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Dopo anni di battaglie, è stato raggiunto un importante traguardo per i riders. L’11 marzo, grazie all’appoggio di Estonia e Grecia, è stata approvata in Unione Europea la direttiva sui lavoratori delle piattaforme che impone la loro contrattualizzazione come subordinati. «Sul lobbismo delle piattaforme, che hanno fatto pressione per anni, ha prevalso il lobbismo dei lavoratori – dice Riccardo Mancuso esponente locale per la rete RiderXiDiritti –. Sono riusciti a influenzare il processo decisionale a livello europeo entrando nelle istituzioni, con dei collettivi anche al di fuori dall’Europa, a testimonianza del fatto che l’importanza di questa battaglia è globale. È un precedente che condizionerà anche gli esiti nei paesi fuori dall’Unione». A fine 2023, erano circa 5,5 milioni i riders in Europa e, in base agli ultimi dati disponibili, circa 700 mila in Italia. Quando nei mesi scorsi in Unione Europea è stata presentata la direttiva, gli obiettivi da raggiungere erano principalmente due: inversione del cosiddetto onere della prova e trasparenza dell’algoritmo della piattaforma. «L’obiettivo più importante che abbiamo centrato è il riconoscimento del lavoro dipendente, quindi il vincolo di presunzione di subordinazione – spiega Mancuso –. I lavoratori della piattaforma verranno considerati e contrattualizzati come lavoratori dipendenti. Con l’inversione dell’onere della prova, dovrà essere l’azienda a farsi carico delle spese processuali, qualora volesse dimostrare che non lo sono».

 

Inoltre, è importante anche capire come la tecnologia dell’applicazione influisce sulla vita del lavoratore, «ora le piattaforme saranno obbligate a dare informazioni sull’utilizzo dell’algoritmo. Anni fa, nel pieno delle prime mobilitazioni sul tema, emerse che dietro al suo funzionamento c’era qualcosa di molto preoccupante: i lavoratori che si organizzavano collettivamente e decidevano di scioperare subivano degli svantaggi» racconta Mancuso. Proprio su questo tema, nel 2020 fu emessa un’ordinanza dal Tribunale di Bologna contro la piattaforma Deliveroo, con la quale si condannava l’azienda al risarcimento nei confronti delle sigle sindacali sulla base dell’assunto che «l’algoritmo elaborato dalla società al fine di stabilire le modalità di accesso alla prenotazione delle sessioni di lavoro tramite la piattaforma digitale avesse carattere discriminatorio». Ma ancora rimangono degli aspetti da migliorare, come quello della gestione del servizio in caso di condizioni meteo avverse e della sicurezza personale. Di pochi giorni fa la notizia dell’aggressione di un ciclo-fattorino a Bologna, perché aveva parcheggiato la sua bicicletta nell’androne di un palazzo dove stava completando una consegna. In questi casi, da chi viene tutelato il lavoratore? A volte è necessario l’intervento di un giudice per colmare l’assenza di diritti. Il tribunale di Milano recentemente ha dichiarato antisindacale la condotta di Uber Eats, che a giugno ha chiuso la sua attività in Italia lasciando a casa circa 4 mila lavoratori senza alcuna tutela.

 

Adesso tocca all’Italia decidere se e quando rendere esecutive le norme della direttiva Ue, in un ambito in cui ci sono stati alcuni cambiamenti, ma non hanno riguardato tutte le piattaforme. Just Eat nel 2021 ha introdotto le assunzioni con contratto di lavoro dipendente (Contratto take away) segnando un punto di svolta nel settore e una momentanea vittoria delle mobilitazioni. Attualmente, lo stato dell’arte dei lavoratori, secondo il network RiderXiDiritti, è però di frustrazione generale per come questo contratto di subordinazione è stato messo in atto. «La direzione della contrattualizzazione è quella giusta, però è stata messa a terra in modo non soddisfacente da parte dell’azienda – dice Mancuso –. Molti lamentano il fatto che la maggior parte dei contratti sono part time, che solo dopo 24 mesi c’è un aumento della tariffa oraria e che le distanze da percorrere sono ancora spropositate rispetto al mezzo che si utilizza». Intervistando alcuni platform workers, c’è chi invece si ritiene parzialmente soddisfatto del contratto da dipendente. Laura (nome di fantasia), 48 anni e lavoratrice da 3 anni per Just Eat, con un contratto part time di 15 ore a settimana è riuscita a ottenere un finanziamento per pagare un debito. «I primi due anni di contratto vieni pagato 8,50 euro lordi all’ora, che comprendono 1 euro di tredicesima e quattordicesima, da sommare al bonus consegna di 0,37 centesimi e il rimborso chilometrico di 0,15 centesimi per i motorini e 0,6 per le bici – spiega Laura –. Dopo 24 mesi, scatta l’aumento della tariffa oraria (9,60 lordi) e viene eliminato il bonus consegna, mentre tredicesima e quattordicesima vengono pagate a parte in busta paga. E poi abbiamo tutti i diritti dei lavoratori dipendenti, quindi malattia e ferie pagate». Non mancano però delle crepe, per un impiego relativamente nuovo e difficile da regolamentare. «Un problema tuttora non risolto è sicuramente quello del maltempo e della sicurezza, fondamentale per noi riders – dice la lavoratrice –. Anche se vige un accordo nel quale il sindacato dichiara che in caso di maltempo dovremmo essere tutelati e andrebbero evitate situazioni di pericolo, spesso e volentieri anche con pioggia torrenziale e vento forte il servizio non chiude o chiude solo per 10 minuti, mettendo a rischio la nostra incolumità e salute».

 

Ugl Rider, sindacato nato a Roma nel 2019 dai lavoratori e per i lavoratori delle piattaforme, nel 2020 ha sottoscritto il Contratto Nazionale “Ugl Rider”, primo contratto collettivo nazionale in Italia e in Europa, che integra il lavoro autonomo con strumenti di sostegno e protezione. «Il compenso previsto dal contratto nazionale rider è di un minimo di 10 euro all’ora lavorata, con picchi in certe giornate e a certi orari che superano anche gli 11/12 euro – spiega Emanuele Zappalà, sindacalista di Ugl e rider per Deliveroo –. Sono previsti anche tre bonus ogni 2mila consegne: il primo e il secondo da 600 euro e l’ultimo da 300». Anche in un contratto come questo, che classifica i riders come lavoratori autonomi, non mancano le assicurazioni, «siamo coperti anche noi dall’Inail e anche per i danni contro terzi» dice Zappalà. I principali vantaggi di non essere un subordinato ricadono sulla facoltà di scelta del lavoratore, «posso accettare o rifiutare un ordine, posso decidere di non andare in una determinata zona o di non accettare un cliente, se fossi un dipendente questa libertà non l’avrei – dice il sindacalista –. Ci sono persone che, con la partita Iva, riescono anche a guadagnare fino a 4mila euro lordi al mese, lavorando 10/12 ore al giorno. Certo, non è tutto oro quel che luccica, però, non è nemmeno schiavismo, come molti lo dipingono. Noi abbiamo provato a tracciare un percorso come sindacato e abbiamo iniziato a parlare di autonomia, che tuttora ci sembra essere la soluzione migliore». Ma non sono mancate delle accuse di illegittimità rispetto a questo contratto. Su tutte, l’ordinanza del 30 giugno 2021, in cui il Tribunale di Bologna affermava che il Ccnl Ugl Rider doveva essere disapplicato, poiché il sindacato non venne considerato «rappresentativo sul piano nazionale».

 

 

L'articolo è stato pubblicato sul Quindici n°18 in data 14 marzo 2024. 

Foto: Ansa