quindici

Un bagno pubblico ogni 14.000 abitanti: è la fotografia che emerge incrociando i dati della popolazione censita dall’Istat a giugno 2023 (392.000 abitanti) e il numero di bagni pubblici sul territorio cittadino (28). Considerando poi tutti coloro che gravitano quotidianamente a Bologna – escludendo turisti e chi viaggia per affari o per motivi di cura – il numero di persone che secondo l’Istat attraversa la città sale vertiginosamente a 507.000.

Bologna, che pure è il settimo comune più popoloso e attrattivo d’Italia, non è forse il luogo più adatto per chi ha la vescica debole: e infatti non è raro incontrare uomini – e con minore frequenza donne – che scambiano cassonetti, muri o portici per un diurno a cielo aperto. Con conseguenze poco piacevoli, soprattutto d’estate, per i nasi di chi passa per quelle vie. Molti dei 28 bagni bolognesi, poi, sono aperti solo in determinate fasce orarie: spesso, quindi, proprio la sera e la notte – quando la movida è al suo culmine – non ci sono adeguate strutture disponibili.

 

Un problema tipicamente italiano

Bologna, comunque, è in buona – o cattiva, a seconda dei punti di vista – compagnia con numerose città italiane: quello della penuria di bagni, a quanto pare, è un problema tipicamente nostrano. Nel report di aprile 2023 l’Acos (Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale) ha giudicato del tutto insufficienti i bagni presenti sul territorio romano. Sono stati ispezionati 70 bagni pubblici, quasi tutti con un decoro non in linea agli standard di fruizione. Un bel grattacapo per la città, considerando il Giubileo che si terrà nel 2025 e che attrarrà masse di credenti, pellegrini e turisti.

Milano sta cercando di fare meglio: a fine gennaio 2024 l’amministrazione Sala ha annunciato che realizzerà in maniera graduale 110 bagni pubblici: di questi, 49 prenderanno il posto di strutture già esistenti, 21 saranno installati in nuove posizioni e 70 saranno automatizzati. Anche così, però, il rapporto bagni/popolazione appare insufficiente, un bagno ogni 13.000 abitanti: un risultato appena migliore di Bologna, anche se da marzo a ottobre in genere si aggiungono ulteriori bagni mobili.

 

Il confronto con l’Europa

Molti Paesi europei fanno decisamente meglio, come mostra il caso di Parigi: con i suoi 615 bagni sparsi in tutta la città e gli oltre due milioni di abitanti, il rapporto è di un bagno ogni 3.500 residenti. A Berlino i bagni amministrati dal comune, direttamente o indirettamente tramite concessioni, sono 472 (uno ogni 8.000 abitanti), in costante crescita. Per far fronte a oggettive esigenze di fruizione, in ogni caso, diversi Paesi si sono attivati per cercare soluzioni alternative e integrative dei bagni pubblici esistenti. A Monaco – e più in generale in Germania – è presente il sistema Nette Toilette, una sorta di sintesi tra pubblico e privato, in cui si paga agli esercenti una quota mensile (da 30 a 100 euro a seconda dei casi) per mantenere aperti al pubblico i loro servizi igienici. Il Community Toilet Scheme di Londra, invece, prevede bonus in denaro a strutture che rendono disponibili i propri bagni.

 

I bagni di Bologna   

Tornando sul suolo bolognese, i 28 bagni pubblici possono essere divisi in tre macrotipologie: bagni automatizzati (3), bagni presidiati (14) e vespasiani (11). In media, la spesa annuale per le attività di presidio, manutenzione e pulizia si aggira attorno ai 450.000 euro. Chi però pensa che a pochi bagni corrispondano lunghe fila rimarrà deluso: stupisce, piuttosto, l’inutilizzo di queste strutture che, almeno di giorno e salvo qualche eccezione, sono deserte.

I tre bagni automatizzati sono collocati ai Giardini Margherita, al Giardino Klemlem (zona Azzo Gardino) e al Parco dei Cedri (zona Savena). Dietro un pagamento di 50 centesimi, l’utente accede a una struttura che viene interamente pulita e disinfettata a ogni utilizzo nel giro di pochi minuti. È una soluzione piuttosto diffusa all’estero, ma che è abbastanza presente anche in Italia: nel 2021, per esempio, l’amministrazione di Parma ha approvato la realizzazione di tre bagni automatizzati, modello TPMatic. Il costo complessivo della cantierizzazione si aggira attorno ai 77.500 euro (quasi 26.000 euro a bagno); a questo, poi, vanno aggiunti i costi annuali di manutenzione, che ammontano a diverse migliaia di euro. «L’esperienza maturata dall’amministrazione nel corso degli anni – dichiara Simone Borsari, assessore ai lavori pubblici – ha guidato la scelta verso il superamento dei bagni autopulenti, che sono particolarmente delicati e costosi da manutenzionare». A questo, poi, si aggiungerebbero atti di vandalismo sistematicamente registrati nei confronti dei sistemi di pagamento di queste strutture, che diverrebbero così del tutto inutilizzabili.

Per i bagni presidiati, gratuiti e non, non è purtroppo possibile prevedere la presenza di personale a tutte le ore del giorno, e così, nella maggior parte dei casi, a restare scoperte sono le fasce serali e notturne. Un’eccezione importante sono i bagni gratuiti in piazza Aldrovandi, in cui negli ultimi anni si concentra gran parte della massa di universitari: venerdì, sabato e nei prefestivi i servizi restano aperti dalle 22.30 alle 2.30. Chi però dovesse trovarsi nei dintorni di Piazza Verdi, che pure risente di un grande viavai di persone, non avrebbe dove andare: i due vespasiani – uno per donne in Largo Respighi, uno per uomini in via del Guasto – donati da Paola Pavirani, vedova di Marino Golinelli, sono momentaneamente inutilizzabili a causa dei lavori di ristrutturazione del teatro, mentre il locale Le stanze di Verdi – assegnato nel 2016 al Comitato Piazza Verdi allora guidato da Otello Ciavatti – chiude entro le 20.

Qui, tra i tanti volontari, lavora Umberto Boni, che si occupa di controllare l’andirivieni di persone e di vendere libri, libriccini e libretti d’opera: il ricavato viene utilizzato per pagare i volontari e le volontarie che quotidianamente, a turno, presidiano il locale con i tre bagni (uomo, donna, persona con disabilità). «La gente che viene qui è piuttosto numerosa, si tratta perlopiù di persone disagiate ma non solo – spiega Boni –. In teoria dovrebbero pagare 50 centesimi per l’utilizzo, ma spesso facciamo usare comunque i bagni, perché altri locali qui attorno non lo fanno». I bagni, contrariamente alle aspettative, sono molto puliti, con i sanitari immacolati e con le piastrelle bianche, senza macchie o sporcizia disseminata in giro: ogni giorno, spiega Boni, una ditta del Comune si occupa della pulizia del locale.

I vespasiani, poi, diffusi a macchia sul territorio, sono la tipologia di bagni su cui il Comune pare puntare maggiormente: a gennaio 2024, infatti, sono stati inaugurati quattro modelli cosiddetti “Domus Aurea” all’interno del Giardino Giacomo Bulgarelli, del Giardino Lavinia Fontana, dei Giardini Margherita e di piazza Trento e Trieste. Si tratta di strutture in metallo, gialle e marroni, che isolano almeno in parte l’utenza dal mondo esterno, poiché il gabinetto alla turca è posto in una rientranza ben coperta. L’amministrazione assicura una pulizia costante con prodotti rispettosi dei protocolli igienico-sanitari. Peccato, però, che i bagni siano poco praticabili per persone con grave disabilità motoria, a causa degli spazi ristretti che impedirebbero, per esempio l’uso della carrozzina. L’amministrazione fa però sapere che in caso di nuovo appalto per ulteriori bagni si prevederà una maggiore accessibilità. I vespasiani Domus Aurea, belli alla vista e piuttosto ben integrati con l’area circostante, sono stati realizzati dalla ditta Tovoli Primo Srl di Castel di Casio (Bo), al costo di 11.000 euro a esemplare, a cui si aggiungono altri 10.000 euro per la realizzazione della platea, della piazzola e dei collegamenti ai sottoservizi. «Si sta completando un percorso progettuale avviato da prima dell’insediamento dell’attuale amministrazione – spiega Borsari –. Il progetto riprende un modello di vespasiano in acciaio corten, di facile pulizia e di bassa manutenzione, progettato dall’architetto Roberto Maci». I nuovi vespasiani rappresentano un’evoluzione estetica e funzionale dei precedenti modelli “Bergomi”, in cemento, ancora presenti in alcune zone della città come via Ferrarese o viale Oriani.

 

Un lungo percorso accidentato

Già da diversi mandati, in realtà, il Comune ha cercato di aumentare il numero di bagni pubblici disponibili, con successi altalenanti. Alla fine degli anni Novanta, il sindaco Walter Vitali diede vita al progetto Bologna SiCura, un pilastro dell’inclusione e dell’integrazione sociale bolognese: nel complesso, si spesero oltre tre miliardi e ottocento milioni di lire. «È stato un progetto molto complesso – spiega Stefano Bonora, all’epoca consulente esterno del progetto – che è andato avanti per cinque anni su tutta la città e a tutti i livelli. Abbiamo coinvolto numerose associazioni, cattoliche e non, di vari colori politici. Lo scopo era soprattutto aiutare le persone in difficoltà economica o marginalizzate a risollevarsi».

Dentro Bologna SiCura, in realtà, la questione bagni fu piuttosto marginale. L’ex sindaco Vitali parla di due tipi di soluzioni previste: modelli automatizzati, «come in altre città europee», in alcune zone periferiche, e un locale assegnato all’associazione Piazza Grande e di proprietà del Comune. «Questo bagno, posto proprio sotto Palazzo d’Accursio, era completo di tutto, persino delle docce – spiega Bonora, che aveva seguito più da vicino il progetto –. In questo modo persone senza fissa dimora o in gravi condizioni di disagio avevano la possibilità di curare la propria igiene e il proprio aspetto». Servizi di questo tipo, oggi, sono piuttosto rari: uno è gestito dalla Caritas di Bologna, Fondazione San Petronio, in zona porta Saragozza, mentre l’altro, in via del Lazzaretto, è affidato dal Comune ad “Asp Città di Bologna” e gestito da “La piccola carovana”.

«Per potenziare la disponibilità di bagni – continua Bonora – avevamo stretto un accordo con i commercianti, per consentire l’utilizzo dei servizi a chi ne avesse bisogno». Questo, in realtà, è un aspetto piuttosto spinoso: secondo le norme vigenti, chi somministra alimenti e bevande (bar, ristoranti, locali) deve sì disporre di uno o più bagni a seconda dei posti a sedere, ma l’obbligo di messa a disposizione vale solo per la clientela pagante. In tutti gli altri casi, quindi, sta al commerciante concedere o meno l’utilizzo.

Con la crescita del numero di persone che quotidianamente passano per la città, disporre di adeguati bagni pubblici diventa sempre più un imperativo: non a caso, molti residenti lamentano cattivi odori nella zona universitaria, dovuti a persone che fanno i propri bisogni all’aperto; la punta dell’iceberg di un problema – quello della cosiddetta movida notturna – che Bologna sta cercando di affrontare già da tempo con vari stratagemmi. Tra le proposte dei cosiddetti Stati generali della notte – una serie di misure e di riflessioni volte a trovare soluzioni ottimali tra divertimento notturno e tranquillità dei residenti – figurava l’installazione di bagni temporanei in piazza Aldrovandi, nei pressi dell’intersezione con via San Vitale: un potenziamento delle strutture già presenti e opportunamente segnalate, aperte nei weekend fino a tarda notte. «Con la nuova viabilità dovuta al cantiere della Garisenda – riporta Marco Tufano, portavoce della vicesindaca Emily Clancy – questa soluzione non è più praticabile. Stiamo tuttavia ragionando sulla realizzazione di altri bagni pubblici nella zona universitaria. Stiamo infatti svolgendo sopralluoghi per identificare locali adatti a essere adibiti a bagni pubblici fissi».

Più facile a dirsi che a farsi: sul centro storico è la Soprintendenza ad avere voce in capitolo quando si parla di lavori di vario tipo. Numerosi immobili, infatti, sono considerati beni vincolati in quanto edifici storici o beni culturali. Questo significa che, prima di apportare modifiche di qualunque tipo, è necessario che la Soprintendenza verifichi che queste siano compatibili con l’uso storico o artistico degli immobili. I tempi dei lavori, inevitabilmente, risentono dei lunghi tempi della burocrazia.

Lo conferma l’assessore ai lavori pubblici Simone Borsari anche quando si tratta dell’installazione dei vespasiani su area pubblica, «legata – appunto – a percorsi autorizzativi da parte della Soprintendenza. Anche la realizzazione di strutture ex novo in contesti di pregio, chiaramente, deve rispettare i vincoli imposti dall’istituzione».

L’amministrazione, comunque, sta effettivamente lavorando nella direzione di aumentare il numero dei bagni: nel nuovo contratto di Partenariato Pubblico Privato per la gestione unificata delle manutenzioni del patrimonio comunale – che scade il prossimo 8 aprile – il Comune ha indicato la necessità di «attuare una strategia che preveda un incremento del numero dei bagni pubblici che il proponente potrà definire e proporre sulla base di valutazioni economico finanziarie e strategie aziendali». In sostanza, le aziende che parteciperanno alla nuova gara per le attività di manutenzione del patrimonio comunale dovranno presentare anche proposte e programmi per aumentare la dotazione di servizi igienici pubblici in città. Verosimilmente prima di alcuni anni sarà difficile avere numerosi nuovi bagni pubblici, considerati i costi di realizzazione e di manutenzione, oltre alle difficoltà burocratiche. Una via più facilmente percorribile, forse, è potenziare e migliorare le strutture già esistenti, così da offrire alla cittadinanza un servizio migliore e fruibile per un maggior numero di ore del giorno – e, soprattutto, della notte.

 

Nell'immagine il locale "Le stanze di Verdi" in piazza Verdi. Foto di Giuseppe Nuzzi.

 

L'inchiesta è uscita sul numero 17 del Quindici (29 febbraio 2024)