normalmente uso. «Noi abbiamo chiuso un giorno a Carnevale, che è una festa un po’ goliardica. Non vorrei che Valditara pensi che ci sia una laicizzazione spinta nella nostra scuola per questo» scherza Gianluca Gabrielli, maestro di matematica alla primaria Federzoni (istituto comprensivo 5). «Dalla riforma del Titolo V della Costituzione in poi, la competenza di stilare il calendario scolastico all’interno di una regione è della Regione stessa – spiega Salvatore Rinaldi, presidente provinciale bolognese dell’Associazione nazionale presidi (ANP) – Le scuole, fermo restando alcuni limiti tipo non poter scendere sotto i 200 giorni di lezione, possono scegliere di adattare il calendario alle proprie esigenze». Attraverso una precisa procedura, ai plessi è permesso di decidere giorni di sospensione e attività extra-scolastiche. È il consiglio d’istituto, organo che riunisce i rappresentanti di docenti, alunni e personale scolastico, a fissare queste date tramite delibera. «Tale documento è poi inviato all’ufficio scolastico regionale (che rappresenta il ministero a livello territoriale, ndr.), ma è una comunicazione, non una richiesta di autorizzazione» ricorda Rinaldi. Cosa che all’Iqbal Masih sarebbe avvenuta nel consiglio del 19 maggio 2023. La chiusura per il dirigente Fanfoni ha motivi didattici: la scuola è frequentata per un 43% da ragazzi di fede islamica e già negli anni passati, per l’Eid al Fitr, gli studenti presenti in aula erano pressoché dimezzati. Tornando sotto le Due Torri, la composizione delle classi sembra invece risentire della tipologia di scuola: infatti mentre nei licei le percentuali di studenti di origine straniera è alquanto bassa (intorno se non inferiore al 10% tra liceo scientifico Fermi, Sabin e Copernico), all’istituto tecnico-professionale Belluzzi-Fioravanti si tocca il 30%, mentre Gabrielli (Federzoni, istituto comprensivo 5), dichiara: «Nella mia classe il 70-80% dei bambini hanno nonni o genitori da Paesi esteri». Inoltre alcuni genitori riferiscono di classi in cui il numero degli studenti che seguono il digiuno sia elevato, fino al caso di una sezione con un solo studente non impegnato nel Ramadan. Nonostante i presidi interpellati non ritengano necessario, nel loro caso, prevedere giorni di sospensione della didattica, tutti sono unanimi nel difendere l’autonomia scolastica. «Io penso che l’informazione si dà sui numeri e le opinioni si formano poi su quelli – sostiene Rossella Fabbri, del liceo Sabin – Quindi non condivido le parole del ministro Valditara perché non vedo nessuna questione, non c’è qualcosa da discutere perché è il consiglio d’istituto che prende queste decisioni e se i ragazzi non vengono a scuola è inopportuno che si faccia lezione lo stesso». Per altri le critiche del Ministero lasciano perplessi, «se non altro perché è una tipologia di adattamento del calendario scolastico – dice Fulvio Buonomo del Fermi – Ci sono scuole che magari chiudono per Carnevale o per la settimana bianca. Poi si recuperano i giorni e se tutto viene svolto secondo le regole, non mi sembra una cosa fuori dal comune». Sul versante di famiglie e scolari, la comunità islamica bolognese ha preso l’iniziativa a Pioltello come un possibile grimaldello per aprire un dialogo, internamente alla umma e col resto della cittadinanza, su come rendere la scuola più inclusiva e rispettosa dei momenti di festa dei vari gruppi sociali e religiosi, sempre più numerosi nei nostri istituti. «Una scelta intelligente e rispettosa. Se apri una scuola con metà delle classi assenti, alla fine è un danno per la scuola stessa. Perché poi i prof. devono fare dei recuperi mirati per i numerosi assenti» riflette Fatima Edouhabi, presidente dell’associazione culturale italo-marocchina Sopra i ponti. L’Eid al Fitr è difatti una delle principali ricorrenze del calendario religioso dell’Islam. La festa prende avvio dal tramonto dell’ultimo giorno del mese di digiuno islamico (Ramadan), quest’anno il 9 aprile, e continua nella giornata successiva in momenti di convivialità, preghiera e festa per la comunità musulmana. Se globalizzazione e immigrazione sembrano aprire scenari in cui è difficile immaginare che dibattiti come questi non vengano ciclicamente a galla, sul che fare le posizioni si biforcano. «Quando noi in classe parliamo di religioni l’attenzione cresce tantissimo. Gli alunni vogliono sapere le religioni del passato, ma anche quelle di oggi. Per me questa curiosità è la soluzione. Nel contesto odierno forse non avere due ore di insegnamento della religione cattolica, ma avere uno spazio di insegnamento delle religioni nell’ambito degli studi sociali e storici potrebbe essere un ottimo compromesso per includere tutti» spiega Gabrielli. «La scuola deve essere laica per tutti, vale per i musulmani come per i cattolici. La scuola è dello Stato e il nostro non è uno stato religioso: la laicità è il modo per essere davvero accoglienti con tutti» chiosa invece Fabbri.

 

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Questo articolo è già stato pubblicato nel Quindici numero 19 del 27 marzo 2024