Violenza di genere

«Serve un cambiamento, una rivoluzione culturale, per insegnare il rispetto, l’educazione, l’affettività». Ad affermarlo è Elena Cecchettin, sorella di Giulia, vittima dell'ennesimo caso di femminicidio accaduto nel novembre scorso. «Un caso che ha scosso le coscienze di tutti, segnando un punto di non ritorno – dice Simone Selmi, segretario della Fiom-Cgil di Bologna – anche noi dovevamo fare qualcosa, intraprendere una strada». E, in effetti, la FiomFederazione Impiegati Operai Metallurgici, sindacato di rappresentanza dei lavoratori delle imprese metalmeccaniche – questo «qualcosa» lo ha fatto, questa «strada» l’ha intrapresa. «É dovere delle imprese proteggere i propri dipendenti, colmare il gender gap spesso esistente – dichiara il segretario – noi ci siamo sempre impegnati nel farlo ma ora abbiamo aggiunto un tassello in più…».

Selmi, ci dica di cosa si tratta. Quale sarebbe questo «tassello in più?»
«Abbiamo inserito, all’interno del nostro bilancio complessivo annuale, un fondo di cinquemila euro da destinare a tutti i lavoratori e le lavoratrici iscritti alla Fiom che abbiano subito una qualche forma di violenza, sia dentro che fuori il luogo di lavoro. Non appena il dipendente sporgerà denuncia, potrà attingere al fondo per avere un sostegno economico e coprire tutte le spese legali del processo».

Cinquemila euro sono una quota fissa che stanzierete ogni anno?
«No, il fondo è rinnovabile e sommatorio. Ogni anno stanzieremo una cifra diversa in base alle risorse che avremo a disposizione e quei soldi si andranno ad aggiungere a quelli “avanzati” nell’anno precedente».

Perché avete deciso di crearlo?
«Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, il bisogno di fare qualcosa di concreto è diventato impellente. In Italia, siamo i primi ad aver introdotto una misura di questo tipo. Sebbene quello della violenza di genere non sia un “tema” di carattere sindacale, stanziare risorse in merito a ciò ci è sembrato estremamente importante. Dovrebbero farlo tutte le imprese».

Oltre al fondo, introdurrete altre misure per il contrasto alla violenza di genere?
«Sì, a breve inizieremo un percorso di formazione per tutti i rappresentanti della Fiom di Bologna (a oggi trentuno) proprio su questo tema. Il nostro scopo, infatti, è quello di offrire un supporto effettivo a tutti i lavoratori (che hanno subito violenze o discriminazioni), accompagnandoli nella ripresa. Per farlo, però, c’è bisogno di personale appositamente preparato e formato, che abbia competenze adatte per aiutare chi ne ha necessità».

La violenza di genere non è l’unica "insidia" della società; altro problema è quello del gender-gap contrattuale. Rispetto a ciò come vi state muovendo?
«Ancora nulla di fatto, ma sicuramente vorremmo intervenire anche in tal senso. L’elemento retributivo è un primo elemento di discriminazione, sia tra generi diversi (uomo, donna), che tra persone dello stesso genere (omosessuale, eterosessuale). Colmare il gap salariale sarà il prossimo obiettivo».

Come può esserci discriminazione salariale «tra persone dello stesso genere»?
«Gli omosessuali sono molto discriminati, anche a livello retributivo. Non parlo del contratto di base, che è lo stesso per tutti, ma di altri aspetti, come possibili avanzamenti di carriera o pensionamenti anticipati: è difficile che persone non eterosessuali possano usufruire di questi “benefici”».  

Altre realtà seguiranno il vostro esempio?
«Me lo auguro, i cambiamenti concreti devono partire dai luoghi di lavoro. Le aziende sono lo specchio della società: le dinamiche discriminatorie (vissute in società) si riflettono anche all’interno delle imprese. Ed è compito delle imprese offrire soluzioni in merito a ciò, tutelare i lavoratori, metterli a riparo dai potenziali rischi».






In copertina: a destra Simone Selmi, segretario della Fiom-Cgil di Bologna, insieme ad altre figure della Fiom. 

Nel testo: un manifesto appeso nella sede della sede della Fiom-Cgil Bologna. 
Foto: Lavinia Sdoga