protesta

Icona di stile e collezionista di opere d’arte, Cecilia Matteucci è una celebrity di cui la città di Bologna va assai fiera. Ma il suo carattere spigliato, a volte quasi “sfrontato”, non le permette mai di passare inosservata, rendendo l’atmosfera più "calda" che mai.
E un qualcosa del genere è successo anche oggi, a Palazzo Fava, durante la conferenza stampa di presentazione della mostra “Da Felice Giani a Luigi Serra – L’Ottocento nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna”. 
«Non sono qui per la mostra, ma per una protesta». È così che la collezionista bolognese, alzandosi in piedi con fare sicuro, ha incalzato i vertici del Consiglio di amministrazione di Genus Bononiae – quelli presenti all’incontro erano Filippo Sassoli de Bianchi e Gianandrea Rocco di Torrepadula – esprimendo il proprio dissenso su una questione assai dibattuta: la chiusura di Palazzo Pepoli, il Museo della città.

L’antefatto: la chiusura di Palazzo Pepoli
A inizio marzo 2024 esce la notizia che Palazzo Pepoli, museo dedicato alla città di Bologna (di proprietà della Fondazione Carisbo), andrà in comodato d'uso al Comune di Bologna. Palazzo d’Accursio rende noto che, proprio lì, vorrebbe fare il nuovo Museo Morandi, trasferendovi le opere dell’artista che ora si trovano al MAMbo. Le questioni aperte sono ancora molte, sia perché è ancora in corso una causa legale contro il Comune per riportare le tele del pittore a Palazzo D’Accursio, sia perché non si sa dove finirà tutta la collezione ora conservata a Palazzo Pepoli.  

 

Fermata poco dopo, a latere dell’incontro, Cecilia Matteucci ha poi spiegato a InCronaca il proprio punto di vista.

Matteucci, perché protesta?
«La chiusura di Palazzo Pepoli è un fatto inaccettabile, quel museo è troppo bello. Chi ha causato questa disfatta si dovrebbe dimettere, immediatamente. E io chiederò che lo faccia».

Chi sarebbe a doversi dimettere?
«Gli attuali membri del Consiglio d’amministrazione della Fondazione hanno un mandato che scadrà a breve, per cui non potevo chiedere che si dimettessero loro. Ma è proprio da loro che dipendeva la direzione del museo ed è palese che non l’abbiano saputa gestire in modo corretto».

Perché?
«Il fatto che siano costretti a chiuderlo ne è la prova. In un museo così bello si sarebbero potuti organizzare moltissimi eventi, mentre loro ne hanno fatti ben pochi. In passato, quando il presidente della Fondazione era Fabio Roversi Monaco, si allestivano cose bellissime, oggi si è perso tutto».

Quindi, secondo lei, la colpa è tutta della Fondazione?
«Non solo, sono arrabbiata anche con il Comune. Le opere di Giorgio Morandi hanno sempre avuto casa a Palazzo d’Accursio e, ora, tutto questo ostracismo non lo capisco proprio. Perché  non le vogliono più? È una cosa allucinante».

Si sente di parlare a nome di tutta la città?
«Questo non lo so, io parlo come collezionista amante dell’arte. A Bologna ci sono tanti musei, ma belli come quello di Palazzo Pepoli non esistono. E questa non è una semplice chiusura, ma un vero e proprio annientamento. Dove crede che andranno a finire tutte le opere che ora sono lì dentro?».  

Chiuderanno Palazzo Pepoli ma hanno aperto Starbucks in centro. Bologna sta assumendo una nuova identità? Da città d’arte a turismo “commerciale”…
«Su questo preferisco non esprimermi. Il turismo commerciale c’è sempre stato, ora sicuramente è più forte, ma qui il punto è un altro: non hanno saputo gestire il lavoro. Guardiamo per esempio al panorama musicale. Qui a Bologna abbiamo “Musica Insieme” o “Bologna Festival”, due associazioni che realizzano delle cose meravigliose, eventi straordinari. Loro sì che sanno fare musica, “questi” non hanno saputo fare arte».

Crede ci sia un modo per salvare Palazzo Pepoli?
«Non lo so, bisognerebbe trovare la persona giusta. Il consigliere Rocco di Torrepadula ha detto che non dipende da loro, perché è la Fondazione che decide. La colpa sarebbe della presidente Patrizia Pasini? Beh, se questa disfatta è dipesa da lei, che si dimetta allora!».

La risposta: il presidente Filippo Sassoli de Bianchi
Filippo Sassoni de Bianchi, presidente della Fondazione Genus Bononiae, risponde alle parole di protesta di Cecilia Matteucci. «Noi attuiamo solo le indicazioni emesse dalla Fondazione. È a loro, non a noi, che va demandata qualsiasi tipo d’istanza o polemica. La chiusura di Palazzo Pepoli è stata una decisione presa collegialmente da persone che hanno a cuore le attività culturali e il patrimonio artistico della città. Non sta a noi entrare nel merito, non possiamo alterare la decisione politica».

 

 

In copertina: La collezionista Cecilia Matteucci