teatro

Il ritratto di una donna caparbia, capace di lottare e di non arrendersi mai davanti a «sta bestiata che è il mondo». Una storia di realismo sociale, tutta al femminile, disegnata negli anni sessanta dal drammaturgo milanese Giovanni Testori. Fa la calzettaia “Maria Brasca” – nome del personaggio e anche dell’opera – in una fabbrica di Niguarda e fa anche l’amore, liberamente, creando scandalo tra la gente. Ma un giorno s’innamora di un ragazzotto più giovane di lei, un mascalzone nullafacente, che la farà impazzire di passione…
A vestire i panni di questo personaggio – in scena al Teatro Duse il 29 febbraio con la regia di Andrée Ruth Shammah – sarà Marina Rocco, attrice milanese di cinema e teatro.

Non è la prima volta che si esibisce in questo spettacolo. Che effetto le fa?
«Lo avevamo già messo in scena l’anno scorso, sempre con la stessa compagnia, a Milano, Firenze e in altre città del Nord. Abbiamo deciso di riproporlo, perché è stato un grande successo, sia a livello di pubblico, che per noi. Personalmente, finché mi chiederanno di vestire i panni della Maria Brasca, non dirò mai di no, è un personaggio che mi fa bene alla salute».

In che senso?
«Maria è una donna che sa quel che desidera e che desidera senza chiedere scusa. In nome di ciò che vuole, è pronta ad andar contro chiunque, addirittura della persona che ama. Perché lei ama nonostante tutto, a prescindere da ciò che le ritorna indietro, si lascia andare al dolore ma solo per un attimo, poi reagisce alle avversità con immensa vitalità. E questo trovo che sia davvero salutare». 

Un esempio da seguire?
«Sì, soprattutto per una come me. Io ho sempre temuto il giudizio degli altri, ho sempre avuto paura di rapportarmi con il mondo esterno e con i miei desideri. Maria mi ha insegnato a non esserlo: il suo essere così indomita mi fa bene».

Potremmo definirla una “rivoluzionaria”?
«Direi proprio di sì, un modello al quale non siamo abituati. Per quanto si vada avanti nella storia, infatti, continuano a esserci, nei confronti di noi donne, molte “etichette” difficili da scardinare. Lei, invece, ha un impeto e una forza d’animo fuori dal comune, una fame di desiderio che rompe ogni schema. Ed è così spudorata nell’esprimersi che sì, è davvero rivoluzionaria».

«Su ciò che desideriamo, i padroni siamo ancora noi», dice Maria nella storia. É d’accordo?
«Assolutamente sì. Viviamo in un mondo che ci schiaccia, ci sovrasta, ci spinge a credere che i nostri “padroni”, come li chiama Maria, siano altri. Il messaggio della Brasca, invece, è che, su ciò che desideriamo, siamo solo noi ad avere potere e nessun’altro. E questo lo trovo estremamente attuale». 

Perché?
«Maria abita in un paesino in periferia di Milano, dove tutti sanno tutto di tutti. E oggi è lo stesso, il tema del giudizio altrui è più vivo che mai, ce lo si sente sempre addosso. La vicenda è ambientata negli anni sessanta ma, a parte le normali differenze legate all’epoca in sé, trovo che sia di estrema attualità. Un giudizio incombente, da cui dovremmo imparare a liberarci».
  
È questo il messaggio dello spettacolo?
«Più che altro è un invito alla forza. La forza di poter scegliere ciò che si vuole, di perseguirlo e di raggiungerlo. “Siamo noi stessi il motore della nostra forza, ce l’abbiamo dentro, non dev’esserci data da altri”. È questo che ci insegna Maria».  

La storia di una donna, ma scritta da un uomo. 
«Sì, un drammaturgo fantastico. Testori è riuscito a proiettare tutta la propria vitalità nei panni di Maria. E, per farlo, si è ispirato a chi aveva accanto: le sue sorelle, sua madre e tutte le figure femminili che ha conosciuto nella vita. Perché la vitalità è un qualcosa di proprio a noi donne, siamo forze della natura».

Lei, oltre che di teatro, è anche un’attrice di cinema. Come sarebbe stato inscenare questa storia sul grande schermo? Avrebbe avuto lo stesso impatto?
«Il cinema ha regole a sé, quindi la ricostruzione sarebbe stata sicuramente differente. Ma non penso che questo ne avrebbe impedito la riuscita. La storia è scritta talmente bene, con un impatto talmente forte che, sicuramente, avrebbe retto anche sul grande schermo». 

A vestire i panni della Maria Brasca sono state Franca Valeri e Adriana Asti, due grandi attrici. Quanto pesa questa “eredità”?
«Nomi storici del cinema e del teatro. Sono persone che ammiro talmente tanto che, sinceramente, al paragone non ci ho nemmeno pensato. Anche la versione con la Asti, negli anni Novanta, è stata diretta da Shammah, quindi ci sono molte affinità: stessa scenografia, stesso copione, stessi costumi. Mi sono completamente ispirata a lei, faccio gesti uguali, la cito nel testo. Questo spettacolo vuole essere un omaggio, glielo dedico».


 





In copertina: L'attrice Marina Rocco 
Nel testo: Marina Rocco nei panni della "Maria Brasca"
Foto concesse dall'intervistata