Quindici

Per dieci giorni una cappa di smog ha avvolto il Nord. Milano si è scoperta sporca come Dacca e Lahore, a Piacenza polveri sottili due volte oltre il limite; appelli a non correre nei parchi, studi sui pericoli per persone e alberi. Bonaccini chiede un piano nazionale e c’è chi propone di limitare la velocità su tutte le autostrade. Basterà?

 

I cieli sopra le nostre città sono tornati a colorarsi di una tinta accesa intervallata da nuvoloni carichi di pioggia. L’alone fosco che si percepiva mettendo il naso all’insù è stato soffiato via dai venti e dalla perturbazione del weekend appena trascorso. Piogge e correnti spazzano via anche i timori immediati per la salute, ma restano quelli a lungo termine, perché lo smog prodotto dalle attività umane si salda al cambiamento climatico creando un mix destinato a condizionare sempre più i nostri stili di vita. «Anche se in passato sono stati rilevati valori simili di smog, se non addirittura maggiori, tuttavia, specialmente negli ultimi due anni, la situazione è peggiorata. I dati sono davvero preoccupanti» ammonisce Vanes Poluzzi, responsabile qualità dell’aria del gruppo Arpae, l’agenzia regionale per l’ambiente.

La Pianura Padana ha registrato dalla metà del mese un susseguirsi di valori di polveri sottili superiori ai limiti: ad esempio lunedì 19 febbraio a Piacenza si è registrato un valore di Pm10 di 119 su una soglia di sicurezza fissata a 50 microgrammi per metro cubo. È andata peggio a Milano, che domenica 18 era la terza città al mondo per livelli di polveri sottili, superata solo da Dacca in Bangladesh e Lahore in Pakistan. Questo andamento ha innescato l’allerta dei medici. I particolati Pm10 e Pm2.5 sono particelle di dimensioni ridotte che aleggiano nell’atmosfera sospinti dalle correnti. Se non si disperdono grazie ai flussi atmosferici (bloccati in queste settimane dalla presenza di un anticiclone subtropicale) e se vengono inalati in quantità importanti dagli esseri umani, possono provocare irritazione e problemi respiratori. Ciò proprio per le dimensioni microscopiche di questi materiali, che possono insinuarsi fin negli alveoli dei polmoni. Di conseguenza medici e scienziati hanno sconsigliato l’attività fisica all’aperto e suggerito di rimare in casa. Per Stefano Nava, direttore pneumologia del Sant’Orsola, c’è stato un incremento di pazienti con malattie respiratorie: «è indubbia una correlazione con lo smog. Non è un caso, e un recente studio supporta questa tesi, che nei giorni di maggiore inquinamento il rischio che un paziente si riacutizzi è più elevato». Senza considerare la denuncia lanciata dal sindaco Lepore: «le alte temperature e la qualità dell’aria in deterioramento stanno causando anche la morte prematura di molti alberi».

Nell’immediato, in Emilia-Romagna come in tutto il bacino padano, sono scattate le misure di contenimento del traffico con limitazioni alla circolazione di alcune classi di veicoli e la riduzione del riscaldamento domestico, specie per gli ambienti che utilizzano caldaie a biomasse legnose. Nel frattempo si guarda alla sperimentazione dell’autostrada 22 del Brennero, dove allo scoccare dei limiti ambientali, la velocità di circolazione viene ridotta a 100km/h. «Così si emette fino al 14% in meno di CO2» commenta Georg Pichler, direttore ufficio Aria e rumore della provincia autonoma di Bolzano.

Anche la nostra Regione è interessata a queste possibilità: il nuovo Piano aria integrato regionale, (Pair 2030) operativo dal prossimo aprile e finanziato con 155 milioni, tra le 64 misure individuate recepisce un decreto nazionale che permette alle Regioni di ridurre la velocità autostradale dopo 25 giorni di sforamento delle soglie di limite. «Stiamo parlando con tutte le istituzioni coinvolte per costruire un provvedimento coerente e omogeneo su scala sovraregionale» ha dichiarato la vicepresidente regionale con delega all’ambiente Irene Priolo, a margine dell’incontro del 22 febbraio coi 207 rappresentati dei comuni coinvolti nel Pair 2030.

Posizione in linea sia con quanto chiesto dal presidente Stefano Bonaccini, il quale ha lanciato un appello al governo affinché intervenga con un piano nazionale, sia con la comunità scientifica, che ribadisce proprio il carattere statale delle vie di comunicazione quali le autostrade. «Il coinvolgimento nazionale è di sicuro necessario. Qui passano un insieme di autostrade che collegano nord e sud Italia e che ovviamente sono di natura nazionale e non solo locale. L’inquinamento di questo tipo è una problematica planetaria che sottopone l’ambiente a una pressione enorme – ribadisce Poluzzi, che al contempo sottolinea – Poi però ci sono delle caratteristiche locali. Il bacino del Po è certamente uno dei punti più critici a livello italiano e quindi deve essere considerato nella sua specificità, che va poi inserita nel più ampio quadro nazionale, che deve essere indubbiamente coinvolto». Pm10, Pm2.5, ossidi di azoto, biossidi di zolfo, ammoniaca, composti volatili sono solo alcune delle microparticelle disperse nell’aria che si sono accumulate nel corso di febbraio nella parte bassa dell’atmosfera padana, impossibilitate a disperdersi a causa dell’inversione termica dovuta all’anticiclone subtropicale delle scorse settimane, che ha reso le temperature al suolo più basse di quelle in quota, condizione che ha impedito a queste sostanze di raggiungere lo stato gassoso necessario alla propria dispersione. Eppure, per provare a tracciare un abbozzo di cosa ci aspetta, è importante non dare nulla per assodato perché sono molti i fattori da tenere in considerazione, e ciò proprio per le dinamiche globali del clima, che mescolandosi tra loro producono effetti localizzati differenti. «Se la catastrofe climatica, che è già in corso, porterà a un aumento della frequenza di questi sistemi anticiclonici, allora dovremo attenderci condizioni come quelle appena vissute. Però è difficile dire se aumenteranno di frequenza perché, ad esempio, potrebbero presentarsi durante l’estate. Allora assisteremmo a un aumento enorme delle temperature o all’incremento dei valori di ozono e smog fotochimico (particelle inquinanti che si creano reagendo alla luce ultravioletta proveniente dai raggi solari, ndr) che sono caratteristici del periodo». Prevenire è meglio che curare, recita una massima. Tuttavia ora che il tempo della prevenzione sembra volare via (quello sì lontano da noi), istituzioni regionali ed europee provano a strutturare dei programmi di “cura” che evitino il peggioramento delle condizioni di vita e di salute dei nostri ecosistemi, di cui noi siamo parte. Ma dove e come si dovrebbe agire? «Si dovrebbe puntare sul ricambio delle caldaie che utilizzano legna per riscaldamento o biomasse legnose in generale, così come puntare sulla transizione elettrica delle auto», elenca Poluzzi. Rispetto al primo punto la Regione si sta muovendo proprio attraverso il Piano aria con l’assegnazione di oltre 10 milioni di fondi nazionali in favore della sostituzione delle caldaie meno ecologiche, responsabili del 60% delle polveri sottili. «In questo senso, quindi, dobbiamo cercare di limitare i danni da emissioni derivanti dai combustibili fossili, – prosegue il responsabile qualità dell’aria – cercare di limitare anche le emissioni di ammoniaca dall’agricoltura, dal mondo degli allevamenti e da tutto il comparto in generale». Più facile a dirsi che a farsi viste le recenti proteste in vari stati Ue degli agricoltori che hanno portato la Commissione europea a fare marcia indietro su molti provvedimenti green, come quello legato alla riduzione dell’uso di pesticidi. Conclude Poluzzi: «è l’insieme di tutte queste cose ciò che bisognerebbe intraprendere e che piano piano si sta intraprendendo». Per ora possiamo tirare un sospiro di sollievo, salubrità dell’aria permettendo.

 


Questo articolo è stato pubblicato sul numero 17 del Quindici, del 29 febbraio 2024.

Foto Esa